Pietro Giandolfo, poesie e canzoni in lingua siciliana

Dicono di lui che ha il cuore a forma di triangolo come la sua amata Sicilia. Ha fatto della sua vita una ‘battaglia’ per il progresso della Sicilia: “Finche’ vivrò ogni mio pensiero sarà rivolto al bene della mia amatissima Patria siciliana ed a ogni fratello e sorella siciliano”. 

Oggi intervistiamo a Pietro Giandolfo che esprime tutto il suo amore per la Sicilia non soltanto scrivendo decine di canzoni e poesie ma anche partecipando attivamente alla vita politica. Quante canzoni hai scritto?

“Ho scritto parecchi brani musicali sia in italiano che in  siciliano, ma preferisco scrivere in siciliano poiché è la lingua della mia terra e  dove io fortunatamente vivo e  trovo grande ispirazione”.

Come si intitola la canzone che hai dedicato a tua moglie e le frase ed i versi  della stessa sono da te ispirati dalla natura? Dai tuoi intimi ricordi o da cosa?

“La canzone che ho dedicato a mia moglie  l’ho intitolata  “Na Bedda Mugghieri” ispirato dalla sua bellezza e dal  mio amore per lei. Sia i versi delle canzoni che delle  poesie sono  ispirate dai sentimenti del momento e  dalle molteplici  bellezze naturali della nostra cara isola”.

Perché noi siciliani non dobbiamo considerarci, secondo quanto mi hai detto, italiani?

“Perché Garibaldi ci ha prima illusi, e poi, otto giorni prima della trattativa con l’enstablischment siciliana, ha indetto un truccato plebiscito che nella sostanza è stata una forzata e unilaterale annessione. Quindi i siciliani sono stati costretti ad accettare toutcour. Perciò non è affatto vero che c’è stato un consensuale “matrimonio” dal quale sono nati figli legittimi. E questo non lo dico solo io, lo ha detto in modo ancor più chiaro Giuseppe Alessi il primo Presidente della Sicilia, in una intervista del 1995, alla commemorazione del cinquantesimo anniversario della strage dell’agguato di Randazzo in Via dei Cappuccini, dove hanno ammazzato a tradimento Antonio Canepa, Carmelo Rosano e Giuseppe Lo Giudice, che in quel maledettissimo giorno avrebbe compiuto 17 anni, ad altri tre sono stati uccisi al Biviere di Cesarò, nella base dell’EVIS, Il resto lo si trova nel  libro “Il TESTAMENTO DI UN INDIPENDENTISTA”.   

Pietro,  hai scritto un libro che andrà in stampa a breve. Per adesso lasciamo un po’ di suspense i lettori di Globus. Non puoi darci comunque delle anticipazioni?

“La maggior parte dei siciliani sono costretti a vivere di stenti nonostante la Sicilia sia potenzialmente ricchissima. Sono costretti a restare nel sottosviluppo da quasi terzo mondo, mentre al nord c’è sempre più ricchezza  e nel contempo ci sono infrastrutture che noi Sicilia  neanche ci sogniamo. Come mai? Quali sono le cause? Per esempio per andare da Palermo a Ragusa con il treno passando per Trapani con le nostre “infrastrutture” ci vogliono a momenti due giorni! Nel mio libro si parla di queste problematiche e non soltanto anche tanti altri argomenti ne potrei citare almeno mille. Il mio intento è quello di raggiungere almeno il quaranta per cento dei siciliani per potere rimuovere le “incrostazioni” dal cervello della stragrande maggioranza di loro. Finche’ vivrò ogni mio pensiero sarà rivolto al bene della mia amatissima Patria siciliana ed ad ogni fratello e sorella siciliana”

Argomenti certamente che fanno riflettere. Tu sottolinei che dobbiamo ritrovare quell’amore che ci lega alla nostra terra poiché come disse anche il grande scrittore siciliano Andrea Camilleri “Siamo noi siciliani nati lagnusi non vogliamo  cambiare perché faticheremmo”?

“Anche questo argomento è dettagliatamente scritto  nel  mio libro. Di certo, la prima cosa che noi siciliani dobbiamo fare è quella di eliminare la mala razza politica che da 163 anni, finora, tiene la Sicilia, e quindi la stragrande maggioranza del popolo siciliano nell’imposto colonialismo. Tutto  quello che ho scritto e scriverò è dettato dalla mia incalcolabile sicilianità. Per altro spero di poter scrivere ancora per molto tempo: di politica in primo luogo, e magari anche in prosa.  Spero che la mia voce non possa essere considerata vox clamans in deserto. Questo è anche quello che si prefigge il mio libro: cioè le mie uniche vere ambizioni sono rivolte a spronare le decine di milioni di siciliani che vivono in Sicilia e nel resto del mondo di aiutare la Sicilia a risollevarsi con l’aiuto di ognuno di noi altrimenti la Sicilia affonderà per sempre e questo ogni vero siciliano che vuole il bene della Sicilia non dovrà permetterlo”.

Ancora oggi nel 2023, molti giovani siciliani partono  per il nord ricco ed opulento pur di guadagnare. Tante le voci di popolo che chiedono lavoro e chiedono di restare in Sicilia,  di non dover partire e lasciare la famiglia gli affetti?

“La maggior parte dei ragazzi  siciliani meno abbienti se vogliono trovare un qualsiasi lavoro sono costretti ad emigrare al nord e a volte anche all’estero; questo da sempre è un dato di fatto. Perché gli industriali non vogliono investire  al Sud? Il centro nord sempre più ricco  e pieno di industrie, infrastrutture all’avanguardia e noi del sud sempre più insoddisfatti e poveri. Intanto incominciamo a dire la verità su come veramente stanno le cose in Sicilia. Devo quindi partire da lontano nel tempo e sommariamente arrivare ai nostri giorni. Incominciamo dalla feroce aggressione alla Sicilia  ed al popolo siciliano  da parte di Garibaldi and company dell’undici maggio 1860. Da qui in avanti, per sommi capi, spiegherò  come mai dopo 163 anni la Sicilia è rimasta come l’hanno ridotta.  Abbiamo subito  feroci aggressioni   da quando Giuseppe Garibaldi, Francesco Crispi e Nino Bixio con i loro interventi militari l’hanno sventrata, stuprata e rapinata. Si calcola  che più di un  miliardo e centoventi milioni di lire d’allora, più di ottocento miliardi  di euro di oggi, oltre le decine di tonnellate d’oro che trovarono nei nostri forzieri furono trasferiti al nord Italia e furono depositati nelle banche del nord in modo particolare in Piemonte.  Le casse piemontesi prima vuote divennero piene di ogni ben di Dio. Il Piemonte era pieno di debiti in modo particolare con la Francia e mai avrebbero potuto pagare codesti debiti se non avessero rubato l’oro di noi siciliani il che significa che in Piemonte di moriva di fame. Il Piemonte divenne così ricco e di converso noi siamo diventati  dei miseri coloni condannati a soddisfare le  esigenze del nord. Noi siciliani dovremmo rimboccarci le maniche  senza chiedere più elemosine  a nessuno. Come? La risposta la leggerete nel mio libro. Allora saprete mille altre cose che riguardano la Sicilia  ed il popolo siciliano nostro unico “padrone”.

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