Presunta frode fiscale per la multinazionale californiana “Apple” di Steve Jobs

 ‘Apple’ bacata… o no ? 

 

Anche la “Mela” è bacata? Stando all’ultima maxi inchiesta in corso da circa due anni, ma emersa solo ieri, persino Apple, dopo Google, finisce nello stesso tunnel in cui si sono infilati altri giganti del web. Apple, la multinazionale californiana che produce l’iPhone e il Mac e fondata dal compianto Steve Jobs, è finita nel mirino della Procura di Milano (a notizia è stata confermata da fonti giudiziarie) per una presunta frode fiscale per un imponibile non dichiarato di oltre un miliardo di euro. La multinazionale avrebbe sottostimato l’imponibile fiscale negli anni 2010 e 2011 e la frode fiscale, sempre secondo l’accusa, sarebbe stata messa a segno attraverso una falsa rappresentazione delle scritture contabili.

Un’accusa respinta dall’azienda di Cupertino, il cui direttore delle comunicazioni per l’Europa, Josh Rosenstock, si è detto certo che i controlli dimostreranno la trasparenza dell’operato della società.

Non è la prima volta che uno dei grandi gruppi mondiali dell’high tech finisce nell’occhio del ciclone per ipotesi di tasse non versate all’Erario italiano, tanto che, un anno fa circa, era comparso sulle cronache il caso di Google Italia per una serie di accertamenti da parte della GdF. In relazione alla filiale italiana della più famosa ‘mela’ del mondo, però, gli inquirenti milanesi hanno già individuato gli estremi penali, tanto che, da quanto si è saputo, due manager di Apple Italia, verosimilmente coloro che si sono occupati dei bilanci, sono finiti nel registro degli indagati con l’accusa di dichiarazione fraudolenta dei redditi. La maxi inchiesta è condotta dagli uomini della direzione regionale lombarda dell’Agenzia delle Dogane, coordinati dal direttore Lorenzo Clemente e proprio lo scorso 28 ottobre alcuni funzionari della suddetta Agenzia – alcuni dei quali in pianta stabile negli uffici del procuratore aggiunto Francesco Greco – con compiti di polizia giudiziaria, sono andati nelle sede della società in piazza San Babila, a Milano, per una perquisizione, portando via materiale cartaceo e informatico. Un sequestro contro cui hanno fatto ricorso al Tribunale del Riesame i legali di Apple.

Il meccanismo fraudolento su cui stanno indagando il procuratore aggiunto Francesco Greco e il pm Adriano Scudieri parte da una costruzione societaria simile a quella di tanti ‘colossi’ dell’informatica, con la ‘testa’ negli Usa e basi in diversi paesi d’Europa: una società di servizi in Italia, che dichiara pochi redditi e una società commerciale in Irlanda, che si prende in carico gli ”elementi attivi”, vista la tassazione più favorevole. Secondo l’accusa, infatti, i profitti realizzati in Italia da Apple sarebbero stati messi in conto alla società di diritto irlandese Apple Sales International.

Così facendo, sempre secondo i pm, Apple Italia non avrebbe dichiarato al Fisco italiano un imponibile di circa 206 milioni di euro nel 2010 e di oltre 850 milioni di euro nel 2011 per un totale di oltre un miliardo. Gli inquirenti stanno ora cercando di conteggiare l’esatto ammontare della presunta imposta evasa su quell’imponibile, ma avrebbero già individuato lo schema organizzativo della presunta frode, che sarebbe stata messa in atto con false scritture contabili. Da qui le contestazioni ai due manager e le perquisizioni. La società di diritto irlandese sarebbe una sorta di fantoccio — a fronte di una reale operatività di Apple Italia, che invece si presenta al fisco in forma light — per pagare tasse minime su grandi profitti, avvalendosi delle favorevolissime norme di legislazione vigenti in Irlanda, messe, peraltro, di recente sotto osservazione dell’Unione Europea. L’inchiesta si basa su ‘gravi indizi’ rispetto alla sottrazione dell’IRES (Imposta sui Redditi delle Società) e sulla base anche di dichiarazioni rese da clienti di Apple Italia.

Apple, rappresentata dall’ex ministro della Giustizia Paola Severino, già ricorsa contro il sequestro al Tribunale del riesame, è certa che l’inchiesta in corso a Milano accerterà la piena conformità dell’azienda ai requisiti OCSE. Un portavoce della società di Cupertino ha chiarito che ‘le autorità fiscali italiane hanno già sottoposto Apple Italia ad audit nel 2007, 2008 e 2009 e hanno confermato la piena conformità dell’azienda ai requisiti di documentazione e trasparenza OCSE. Apple paga ogni dollaro ed euro delle tasse dovute ed è continuamente oggetto di controlli fiscali da parte di governi di tutto il mondo. Siamo certi che l’accertamento in corso giungerà alla stessa conclusione’, conclude il comunicato.

Restiamo in attesa di sapere se la “mela più famosa del mondo” può ancora vantare il suo rinomato “bollino qualità” o meno.

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