La burocrazia paralizza i Gal virtuosi nelle politiche di sviluppo

Il punto di vista del presidente di Cogea srl, Massimo Ciarrocca, sullo stato di salute dei Gruppi di azione locale. Ecco cosa ci ha detto.

 Massimo Ciarrocca, presidente di Cogea Srl al convegno “Sicilia Expo 2015 – Bio Mediterraneo” che si è  tenuto a Roma l’8 maggio presso l’Istituto per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera “Gioberti”, traccia una panoramica sullo stato di salute dei Gal (gruppi di azione locale) in Italia, efficienza, operatività. Tra le criticità rileva l’eccessiva burocratizzazione che hanno di fatto ostacolato il decollo delle politiche comunitarie, creando una distanza incolmabile tra istanze di sviluppo provenienti dal sistema istituzioni e dal sistema imprese.

Al di là delle criticità, i Gal sono riusciti a costruire azioni comuni nei territori?

Considerando il Gal Kalat Est e gli altri Gal di riferimento del territorio siciliano, ci troviamo in un momento di particolare anomalia positiva, nel senso che questa realtà ha anticipato una serie di eventi, costruendo un’agenzia di sviluppo, l’“Agenzia per il Mediterraneo”  l’unica sviluppata anche nella vecchia programmazione che ha gestito delle azioni comuni, quindi ha creato dei sistemi di rete che sono poi uno degli indici particolari che creano “motore trainante”, soggetti con credibilità, professionalità, passione.

La Pubblica Amministrazione che ruolo ha avuto rispetto ai sistemi di rete e programmazione comunitaria?

Quello che bisogna lamentare è una crisi oggettiva del Leader in tutta Italia, oltre che l’eccessiva burocratizzazione che ha interagito negativamente nel corso delle programmazioni, peggiorando progressivamente la situazione dal 1994/1999 fino al periodo 2007/2013. Sicuramente c’è una carenza dovuta a una mancata attenzione alla programmazione da parte della Pubblica Amministrazione. Dico sempre che il Gal, l’Asse 4 Leader è inversamente proporzionale ai soldi che spende: vale il 5% del programma, ma per un’amministrazione pesa in termini di impegno per l’80% perché dentro ogni Gal c’è un potentato locale, ci sono dei meccanismi che prescindono da quello che sarebbe l’obiettivo originario.

Le Regioni interagiscono con ulteriori azioni a sostegno dei Gal virtuosi?

Esistono altri esempi di Gal virtuosi oltre ai già citati in Sicilia, ma sono sempre situazioni episodiche, a macchia di leopardo. Ce ne sono sparsi in tutta Italia ma sono solo e sempre isole felici, non è generalità. Le regioni dovrebbero percepire questi esempi positivi e farne poli d’attrazione e di irraggiamento nei confronti degli altri per alzare i livelli qualitativi, per evitare “distrazioni”, per creare quei sistemi di rete tipici delle attività di sviluppo locale.

La nuova programmazione ci dà queste possibilità perché aumenta dal 10 al 25% la spesa di gestione, quindi su questo aspetto non si potrà dire che non avranno soldi sufficienti. Sicuramente bisognerebbe intervenire su una soglia minima di qualità a prescindere, sia in termini di programmi che di risorse, perché poi la politica interviene in modo trasversale, diffusamente a livello territoriale e “distorce” le forze vere e attive sul territorio.


Si potrebbe pensare a rilanciare la ruralità a partire da soggetti terzi, non specificamente rurali?

Occorre un maggior coinvolgimento di soggetti non prettamente agricoli ma che sono rurali: uno degli obiettivi tematici è proprio l’inclusione sociale. Coinvolgere, come stasera qui a Roma, strutture scolastiche formative perché c’è un grosso problema sui giovani e sul ricambio generazionale in agricoltura: la gran massa delle aziende agricole italiane ha gestori superiori ai 60 anni, quindi se nei prossimi anni non attiveremo un ricambio generazionale sarà un disastro. Accadrà anche realtà siciliana dove l’attività agricola è molto significativa, ma spesso con figli che sono ostaggi dei genitori a loro volta molto più esperti: se non si crea un Erasmus agricolo, qualche cosa che permetta a questi ragazzi di acquisire una propria identità e una propria professionalità, rischiamo che un patrimonio di biodiversità enogastronomica vada perduta.

Esistono i mezzi per una rivoluzione e per un’inversione di tendenza, per risvegliare nei giovani l’amore, la passione per la terra e dare loro prospettive vere. Il cambio di marcia deve essere anche istituzionale. Oggi con la Garanzia giovani, con i fondi per il ricambio generazionale, ci sono tantissime opportunità, come i 70 mila euro per una start up agricola. Io lamento una scarsa attenzione delle istituzioni su questi temi. Mi rendo conto che ci sono priorità che riguardano per esempio la vendita e la produzione, però se non curiamo questi argomenti con un livello qualitativo pubblico, perdiamo un enorme patrimonio.

 

Qual è la situazione italiana rispetto all’uso di strumenti di sviluppo?

Nel saper utilizzare gli strumenti di sviluppo, drammaticamente negli anni la situazione è peggiorata, trasversalmente in tutta Italia: sulla prima programmazione Leader l’Italia era il primo beneficiario, poi siccome abbiamo speso male i fondi, siamo scesi fortemente nella linea. Un esempio di disastro è in Sardegna, come in molte altre regioni. Non è solo colpa dei Gal, però anche questi ci hanno messo del loro. Il vero limite dei Gal è la burocrazia interna. Siamo all’ultima spiaggia, si devono fare quei salti di qualità che ho indicato. Le potenzialità ci sono tutte. Il 18 di aprile è stato approvato il partenariato, mandato dal Cipe alla Commissione Europea. Nei prossimi quattro mesi dovrà essere definito l’accordo e poi si dovranno fare i programmi regionali. Proprio in questo momento ci vorrebbe un’attenzione particolare proprio sui punti che ho citato.

a Cognita Design production
Torna in alto