La nuova legge sul finanziamento pubblico ai partiti

Firmata dal ministro Quagliariello e dal premier Letta, la legge ha molte lacune soprattutto sulla trasparenza dei bilanci e sulle donazioni dei privati

 

 

Giovedì scorso è ripreso alla Camera la discussione sulla legge che dovrebbe regolare il finanziamento pubblico ai partiti. Firmata dal ministro Quagliariello e dallo stesso premier Enrico Letta, la legge ha molte lacune soprattutto sulla trasparenza dei bilanci e sulle donazioni da parte dei privati. Facciamo un attimino il punto della situazione e cerchiamo di capire meglio la legge che, se passasse, cambierebbe ben poco il sistema dei finanziamenti pubblici attuale.

La legge sul finanziamento pubblico ai partiti ha portato nelle casse dei movimenti politici qualcosa come cinque miliardi di euro (120 milioni solo nel 2013), tre volte l’ultima manovrina del ministro Saccomanni.

Finanziamento pubblico 2013
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Il testo del disegno di legge, firmato dallo stesso premier Letta e dal ministro per le riforme Quagliariello, punta all’abolizione totale ma graduale dei rimborsi elettorali entro il 2018. Graduale perché già l’anno prossimo si vedrebbe il primo taglio con l’introduzione dei finanziamenti da parte dei privati. Rimangono però molti punti oscuri e decisamente lacunosi nel testo passato alla Camera, a cominciare dall’introduzione del due per mille dell’Irpef e il tetto sulle donazioni private che il governo ha addirittura annunciato come innovativi.

Due per mille dell’Irpef. La legge prevede che i contribuenti possano donare al movimento politico preferito il 2 per mille del loro Irpef nella dichiarazione dei redditi. Questa soluzione non elimina il finanziamento ai partiti ma semplicemente l’aggira. Nel 1997 fu adottato un espediente simile – anche se non prevedeva una destinazione specifica e veniva calcolato sul 4‰ – che permise di raccogliere, al cambio attuale, circa 54 milioni di euro da distribuire a tutti i partiti. Oggettivamente è la soluzione più efficace se davvero si vuole eliminare i finanziamenti pubblici, resta da vedere come si passerà dalla teoria alla pratica considerando che questa scelta obbliga una particolare trasparenza nei bilanci dei partiti.

Il tetto alle donazioni dei privati. È stata la parte più contestata prima del voto di fiducia al governo Letta. L’attuale legislazione prevede un tetto di 103mila euro per ogni contribuente privato, limite tra l’altro facilmente aggirato da Berlusconi e dai suoi amici. Negli ultimi dibattiti in commissione il Popolo della Libertà tendeva ad aumentarne l’indice, mentre il Partito Democratico cercava invece di abbassarlo ulteriormente. Il punto d’intesa tra centrodestra e centrosinistra pare sia stato trovato: la nuova norma prevede un massimale di 300mila euro per le donazioni da persone fisiche ridotto a 200mila per le aziende. Anche questo limite verrà prevedibilmente aggirato come il precedente: basta scorrere il database sui finanziamenti privati di Wired per vedere come l’Udc di Casini abbia incassato tranche singole di 103mila euro da ogni componente della famiglia Caltagirone (suocero di Casini) e dalle diverse aziende del gruppo (WXIII/IE, Commercial 4, Costedil, Pantheon 2000 spa, Azienda Servizi Italia). Per cui l’unica maniera per rendere meno prevedibile il foraggiamento ai partiti rimane il terzo lacunoso punto del testo.

Trasparenza. È il punto meno discusso e probabilmente il più importante dell’intera struttura normativa. Un’attenzione particolare va posta nei confronti dell’articolo 5 del disegno di legge in discussione, quello che disciplina le norme per la trasparenza e la semplificazione per quanto riguarda la “trasparenza e l’accesso alle informazioni relative al proprio assetto statutario, agli organi associativi, al funzionamento interno e ai bilanci, anche mediante la realizzazione di un sito internet”. C’è da stare molto attenti anche all’art. 8 che disciplina i partiti ammessi alla contribuzione volontaria e indiretta, e all’art. 10 sulla “Destinazione volontaria del due per mille delle imposte del reddito delle persone fisiche”. È la trasparenza il punto focale di tutto l’ordinamento e oggi l’Italia rimane uno dei paesi meno disposti su questo fronte.

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