Pietracupa borgo di eccellenza nel Molise, che si incontra con quelli siciliani, in particolare il mitico Castelmola

Il New York Times ha inserito le due regioni italiane tra le mete da visitare nel 2020 ed entrambi covid free.

Foto Castelmola

La Sicilia e il Molise nel 2020 sicuramente riscontreranno un’impennata delle presenze turistiche, merito anche del New York Times e tanti altri giornali che l’hanno inserite nella lista delle 52 destinazioni da visitare nell’anno.

La Sicilia è entrata nell’elenco proprio grazie alla rinascita nell’isola del turismo sostenibile oltre alle sue tradizioni culinarie e alla presenza del vulcano. Citate dagli esperti in viaggi del New York Times sono iniziative come EtnAmbiente lanciata nel 2019 – app che aiuta locali e turisti a fotografare e denunciare l’inquinamento – o la Food Heritage Association che celebra gli ingredienti tipici della cucina siciliana.

Quanto al Molise è la scelta ideale per chi è in cerca di un’Italia “al tempo stesso tradizionale e incontaminata”: aree archeologiche come Saepinum, coste pulitissime e montagne che hanno fatto da sfondo al cammino della transumanza, dall’anno scorso patrimonio Unesco, sono alcuni degli elementi che hanno ispirato la scelta.

Sicilia e il Molise, legate anche dalle strisce positive al covid-19, ma due gioielli in particolare da visitare sono Pietracupa e la nostra Castelmola; i sindaci di entrambi i comuni, Camillo Santilli e Orlando Russo, si preparano a  un gemellaggio tra i due borghi che raccolgono tante testimonianze e storie da tramandare insieme alla bellezza naturalistica del territorio e dei dintorni.

Pietracupa è un comune italiano di 207 abitanti della provincia di Campobasso, in Molise. L’etimologia del nome è un composto di pietra, poiché costruito su un’enorme formazione calcarea, la “Morgia”, e dell’aggettivo cupa, che in latino vuol dire “botte”, in riferimento ai numerosi insediamenti rupestri ancora visibili in essa. È zona di villeggiatura estiva e di escursionismo.

Il centro è sorto nel periodo alto-medievale (il nome latino lo attesterebbe), probabilmente come insediamento monastico ed è stato dominio feudale di molte famiglie, tra cui le più importanti furono quelle dei De Molisio,  De Regina,  Eboli di Castropignano, e  Francone che tennero Pietracupa dal 1676 al 1810, quando ebbe termine il regime feudale.

I Francone, intanto, avevano ottenuto nel 1704 il titolo di Principi di Pietracupa che poi da loro passò agli eredi Caracciolo di Torchiarolo. Nell’agro pietracupese sorsero successivamente due abbazie, la prima intitolata a San Pietro in Formoso, probabilmente distrutta dal terremoto del 9 settembre 1349, e la seconda di Sant’Alessandro, non più attiva dopo il terremoto del dicembre 1456. Nel 1360 fu costruita in stile gotico la chiesa di San Gregorio, ricostruita poi nel 1560 dopo il terremoto.

Nel cuore della Morgia c’è un’antichissima grotta, erroneamente chiamata “cripta” e “chiesa rupestre”, al cui interno è conservato un crocifisso cinquecentesco, una croce stazionaria in pietra e un altare formato dalla macina di un vecchio mulino; sito interessante da visitare, dentro una roccia calcarea al centro del paese.

Il territorio di Pietracupa è costellato da tante grotte, di varie epoche, con diverse destinazioni d’uso: cenobio monacale, abitazioni dei primi abitanti del territorio, tribunale baronale, luoghi di culto.

La grotta più grande  recuperata nel 1977, dal parroco Mons. Don Orlando Di Tella e dai volontari pietracupesi è adibita a chiesa. Con orgoglio Santilli fa notare “Pietracupa è il comune capofila del Parco delle Morge cenozoiche del Molise, un progetto finalizzato alla valorizzazione della bellezza delle Morge per uno sviluppo di turismo integrato di comunità, con benefici economici in favore dalle collettività che ne fanno parte”.

Un borgo che dedica tanto interesse alla legalità e nel 2018 inaugura un monumento dedicato a Falcone e Borsellino, mentre il centro storico ospita la “casa dei ricordi”, una mostra dedicata al museo civico, con arredamenti anni ‘30/’40.

Alcune suggestive cavità rupestri della Morgia di Pietracupa ospitano la “mostra permanente degli strumenti di tortura”, progettata da ricercatori storici, ed espone strumenti fedelmente realizzati con arti medievali dall’artista Fernando Izzi.

“Espressioni e simboli dell’umana follia che si manifesta tutte le volte in cui l’uomo, nell’agire, non si affida al lume della ragione e fa a meno della pietas e caritas”, come puntualizza Izzi.

Museo della rupe

Ha vissuto sempre nel suo luogo natio a Torella del Sannio, paesino limitrofo a  Pietracupa, viaggiando in tutto il mondo e  apprezzato, nella sua fucina  e bottega d’arte ha creato opere d’arte: il presepe in lamiera battuta, mirabile esempio di arte “povera” esposto a Firenze alla mostra internazionale dell’artigianato grazie alla sua intuizione e proiezione verso il mistero che crea un ponte tra l’inespresso e l’espresso. Si definisce homo faber e per lui la materia è vita. Anche la sua casa rispecchia il suo spirito creativo ed esprime il miracolo della luce, è circondata da pezzi d’arte e foto del suo percorso artistico.

Lo troviamo accanto a Sgarbi e il cardinale Elio Antonelli e tanti personaggi importanti, ha lavorato per la nobiltà francese il conte di Berù, discendente del Re Sole Luigi XIV, per la famiglia Rolex di Ginevra e altre importanti famiglie italiane ed estere. Ha realizzato i battenti di ferro e opere d’arte per i castelli della Borgogna.

L’artista, rapito dalla metamorfosi del ferro, crea continuità tra Medioevo, Rinascimento, ispirazioni romantiche che abbandona spesso per rievocazioni di motivi romanici e gotici, ma approda anche allo stile modernista ripristinando il gusto per il ferro battuto: inizia il percorso del cosiddetto liberty, con ricche decorazioni, fregi, motivi curvilinei e sinuosità tratte dall’età barocca. Il suo slancio si proietta anche nella legalità e ricordiamo “Vite spezzate” un’opera “Alla memoria degli Agenti di Polizia caduti durante il servizio” Polizia di Stato Campobasso, facendo dialogare vita immateriale e simboli. Il re dei metalli, come molti lo hanno definito, nel museo riesce, alle soglie del Terzo Millennio, a dare continuità tra la pietra e il ferro.

Nel museo sono esposti 35 strumenti di tortura, ma l’unicità della collezione sta nell’ambientazione adeguata  a ricreare l’atmosfera necessaria, nonostante il tema trattato, fatta di oggetti e immagini che rappresentano in modo crudo, ma vero, la violazione dei diritti umani, infatti, come sottolinea Izzi, “la mostra oltre che a rappresentare un spaccato doloroso della storia dell’umanità, deve essere monito per le nuove generazioni, ad evitare pregiudizi, ignoranza e odio nei confronti dei diversi e stimolare al risveglio di una coscienza civile che ripudia questi congegni di tortura, la pena di morte e qualsiasi trattamento disumano e degradante: antisemitismo, intolleranza, razzismo, violenza e guerre”.

Di recente ha realizzato una scultura “Senza Limiti” dedicata al sindaco eroe di Rocca Di Papa, Emanuele Cristini, che ha perso la vita per salvare i dipendenti comunali, apprezzato e onorato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La scultura sarà collocata nel “Palazzo della legalità” dello stesso paese.

Non resta altro che gemellare, creare un ponte tra Pietracupa e Castelmola, sospesa tra cielo e mare a pochi chilometri dalla bella Taormina e a pochi passi dalla costa ionica, piccolo paese medievale della Sicilia che fa parte del prestigioso “club” dei borghi più belli d’Italia, con i suoi tipici bar ristoranti, chiese e la piazza Sant’Antonio, con la famosa pavimentazione composta da uno straordinario mosaico in pietra bianca alternata a pietra lavica e, come sottolinea il sindaco Russo, “così accogliente, insieme al canto suadente delle cicale e delle onde”.

La magia del medioevo da condividere, visitare questi luoghi, come racconta Santilli, per sfruttare il loro patrimonio e saperlo veicolare, anche con la realizzazione di itinerari naturalistici e culturali”, che fanno parte anche del turismo.

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