Il mito di Europa cambiato e vietato ai minori di 14 anni

L’antico mito del Ratto d’Europa, già in Omero ed Esiodo (VIII sec. a. C.), rilanciato ne Le Metamorfosi di Ovidio e ripreso adesso in versione trash e dissacrante, è stato rappresentato al “Centro Zo. Culture contemporanee” dalla Piccola Compagnia della Magnolia, in versione trasgressiva e dissacrante, col titolo “Mater dei”.

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In questa libera variante, vietata ai minori di 14 anni (come si leggeva un tempo sui manifesti di certi film), troviamo anche un pizzico di “U sapiti com’è”, il lavoro più conosciuto della scrittrice e drammaturga palermitana Francesca Sabato Agnetta, cavallo di battaglia di Angelo Musco e del compianto Gilberto Idonea.

In scena due soli personaggi: una madre e un figlio, collocati in un tempo immaginario e in un luogo altrettanto immaginario del Sud  Italia. Qui la donna, invece di essere rapita, viene stuprata e ingravidata dal dio autoritario e passionale. Genererà tredici figli, tutti divini, eccetto l’ultimo: un dio mancato, un umano fragile, che la madre nasconde in una casa/nido lontana dal mondo per proteggerlo da chi, ora, arriva per cancellare quella «cosa sbagliata», la «bestemmia vivente».

All’inizio, la scena quadrata, buia, quasi interamente occupata da una piscina piena per quattro dita d’acqua; al centro della piscina una sorta di palafitta; sulla palafitta un trono. Un uomo, nudo, si muove con una lentezza estrema, si veste di bianco ed entra nella piscina; indossa una maschera di plastica trasparente che gli deforma il volto; beve del latte.

Entra in scena una donna, la madre, presa anni prima con la violenza da un dio fattosi animale per possederla, e comincia a parlare. Un flusso di parole continuo, esorbitante, vomitato da Giorgia Cerruti con fisicità prorompente, gesto, accennato o plateale, sempre preciso e puntuale nell’accompagnare il senso drammaturgico; una vocalità capace di passare senza apparente fatica dal grido isterico alla sensualità baritonale, dalla risata malefica al tremore della paura.

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Accanto a lei il figlio, Davide Giglio, riesce a non eclissarsi, tenendosi sempre presente in scena nella sua dimensione, quasi embrionale, di essere umano talmente fragile da sembrare non ancora totalmente formato.

Intorno a loro la scena, pensata da Lucio Diana,  continuamente plasmata da un light design studiato per rendere immediatamente visibili le temperature emotive del notevole racconto scritto da Domenico De Maio, rielaborazione scenica di un testo di Massimo Sgorbani, accompagnata dalle invenzioni fono-musicali suggestive della partitura sonora di Guglielmo Diana.

La Piccola Compagnia della Magnolia, fondata nel 2004 da Giorgia Cerruti e Davide Giglio, è un gruppo di ricerca permanente indipendente molto stimato. L’ensemble indaga  sui codici teatrali e ricerca, attraverso i testi classici o sperimentando scritture originali e drammaturgie contemporanee.

Si avvale della collaborazione stabile o saltuaria di: Fabricija Gariglio, Camilla Sandri, Federica Carra, Alessia Massai, Lucio Diana, Guglielmo Diana, Riccardo Polignieri, Ksenija Martinovic, Pierpaolo Congiu, Luca Busnengo, Giorgia Cipolla, Alice Conti.

I tredici spettacoli sin qui realizzati sono stati portati in vari festival in Italia, Francia, Svizzera, Ungheria, Macedonia, Polonia, Russia.

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