Jolie, 87% di probabilità per un tumore al seno. Dopo il suo outing, un altro caso

La rinomata attrice hollywoodiana, spaventata, ricorre immediatamente alla chirurgia plastica, “sostituendo” il suo seno. Ma dopo il suo outing  anche
un manager di 53 anni si fa asportare la prostata

Mi sono sottoposta ad un intervento di mastectomìa preventiva per scongiurare il rischio di cancro al seno“.
Queste le parole della famosa attrice Angelina Jolie, trentasette anni, dopo aver rivelato alla stampa l’avvenuta operazione ai seni in seguito al funesto verdetto dei test genetici: la mamma, Marcheline Bertrand, pure lei attrice, è morta a cinquantasei anni dopo una dura lotta contro il tumore e la star, davanti alla prospettiva di rendere orfani i suoi sei figli avuti dal legame affettivo con l’attore Brad Pitt, ha optato per ‘una scelta molto coraggiosa’, così definita dal marito.
Il BRCA1, o ‘gene ebraico’ perché comune tra le donne Askenazite, è il morbo che avrebbe dato all’attrice l’ottantasette percento di probabilità di sviluppare un tumore al seno ed il cinquanta percento il cancro alle ovaie. Da qui, la dura decisione di sottoporla ad operazione: tre mesi di interventi cominciati il 2 Febbraio e terminati il 27 Aprile. “Non mi sento meno donna – ha dichiarato – bensì più forte avendo fatto una scelta che non diminuisce la mia femminilità“. Considerando che l’attrice dispone di un cachet da invidia, si è preoccupata al tempo stesso di procedere alla ricostruzione dei seni ‘sacrificati’… Come dire ‘Mi tolgo il problema e ho anche un seno nuovo!’
Bastavano tre informazioni: le protesi vanno sostituite dopo quindici anni, si perde la sensibilità al seno e avendo due estranei in corpo bisogna sottoporsi periodicamente a controlli.
Ma dopo l’outing della Jolie, anche un uomo, a Londra,  si è fatto toglier la prostata perfettamente sana. Il motivo? Nel suo Dna c’è un gene che in futuro potrebbe farlo ammalare di cancro. In entrambi i casi l’operazione ha asportato organi perfettamente sani. Il gene che espone al rischio del cancro, infatti, potrebbe non attivarsi mai. Il paziente è un manager di 53 che dopo uno screening genetico ha scoperto di avere nel suo dna il gene Brca 2. Questo gene aumenta il rischio dell’insorgenza di cancro della prostata, ma si parla sempre di rischio.

E in Italia, come nel resto del mondo è già polemica: Umberto Veronesi, nel caso dell’attrice,  critica la decisione dei chirurghi americani sostenendo che se la condizione di rischio non genera un’ansia eccessiva e non trasforma la vita di una donna in una ‘non vita’, è meglio sottoporsi a costanti controlli piuttosto che arrivare alla mastectomìa totale e, Bernardo Bonanni, Direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, dichiara “A mia moglie non lo farei fare, prima bisogna analizzare la familiarità perpetua, ovvero verificare se in famiglia ci sono stati casi plurimi tipo madre, zia, nonna, e poi procedere col test genetico al fine di cercare i geni mutati che aumentano il rischio (Brca-1, Brca-2): in caso di positività, scattano misure più strette di controlli diagnostici’. Risultato? Un affare da milioni di dollari, perché negli Stati Uniti le assicurazioni mediche non coprono la chirurgia ricostruttiva, e critiche scontate, perché si tratta semplicemente di culture diverse: da noi si incentiva la prevenzione onde evitare la malattia, mentre gli americani preferiscono recidere piuttosto che intervenire in maniera postuma.

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