Presentato il libro dell’importante scrittore ed erudito del sud dal titolo ”Il Piemontesismo e la burocrazia in Italia dopo l’Unita”

Enrico Fagnano è scrittore e studioso della storia e della cultura del sud. Ha fondato e diretto riviste letterarie, ha collaborato con diverse radio ed è stato tra gli artisti che hanno costituito il gruppo “I poeti del Gambrinus”.

Gentile Enrico, raccontaci altro delle tue numerose attività?

“Oltre alle attività legate alla stampa, e quindi oltre alla pubblicazione dei miei testi nelle riviste o nei libri, ho sempre cercato il confronto con gli altri e per questo ho fondato il Laboratorio permanente di poesia, nel quale sono confluiti i poeti napoletani più rappresentativi. Ho cercato sempre, però, anche il rapporto diretto con il pubblico e per questo mi esibisco nelle librerie e nei caffè letterari in serate nelle quali leggo i miei aforismi o i miei racconti. Diverse di queste letture sono sul canale youtube Archivio Carlo Carrà letteratura e arte, sul quale con Salvatore Di Natale e Nunzio Ruggiero stiamo realizzando una rassegna della cultura a Napoli negli ultimi cento anni.Continuo anche il mio impegno a favore della Calabria, mia regione d’adozione, e infatti a novembre ho partecipato al convegno organizzato da Domenico De Rito A passo d’Arte nelle Calabrie, mentre nel prossimo mese di aprile terrò a Praja presso libreria Victoria di Pasquale Lanzillotti una conferenza dai titolo Cosenza città d’arte”.

Sei un rinomato scrittore e hai al tuo attivo sette libri. Li ricordiamo: Avvistamenti, La bomba e il suo contrario, Alternative, La storia dell’Italia unita, Contra Catilinam, Piccione Johnny, Il Piemontesismo e la burocrazia in Italia dopo L’Unità. Cosa ti spinge a scrivere?

“In primo luogo credo che io sia mosso da un’insaziabile curiosità, ovvero dalla voglia di conoscere in tutti i suoi aspetti il mondo che ci circonda. Scriverne significa guardarlo con maggiore attenzione e descriverlo da punti di vista diversi, spesso in contrasto tra loro. In poche parole, sono costretto ad andare oltre le apparenze, alla sostanza delle cose. In secondo luogo, credo che ci sia anche la voglia di conoscere me stesso, perché scrivere significa descrivere le proprie emozioni e confrontarsi con il proprio io più profondo. Insomma: fare letteratura significa anche mettere in discussione le idee più consolidate e cercare di orientarsi nel labirinto inestricabile della propria coscienza”. 

Oggi concentreremo la nostra attenzione sulla tua ultima fatica letteraria Il Piemontesismo e la burocrazia in Italia dopo l’Unità. Sfido chiunque, quando sente la parola “burocrazia”, a non farsi venire un’orticaria istantanea… Raccontaci allora cosa è successo dopo l’Unità?

“Dopo la fatidica Unità, il Piemonte si comportò da Stato conquistatore, ovvero da Stato che aveva incorporato nei propri confini nuovi territori. Per questo i suoi politici ritennero naturale estendere in tempi rapidi le leggi piemontesi al resto della penisola, senza tener conto delle enormi differenze culturali, sociali ed economiche, esistenti tra le varie realtà italiane dell’epoca. Questo è il fenomeno che prende il nome di piemontesismo”.

Si sa quando è nato il termine “piemontesismo” e quali effetti deleteri ha avuto questo fenomeno?

“Il termine piemontesismo cominciò ad essere utilizzato dagli autori di tutta l’Italia subito dopo il 1860 e nel mio libro riporto numerose testimonianze dell’epoca che ne parlano. Tra le tante, voglio ricordare quella di un piemontese, il capitano Alessandro Bianco di Saint Joroz, che nel suo libro del 1863 Il brigantaggio alla frontiera pontificia scrive: “Piemontesismo! Ecco una parola gravissima, dolorosissima, che non dovrebbe esistere nel Dizionario italiano. Essa esprime un dualismo, il quale si traduce in discordia e si sa che l’Italia dalla discordia fu sempre prostrata”.Gli effetti del piemontesismo furono il disordine generale e l’immobilismo e quindi l’impossibilità per la nuova Italia di rispondere alle difficoltà prodotte dall’improvvisa unificazione”.

Dopo l’Unità tutte le più importanti funzioni dello Stato nel Sud sono state assoggettate al nuovo governo: dalla magistratura, agli enti ecclesiastici, all’ordinamento dei vari uffici. Questo ha generato il caos, insieme a un disappunto e uno sconforto generale nella popolazione. È questo sconforto, aggravato da una precaria situazione economica, che ha portato molte famiglie alla fame?

“Direi che nella loro essenzialità le cose sono andate proprio in questo modo. Certo, dopo il 1860 nel Sud molte società e molte imprese hanno resistito. I Meridionali si sono dati tutti da fare per fronteggiare la nuova situazione, ma poco per volta la fame è avanzata e dopo alcuni decenni, ed esattamente tra il 1880 e il 1890, la miseria vera è arrivata anche da noi ed è cominciata l’emigrazione”.

 Cosa, dunque, ti ha spinto a scrivere questo libro e quali sono i riscontri che hai avuto sinora?

“Con questo libro ho voluto fare chiarezza sulle vicende che hanno causato i problemi attuali della nostra burocrazia, perché è nelle scellerate leggi successive all’Unità che affondano le loro radici le distorsioni del nostro sistema amministrativo. Il libro, devo dire, ha già attirato l’interesse di numerosi lettori. Attorno ai temi trattati è già cominciato un dibattito e sicuramente si allargherà con le prossime presentazioni dal vivo, con le recensioni e anche con questa intervista, che come al solito verrà letta da numerosissime persone anche all’estero”.

La burocrazia è un flagello che ci travolge e ci condanna in mezzo a mille scartoffie. Il tempo fugge e ci si perde nei meandri dei corridoi degli uffici… e come disse Pasquale Villari, illuminata e colta figura del nostro Ottocento, “Di chi è la colpa?”

“La colpa originaria, come emerge da quanto detto sinora, sicuramente è dei politici piemontesi, che dopo l’Unità vollero mantenere una centralità assoluta nella scena italiana e quindi mantennero nelle proprie mani anche il controllo della pubblica amministrazione, facendola sprofondare nel caos. Visto che lei ha nominato Pasquale Villari, vediamo proprio come il nostro grande storico definisce la classe dirigente piemontese: “Questa è una sacra falange che s’avanza unita e compatta, un quadrato armato di fucili ad ago. Guai a chi volesse fargli contro una carica”. In altre parole, non erano disposti a concedere nulla agli altri. La colpa, però, è anche delle classi dirigenti successive, che non hanno mai affrontato seriamente questo problema e non vi hanno mai posto rimedio”.

Questo tuo libro quando e dove verrà presentato e chi sarà, oltre te, che ne parlerà durante i pomeriggi culturali napoletani?

“La prima presentazione dal vivo si terrà il 24 febbraio nella sede di Identità Meridionale e sarà introdotta dal presidente dell’associazione, Antonio Parente, impegnato da tempo nella difesa delle nostre tradizioni e della nostra cultura. Altre presentazioni sono in preparazione, come quella a cura di Gianni Vitale, giovane militante dei Lupi del Sud, che commenterà come al solito con competenza e passione il mio lavoro. Del libro si parlerà anche nel corso di storia di Sud e Civiltà, l’associazione presieduta da Edoardo Vitale, direttore anche della prestigiosa rivista l’Alfiere, prima pubblicazione identitaria meridionale, fondata da Silvio Vitale nel 1960. Sul web, invece, ho già presentato io in prima persona il libro con due puntate speciali della trasmissione “La Storia è memoria”, andate in onda sul canale Officina Mediterranea, diretto da Donato Rinaldi, operatore instancabile nella promozione del nostro meraviglioso Sud. A chi volesse saperne di più, ricordo che le registrazioni di queste trasmissioni sono disponibili su youtube, sia sul già citato canale Officina Mediterranea, sia sul mio canale Il Sud dopo l’Unità”.

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