“Quel posto è di Franco Zuccalà !” …ricordando un pezzo di storia dl giornalismo che conta

Metabolizzato il dispiacere per la scomparsa di un Uomo di spessore e di un grande Giornalista, ho cercato di ripercorrere col pensiero tutte quelle occasioni, quei momenti, non tantissimi per la verità, che ho potuto condividere con lui, istanti che conservo gelosamente nel mio intimo, quale bagaglio relazionale di cui vado fiero.

Lo conobbi negli anni in cui frequentavo più assiduamente “il giornale” di Viale Odorico da Pordenone. Se non erro, fu un altro illustre Collega, il compianto Luigi Prestinenza, a presentarci, appellandomi scherzosamente come “il banchiere”, essendo io all’epoca, per l’appunto, un dipendente di banca. Discutemmo pertanto, assai amabilmente, di argomenti di economia e finanza. In seno ai concetti che esprimeva, intercalava sempre quella sua arguta ironia che rendeva ancor più piacevoli tutte le conversazioni, anche su temi, per loro natura,  non del tutto ameni. Ebbi l’onore, ovviamente su sua richiesta, di dargli del “tu”, e, considerata la notevole differenza di mole corporea, mi concesse l’utilizzo del diminutivo “Francuzzo”, che io, però, facevo sempre precedere da un deferente “Maestro”. Così come, similarmente, anche Luigi Prestinenza veniva da molti appellato con un ossequioso Dottore Gigi.

Ho rivisto Franco, per l’ultima volta, in occasione del Galà della Stampa organizzato della Benemerita “Associazione Catania Rossazzurra”.
Mostrava – e non faceva nulla per nasconderla – la stanchezza di una vita vissuta intensamente, tra Sicilia, Lombardia e Svizzera, in primis, e, anziché, seppur avendone pieno titolo, lasciarsi trascinare nel proferire un “sermone” sugli insegnamenti da effondere a tutti, sulla scorta della lunga esperienza maturata in un pregnante passato, “Lectio” che avremmo tutti ascoltato con grande piacere, chiese subito alla platea di rivolgergli essa stessa le domande, sì da evitare, a suo specifico dire, un “superfluo incipit”, che riteneva, con crudezza, potesse rivelarsi quale inutile sovrastruttura per il fluido scorrere della serata.

Franco Zuccalà nella sua Catania, al Galà della Stampa 2023,
ultima apparizione in pubblico, socio di Catania Rossazzurra.

Ho sempre avuto il piacere di ricordare, già da quando era in vita, un fatto accadutomi, dal quale ho evinto l’autorevolezza ed il rispetto di cui godeva il buon “Francuzzo”. Tantissimi anni orsono, quale premio per un’intensa annata prestata al servizio de “La Sicilia”, sia occupandomi di quelle discipline ingiustamente denominate “minori”, sia  collaborando alla realizzazione dello speciale sulla “Giornata del risparmio” del 31 Ottobre, lo scomparso Michele Tosto, all’epoca una “colonna” della Redazione Sportiva, per il tramite di Giuseppe Sapienza, addetto stampa dell’Inter di allora, mi “premiò” con un accredito stampa a San Siro, per seguire una gara interna della squadra meneghina.

Giunto in tribuna, Sapienza mi disse di andare occupare la postazione con l’indicazione “La Sicilia”, in quanto libera nell’occasione. Sbirciando fra i sacri “Scranni” della Stampa “altolocata”, riuscii, alla fine, ad individuare quella assegnata alla testata etnea. La raggiunsi, alla fine, con sacrale incedere. Nel mentre mi apprestavo a prendere posto, sentii una voce forte, baritonale, sicura, alle mie spalle: “Signore, Signore, Signore”, ripetè tre volte, con volume e fermezza di toni sempre crescenti. Voltandomi all’indietro, scorsi, in primis, una pipa, poi focalizzai il viso di chi mi stata chiamando: era il mitico Gianni Brera. “Prego” – risposi – , con un filo di voce, e, sicuramente, con fantozziana postura. “Guardi che quello è il posto di Franco Zuccalà, cerchi un’altra postazione”, ribattè Brera. Riuscii, goffamente, a spiegare che quel giorno “Francuzzo” non sarebbe stato a San Siro e Brera s’acquietò.

Proprio da quel personale accadimento – il “Nordista” che difende il “Siciliano” assente –  trassi il convincimento – una mera e pleonastica conferma – di quanto stimato fosse l’Uomo ed il Giornalista Franco Zuccalà. Nutro sempre la speranza di potermi rivedere un giorno di nuovo al suo fianco, ascoltare il suo tenue e garbato tono di voce, con in testa la proverbiale coppola calcata sul viso, potendolo salutare, ancora una volta, foss’anche l’ultima, col consueto e rispettoso: “Sabbinirica, Maestro Francuzzo”.   

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