Presentato ‘Libro siciliano’ di Matteo Collura

All’Università di Catania è stato presentato il libro dello scrittore e giornalista agrigentino Matteo Collura

Da sx: Valeria Contadino, Matteo Collura, Carmelo Crimi, Nunzio Famoso, Maria Virgillito, Pino Pesce

CATANIA – Coinvolgente e dotto incontro con l’Autore, il 25 marzo 2013, all’Università di Catania, nel “Coro di notte” dell’ex-Monastero dei Benedettini. E’ stato presentato Libro siciliano (Flaccovio Editore) del giornalista e scrittore agrigentino Matteo Collura. L’incontro, coordinato dalla prof.ssa Maria Virgillito, dopo i saluti del direttore del Dipartimento di Scienze Umanistiche, prof. Carmelo Crimi, che si è soffermato sul concetto di cultura e del suo valore pedagogico, ha avuto come relatori il prof. Pino Pesce, docente di Lettere e direttore del mensile l’Alba, e il prof. Nunzio Famoso, ordinario dell’Università di Catania. 

Claudia Aiello

L’incontro è stato animato dalle letture dell’attrice catanese Valeria Contadino e dalla pianista Claudia Aiello. Il prof. Pesce, che ultimamente ha presentato dello stesso Collura Il gioco delle parti/ Vita straordinaria di Luigi Pirandello, una biografia romanzata sulla vita familiare e sull’amore per Marta Abba dello scrittore di contrada “Caos”, si è soffermato sull’importanza del libro fortemente voluto dall’illustre casa editrice palermitana che da sempre è stata ritrovo d’artisti e letterati siciliani: Tomasi di Lampedusa, Guttuso, Sciascia ed altri illustri nomi. C’è una storia particolare (a sentire Pesce) dietro questo volume: nel 1970 Salvatore Fausto Flaccovio aveva pubblicato un libro dal titolo omonimo, scritto da quattro eminenti intellettuali isolani e con la prefazione di Leonardo Sciascia; così il figlio Sergio, a quarant’anni di distanza, ha rivoluto Libro Siciliano per rifare un viaggio che andasse al di là degli aspetti geografici, culturali ed artistici, entrando quindi nel profondo dell’anima della Sicilia e dei siciliani; così Flaccovio figlio si è rivolto a chi oggi è più vicino alla memoria dello scrittore di Racalmuto: Matteo Collura. Ed il lavoro è uscito con una «preziosità culturale» perché è stato arricchito da una cinquantina di foto di Melo Minnella, fotoreporter di fama internazionale. Quindi un viaggio (ricordando anche un precedente libro di Collura: In Sicilia) a ritroso nel tempo e nell’attualità, nella cultura, nei miti e nelle leggende, in quei luoghi che hanno incantato lo sguardo dei viaggiatori del Grand Tour settecentesco; una lettura dell’immobilismo raccontato da Verga, De Roberto e Tomasi di Lampedusa; del riso amaro di Brancati, dell’ironia di Bufalino, della visione realista di uno «scrittore di cose» come Leonardo Sciascia. Di quest’ultimo il direttore de l’Alba ha ricordato l’ottimismo che è una peculiarità anche di Collura, specie in Libro siciliano e nell’ultimo libro uscito circa un mese fa: Sicilia, fabbrica del mito. Il prof. Famoso, partendo dalla tesi dello scrittore britannico Bruce Chatwin, il quale rileva un’ansietà nel soggetto che si sente inevitabilmente costretto ad allontanarsi dalla propria terra d’origine, ha fornito una visione in netta antitesi con il concetto di visceralità dell’Autore, il quale con i suoi testi vuole traghettarci in una Trinacria che risplende di luce propria.
Collura ci dice d’aver sempre scritto sulla sua Sicilia: «I singoli libri sono come i singoli volumi di una grande raccolta»; e cita la sua ultima fatica edita dalla Longanesi, dove il concetto di mito è un’idea universale, infatti «i miti fondamentali si ritrovano in ogni civiltà, ciò che muta è la sola rappresentazione».

Il carattere forte del giornalista lo porta a creare una polemica (ma ci tiene a precisare che è avulsa dal senso di religiosità) contro la dilagante iconografia della statue di Padre Pio disseminate ad ogni angolo delle città che hanno sostituito, nel caso di Catania e Palermo, rispettivamente le patrone delle due città: Sant’Agata e Santa Rosalia; a esprimere la sua delusione per la bellezza paesaggistica del sua città, Agrigento, deturpata dall’edilizia selvaggia degli anni Cinquanta o per le raffinerie di Capo Milazzo. Si comprende che il giornalista culturale del Corriere della sera, solo scrivendo da lontano (nella sua città d’adozione: Milano), è riuscito ad avere il giusto distacco per raccontare, attraverso il paradigma estetico e culturale, la profondità spirituale della Sicilia che ritroviamo nel testo, anche attraverso gli scatti fotografici commentati da un’efficace didascalia.

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