Le Donne e il Patriarcato nel dopoguerra: Franca Viola e Paola Cortellesi tra realtà e finzione

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, le donne hanno svolto un ruolo fondamentale nella ricostruzione post-bellica, assumendo lavori nelle fabbriche, nell’agricoltura e in altri settori precedentemente occupati dagli uomini. Questa partecipazione ha contribuito alla ripresa economica, ma spesso le donne hanno continuato a essere pagate meno degli uomini per lo stesso lavoro.

Dopo la fine della guerra, molte donne sono state incoraggiate a lasciare il lavoro per fare spazio agli uomini tornati dal fronte. Questo ha portato a un ritorno a ruoli più tradizionali all’interno della famiglia, con le donne che si occupavano principalmente delle faccende domestiche e della cura dei figli. Questo rifletteva l’idea patriarcale che il compito principale delle donne fosse quello di occuparsi della casa e della famiglia. Nonostante le sfide poste dal patriarcato, il periodo post-bellico ha anche visto la crescita di movimenti per i diritti delle donne e per l’uguaglianza di genere. Le donne hanno lottato per i propri diritti, sia a livello politico che sociale, spingendo per cambiamenti nelle leggi e nelle norme sociali che limitavano le loro opportunità e il loro benessere.

Giugno 1946 rappresenta un momento epocale per le donne italiane. Più di 12 milioni di donne si recarono alle urne per decidere tra Monarchia e Repubblica. Quell’evento segnò l’inizio di una nuova era, in cui le donne presero in mano la propria libertà e iniziarono a lottare per i propri diritti. Da allora, attraverso generazioni, le donne italiane hanno continuato a battersi non solo per il riconoscimento del loro lavoro e dei loro diritti, ma anche per la loro stessa esistenza. Nonostante siano passati 77 anni da quei giorni storici, molte sfide persistono. Nonostante i progressi ottenuti attraverso decenni di battaglie femministe, come l’abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore nel 1981 e il riconoscimento dello stupro come reato contro la persona nel 1996, la visione del corpo femminile come oggetto da possedere e sottomettere continua a permeare la cultura del nostro paese.

Le donne italiane si trovano ancora a fronteggiare pregiudizi e discriminazioni, lottando per essere riconosciute come individui pienamente autonomi e titolari dei propri diritti. Nonostante le sfide, la determinazione delle donne italiane nel perseguire l’uguaglianza e la giustizia continua a essere una forza motrice per il cambiamento nella società.

Franca Viola, figlia di agricoltori, è stata una figura pionieristica nell’Italia del secondo dopoguerra, simbolo della crescita civile e dell’emancipazione delle donne italiane. A quindici anni, Franca si fidanzò con Filippo Melodia, appartenente a una famiglia benestante e legato alla criminalità organizzata. Tuttavia, quando Melodia venne arrestato per reati legati alla mafia, il padre di Franca decise di interrompere il fidanzamento, esponendo la famiglia Viola a minacce e intimidazioni violente.

Nonostante le pressioni e le violenze subite, Franca rimase ferma nella sua decisione. Nel dicembre 1965, all’età di quasi 18 anni, fu rapita da Melodia e dodici suoi complici. Dopo essere stata violentata e tenuta prigioniera per otto giorni, Franca fu liberata durante un’operazione della polizia il 2 gennaio 1966. Ciò che distingue Franca Viola è il suo rifiuto del matrimonio riparatore, una pratica comune in quel periodo, in cui le vittime di violenza sessuale venivano costrette a sposare il loro aggressore per “ripulire” l’onore della famiglia. Nonostante le pressioni sociali e le minacce, Franca si oppose fermamente al matrimonio riparatore.

Franca udienza dal Papa Paolo VI

Il suo coraggio e la sua determinazione hanno ispirato molte altre donne e hanno contribuito a mettere in discussione le tradizioni patriarcali che perpetuavano la violenza contro le donne. Franca Viola ha segnato un momento importante nella lotta per i diritti delle donne in Italia e continua a essere ricordata come un simbolo di resistenza e dignità. Quasi un anno dopo, durante il processo presso il Tribunale di Trapani presieduto dal giudice Giovanni Albeggiani e con Ludovico Corrao come legale di parte civile, la difesa tentò senza successo di screditare Franca. Sostennero che la sua fuga con Melodia fosse stata consensuale, una sorta di “fuitina“, un atto per ottenere il consenso matrimoniale e mettere la sua famiglia di fronte a una decisione già presa. Inoltre, argomentarono che il rifiuto successivo di Franca di sposare il suo rapitore fosse dovuto al dissenso della sua famiglia riguardo alla scelta del marito.

Filippo Melodia fu condannato il 17 dicembre 1966 a 11 anni di carcere, pena poi ridotta il 10 luglio 1967 a 10 anni con l’aggiunta di 2 anni di soggiorno obbligato nei pressi di Modena, nel processo d’appello a Palermo. Il verdetto rimase invariato dopo il ricorso in Cassazione il 30 maggio 1969. La Corte Suprema condannò sette individui complici di Melodia a una pena di 5 anni e 2 mesi ciascuno.

L’8 marzo 2014, Franca Viola è stata conferita con l’onorificenza di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana presso il Quirinale, dal Presidente Giorgio Napolitano. Questo riconoscimento è stato attribuito con la seguente motivazione: “Per il coraggioso gesto di rifiuto del matrimonio riparatore, un atto che ha segnato un importante traguardo nella storia dell’emancipazione delle donne in Italia“.

Paola Cortellesi fa il suo debutto dietro la macchina da presa con “C’è ancora domani“, un film che lei stessa dirige, scrive e interpreta. Questo segna un nuovo genere per l’attrice, abbracciando il dramma storico e avvicinandosi a un cinema più impegnato. Il film ottiene un grande successo al botteghino e anche tra le critiche. “C’è ancora domani” racconta la storia di Delia, una donna semplice dei quartieri popolari di Roma, in un dramma introspettivo che sembra quasi biografico. Il film si concentra così intensamente sul personaggio di Delia che il pubblico potrebbe essere convinto che sia basato su una persona reale.

Delia, nonostante sia una figura non protagonista nella narrazione epica di Cortellesi, diventa l’emblema di un’intera generazione di donne. Le sfide personali che affronta, dalle violenze subite dal marito (interpretato magistralmente da Valerio Mastandrea) all’amore proibito per il meccanico Nino, dal timore che la figlia Marcella sposi l’uomo sbagliato, alla cura del suocero malato, sono quelle che molte donne della Ricostruzione hanno affrontato, ognuna in modo unico.

In un certo senso, “C’è ancora domani” è più un ritratto descrittivo che una narrazione tradizionale. Offre uno sguardo sulla vita quotidiana ottant’anni fa senza assumere un tono documentaristico, ma adotta invece il linguaggio narrativo del dramma storico e della commedia all’italiana, riflettendo positivamente l’esperienza professionale della regista. Nella lotta tra la ricostruzione del sé e il conformarsi al ruolo tradizionale di “donna”, Paola Cortellesi sviluppa intorno al personaggio principale una complessa rete di temi sociali e psicologici che circondano il nucleo centrale: l’emancipazione femminile. Questo processo di emancipazione emerge in modo incalzante e ben costruito, suscitando nel pubblico una consapevolezza crescente. Lo spettatore viene continuamente coinvolto in un flusso emotivo che oscilla tra il sorriso e l’inquietudine, creando un’esperienza narrativa ricca di sfumature e spunti di riflessione.

Ivano con il padre Sor Ottorino

Sposata con Ivano, interpretato da Valerio Mastandrea, e insieme hanno tre figli. Ivano è un uomo semplice, ma abituato a esercitare la sua autorità con modi spesso brutali. Quando la frustrazione lo assale, la riversa sulla moglie, picchiandola e umiliandola. L’unica persona a cui mostra rispetto è il padre, Sor Ottorino, un anziano malato a letto. Nonostante sia assistito dalla nuora, consiglia al figlio su come tenere in riga la moglie, trattandola come un animale da domare per evitare che diventi troppo indipendente oppure che osi esprimere la propria personalità.

Delia si conforma al matrimonio tradizionale perché non ha familiarità con alternative, ma dentro di sé sente che questa non è la strada verso la felicità. Le sue speranze di una vita più libera sono proiettate sulla sua primogenita, che sta per sposare un ragazzo borghese. Il matrimonio con lui sembra offrire un’opportunità di fuga da una vita che sembra inevitabile. “C’è ancora domani” segue il percorso di crescita di Delia, in un contesto comune a molte donne dell’epoca, e non solo. Le tensioni familiari sono solo una parte di una quotidianità dominata dalla sopraffazione maschile. In questo ambiente difficile, trova supporto in Marisa, un’amica fidata che la sprona costantemente, sperando di darle il coraggio di trovare il suo posto nel mondo.

Delia e Nino

Con l’avvicinarsi della primavera, tutta la famiglia è agitata per il prossimo fidanzamento della primogenita, Marcella. La giovane sogna di sposare un bravo ragazzo di estrazione borghese, Giulio, sperando così di liberarsi dal peso della sua famiglia imbarazzante. Anche Delia condivide le stesse speranze per sua figlia, pur avendo accettato per sé la vita che le è toccata. Spera in un matrimonio vantaggioso per Marcella. Tuttavia, quando Delia riceve una misteriosa lettera, un nuovo coraggio si accende dentro di lei. Decisa a rovesciare i piani prestabiliti, la donna madre e moglie si impegna a immaginare un futuro migliore, non solo per sé stessa, ma anche per la sua famiglia.

Tu pensa a porta’ i soldi a casa e a dà ‘na mano a ‘st’incapace de tu’ madre

Va’ da nonno, chiudilo bene a chiave e poi me la riporti. Fai piano che se se sveja quant’è vero iddio t’ammazzo!

Alla fine dei conti, lei è ‘na brava donna de casa

Marcella e il fidanzato

È che me ‘e leva dalle mano…

Non je poi mena’ sempre, sennò s’abitua! Una, ma forte!

Non ce devi anna’ più a lavora’

E chi t’ha detto?

Te lo dico io, tu sei mia

Al centro di questa prospettiva si trova un fenomeno che riflette profondamente la cultura italiana: il patriarcato. Questo termine, derivato dal greco antico “patriarkes“, che significa dominio o supremazia del padre, descrive la distribuzione disuguale del potere tra uomini e donne in vari aspetti della società. Il patriarcato può essere definito anche come un sistema sociale primitivo in cui l’autorità è concentrata in un capofamiglia maschio, con la possibilità di estendere questo potere anche ai parenti più lontani.

Nella storia culturale italiana, la leadership economica e legale all’interno della famiglia è stata tradizionalmente esercitata dal padre, creando un rapporto di potere disuguale nei confronti delle donne. Di conseguenza, l‘ideologia patriarcale si è infiltrata in altre istituzioni sociali, come l’istruzione, la ricchezza e l’assistenza sanitaria, attraverso meccanismi sociopolitici che mantengono e rafforzano il dominio maschile sulle donne. Le donne, considerate inferiori e manipolabili in questo contesto sociale, vengono sistematicamente escluse dalle istituzioni che detengono il maggiore potere economico, politico, culturale e religioso.

Consegna della lettera

“C’è ancora domani” si presenta come un film che affronta il tema dell’autodeterminazione femminile, ambientato nel secondo dopoguerra ma con risonanti richiami alla realtà attuale, ancora segnata da femminicidi e violenza di genere. Paola Cortellesi, dietro la macchina da presa, fa una scelta coraggiosa: decide di non mostrare gli abusi in modo esplicito, trasformando invece le scene più violente in sequenze musicali e rappresentando il dolore come se le vittime fossero delle eroine in grado di respingere le atrocità. Tuttavia, è evidente che queste ferite lasciano segni profondi, portando Delia ad affrontare la sua lotta personale contro l’incapacità di sentirsi degna di felicità.

Il confronto tra la storia di Franca Viola e il film diretto da Paola Cortellesi offre spunti significativi sulla lotta per l’emancipazione delle donne in Italia. Franca Viola ha rappresentato una figura coraggiosa che ha sfidato le convenzioni sociali e ha rifiutato il matrimonio riparatore, contribuendo così a segnare una tappa importante nella storia dell’emancipazione femminile nel paese.

D’altra parte, il film di Cortellesi, “C’è ancora domani”, offre uno sguardo più ampio sulla condizione delle donne durante il secondo dopoguerra, evidenziando le sfide e le discriminazioni affrontate quotidianamente. Attraverso il personaggio di Delia, il film affronta temi cruciali come l’autodeterminazione femminile e la lotta contro il patriarcato, a tratti si presentano anche battute vivaci tipico dello stile della Cortellesi, offrendo uno spunto di riflessione sulla persistenza delle disuguaglianze di genere anche nei tempi moderni.

Il giorno del voto alle donne

Entrambe le storie ci ricordano l’importanza della determinazione e della solidarietà nel combattere le ingiustizie di genere e nell’opporci alle norme sociali oppressive. Sia Franca Viola che il personaggio di Delia incarnano la forza e il coraggio delle donne italiane nel cercare una vita di dignità e libertà.

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