Le donne del Vulcano e il tumore della tiroide

CATANIA – Il progresso scientifico nella medicina ha evitato tante patologie invalidanti, tra queste il tumore della tiroide.

Oltre alle diverse cause che determinano il tumore della tiroide, i noduli tiroidei sono molto più frequenti nelle donne provenienti dalle aree con carenza di iodio. Recenti studi hanno dimostrato che oltre il 50% delle donne con più di 50 anni di età presentano almeno un nodulo tiroideo. Solo il 5% dei noduli tiroidei è di natura maligna, ma i dati epidemiologici indicano un chiaro aumento dell’incidenza dei tumori maligni, in particolare quello capillifero.

Al dottore Massimo De Natale, specialista otorinolaringoiatra, abbiamo chiesto maggiori chiarimenti su questo tipo di patologia.

Quale incidenza ha il tumore della tiroide?

“L’incidenza dei tumori tiroidei è molto elevata nelle zone di origine vulcanica. Si è osservato che in Sicilia, ad esempio, l’incidenza di tali tumori  è tra le più alte al mondo con circa 13 nuovi casi all’anno. Sembra che tale dato sia conseguenza degli effetti del vulcano Etna sulle falde acquifere, contenenti alte quantità di ‘radon’ (gas radioattivo che si introduce nell’organismo attraverso la respirazione)”.

Esiste una prevenzione?

 “La migliore prevenzione è di sottoporre a controlli periodici la popolazione più a rischio, con dei programmi sia da parte delle aziende ospedaliere che dalle Asl che possono rilevare i primi segnali della patologia tiroidea”.

Quando viene diagnosticato un tumore della tiroide, quale è il primo trattamento da eseguire?

“La chirurgia rappresenta il trattamento di prima scelta per i tumori della tiroide. Se la diagnosi e il trattamento sono precoci, ossia se si interviene quando il tumore è ancora in una fase iniziale, le possibilità di guarigione completa sono ottime nella maggior parte dei casi”.

Quali le cure dopo il trattamento chirurgico?

“Nell’immediato periodo post-operatorio i pazienti vengono sottoposti a terapia medica orale con sali di calcio e vitamina D, con dosaggio a scalare fino alla completa sospensione che avviene nell’arco di due settimane. I pazienti operati, entro massimo cinque giorni dall’intervento vengono dimessi dall’ospedale, ma devono stare a riposo per circa 2-3 settimane”

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