Il maestro Gianfranco Pappalardo Fiumara, il pianista dalle performance barocche

Gianfranco Pappalardo Fiumara, classe 1978, nasce a Catania, laureato al Conservatorio di Milano, è un pianista specializzato nelle performance barocche.

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Si ritiene un uomo dall’indole affettuosa e un giocherellone. Inizia il suo percorso di pianista insieme al nonno, Salvatore Fiumara. A Milano studia pianoforte con Vincenzo Balzani, al conservatorio dedicato al grande Giuseppe Verdi, e successivamente specializzandosi con la celebre Rosalyn Tureck nelle interpretazioni di Bach al pianoforte. Costruisce la sua formazione di pianista, con una intensa attività concertistica in tutto il mondo, dall’Asia all’America toccando importanti sale quali la celebre Carnegie Hall di New York, la Columbia University, la sala presidenziale di Ankara, il Royal di Bruxelles, NotreDame di Montréal, Orchestra sinfonica siciliana, Teatro Bellini di Catania, ed ancora Nova Hall di Tokio, Chapelle du Bon Pastour di Montreal, Glen Goul Hall di Toronto. Oggi docente titolare al Conservatorio di Palermo. Ha vinto l’Ibla Gran Prize ed il Viotti Valsesia premio Kawai. Gianfranco è uno studioso di Mozart, appassionato dei suoi rapporti con la massoneria dell’epoca, condividendo la sua passione con il Prof. Giarrizzo, a cui va il suo ricordo quando pensa questo preciso momento della sua vita. Gianfranco si è dato anche alla politica, battendosi per il quotidiano martoriato di una Sicilia che non cambierà mai.

Da ragazzi sfondare nel campo della musica si può rivelare un sogno, tranne nel tuo caso che sei riuscito a diventare un grande musicista apprezzato ovunque tu suoni, magari con sacrifici, sforzi e dedizione. Ci puoi raccontare il percorso che hai fatto per diventare quello che sei oggi, un musicista? Qual è la tua chiave del successo? Raccontaci un po’ del tuo percorso artistico.

«La chiave del successo sta nella dedizione, allo studio sicuramente, perché bisognerebbe pensare solo a quello. Io ho pensato anche ad una attività manageriale su di me che in parte è riuscita. L’artista, oggi in generale, fa fatica ad essere manager di se stessi senza problemi di sorta, perché c’è una costante mancanza di attenzioni da parte delle istituzioni e della politica verso le proprie eccellenze. Tutte e non solo quelle siciliane, diciamo in genere. Io in questo sono stato fortunato, ho perfezionato un’importante carriera all’estero. Il suggerimento che dò, a tutti i miei giovani colleghi pianisti, è di studiare moltissimo con devozione e fare carriera all’estero, dove hanno più riguardo per la cultura italiana, patria di tutte le culture. Io oggi amo la mia terra e non la abbandono malgrado tutto, anche perché vi sono radicato, ma se ritornassi indietro forse un pensiero lo avrei fatto in più se stare nella terra che tanto amo.»

Il 28 ottobre ti vedremo al prestigioso Festival Belliniano di Catania all’interno dell’incantevole Palazzo Biscari del capoluogo etneo, giunto alla sua undicesima edizione, nel concerto “Bellini incontra Chopin”, con musiche di Vincenzo Bellini e Frédéric Chopin. Ce ne puoi parlare?

«Si! Certamente. Su invito di Enrico Castiglione, che ha scommesso se stesso per onorare Vincenzo Bellini in un terra dove Bellini merita di essere onorato, eseguirò un programma tutto incentrato sul grande compositore catanese, ed in particolare delle variazioni su tema dei Puritani di Thalberg, una sonata di Bellini scritta in onore della propria cuginetta dallo stesso Cigno di Catania. Una parte dedicata al cantabile con Bach, molto amato da Bellini durante i propri studi napoletani e Chopin al quale, sempre lo stesso compositore, ha dedicato per un periodo il proprio cuore. Eh si! Il proprio cuore. Ed infine una chicca. Due brani mai eseguiti a Catania di Bellini. Una serata spero unica nel suo genere.»

Gianfranco, tu, da musicista, sai di doverti occupare dell’aspetto promozionale della tua carriera. Hai bisogno di capire quale strategia di marketing si adatta di più alle tue esigenze e allo stesso tempo saper attirare l’attenzione del pubblico. Hai qualche operazione di marketing su cui puntare?

«Sicuramente serve puntare molto sul repertorio ed in particolare evitare di eseguire tutto. Come i cantanti, i pianisti si devono specializzare in un determinato repertorio senza trascurare la propria formazione, ovvio. E…poi è necessario molto pensare a se stessi artisticamente e meno agli altri, o alle organizzazioni che creano solo rogne e problemi in questa terra. Io ho deciso ultimamente di occuparmene solo in modo artistico. Nel 2020 voglio intensamente dedicarmi alla riscoperta e messa in atto del repertorio italiano, che porterò all’estero a Liegi, alla Columbia a New York, a Bruxelles, in Giappone.»

Raggiungere un proprio stile e identità, quanto è importante per un musicista? Tre aggettivi per descrivere la tua musica.

«E’ l’archè di tutto. Lo stile in un pianista è interpretazione, razionalità, amore. Non si può descrivere la mia musica ma le mie interpretazioni. Permettimi però non sono io che devo descriverle ma chi mi ascolta e voglio in questo lasciare ampiamente liberi chi mi ascolta.»

Quanto conta l’istinto e quanto un metodico studio nell’attività di un pianista?

«L’istinto è importante perché crea l’estro, non deve essere messo a bada dallo studio ragionevole perché si rischia che l’istinto possa rappresentare il disordine in un pianista.

Io studio molto con la mente, con la riflessione, ascoltando la discografia del novecento. Poi lo studio tecnico è altra cosa. Le mani possono anche stare ferme per un po’ perché quando riprendono sono come il buon vino. L’importante è non fermare la mente.»

Sei specializzato in performance barocche sotto l’influenza di Rosalyn Tureck. Cosa c’è di vero in quest’affermazione?

«Beh! Ho avuto la fortuna di conoscerla e non solo di studiare con Lei grazie al mio maestro Vincenzo Balzani. Ho studiato con Rosalyn Tureck le variazioni Goldberg che andrò prossimamente a eseguire in Texas al Bach Festival. Il suo ricordo in me è pregnante ed indelebile. La adoravo ed era come con pochi debbo dire dolcissima con me. Un genio dell’interpretazione di Bach al pianoforte. Le sue revisioni di Oxford sono eccezionali. Il suo virtuosismo era cerebrale. Ed oggi abbiamo la fortuna di ascoltarla in disco.»

Cosa fai al tuo risveglio?

«Il mio risveglio negli ultimi mesi è cambiato totalmente. Prima neppure facevo caso ad alcune cose importanti della mia vita, pensavo solo al lavoro ed al raggiungimento di alcuni obiettivi. Oggi penso al mio risveglio in modo diverso, penso ai miei affetti, al mio cuore, alla mia nonnina recentemente scomparsa e alla mia famiglia. Penso intensamente alle bellezze della mia vita che non vorrei mai perdere e che per chissà quale motivo recondito della vita, inerme di fronte ad essa, ero sul punto di perdere. Ma oggi sono felice. Grazie per questa domanda.»

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