Sabato 11 marzo, alle ore 21.00, incontro alla Sala Magma di Catania con Antonino Cicero e Luciano Troja; ovvero, come un fagotto e un pianoforte possono trasformare le canzoni di D’Anzi in originali composizioni intrise di Jazz.
Se un fagotto incontra un pianoforte ed entrambi gli strumenti si insinuano fra le note di Giovanni D’Anzi cosa può accadere? Sabato 11 marzo, alle ore 21, alla Sala Magma di Catania (via Adua n.3) daranno le loro personali risposte due musicisti siciliani – messinesi, per la precisione – Antonino Cicero (fagotto) e Luciano Troja (pianoforte). Negli oltre trentacinque anni di esistenza il Centro Magma ha messo assieme la ricerca teatrale con quella di altre forme artistiche; e in tale percorso la musica ha sempre avuto un posto di rilievo. Musica suonata e musica parlata, teoria e pratica, concerti, didattica, seminari, laboratori, concorsi (come quello che è intestato all’associazione catanese e che proprio quest’anno – dopo anni di sosta – rinasce). Ed è nell’ambito dell’attività seminariale contigua alla concertistica che si colloca l’incontro con i due musicisti che racconteranno la genesi della loro produzione più recente, riguardante la creazione (autore, Troja) e l’esecuzione di musiche ispirate alle famose composizioni del musicista milanese, cui si deve una girandola di brani tutta meneghina (Nustalgia de Milan, Lassa pur ch’el mund el disa, ecc.), tra cui la canzone-inno della città, “Oh mia bela Madunina”, oltre a canzoni come “Bambina innamorata”, “Voglio vivere così”, “Tu non mi lascerai”, “Ma l’amore no”, “Mattinata fiorentina” («è primavera, svegliatevi bambine…»).
Ma D’Anzi resta dov’è; nel senso che, in questo caso, non si tratta né di interpretazioni né di riletture ma di creatività originale ispirata e confluita nella compilazione di un disco “An Italian Tale” prodotto e pubblicato da Almendra Music, una suggestione musicale, sociale e culturale che diventa vero e proprio esperimento strumentale, artistico e umano, fra le mani dei due musicisti, così diversi tra loro per estrazione e provenienza ma anche così affini per curiosità, intraprendenza, preparazione e fantasia, spese a sperimentare un rapporto tra jazz e melodia italiana, equilibri classici e songbook.
Né si può fare finta di niente davanti ad una simile “strana coppia” – si allude agli strumenti –felice e originale anomalia resa affascinante da Troja, pianista e compositore Jazz di fama internazionale (non è raro trovarlo su All About Jazz USA, Cadence o Stereophile, o vederlo dal vivo a New York), e Cicero, fagottista tra i più attivi e preparati nel panorama classico.
Insieme, hanno trovato nella melodia, nella cantabilità, nella narrazione strumentale il punto d’incontro che rende “An Italian Tale” «una specie di colonna sonora di un film – usando le parole dello stesso Troja – legato a un periodo storico, girato, magari, in bianco e nero».
Cicero, a sua volta, confessa di essere stato attratto dalla cantabilità del repertorio swing della canzone italiana degli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. Si è convinto così che «il fagotto – sono sue le parole – potesse benissimo suonare, anzi “cantare”, quelle melodie retrò, ricche di ritmo e, al tempo stesso, classiche nell’impostazione del canto. Da questa scoperta e dalla ricerca che ne seguì, capii che la canzone italiana di quegli anni univa naturalmente le tradizioni classiche e belcantistiche con il Jazz».
Molto esplicito il pensiero del compositore-pianista: quando Antonino gli ha proposto di approfondire la canzone italiana del periodo fascista e dell’immediato dopoguerra, non se lo è fatto ripetere due volte, sia per un proprio interesse per questo repertorio, sia perché considerava il fagottista uno splendido musicista, curioso, e soprattutto molto attento alla melodia. Aggiunge: «Amando molto le opere monografiche, mi è sembrato naturale proporgli di partire dalle canzoni di D’Anzi; tuttavia era molto più intrigante non semplicemente rielaborare le canzoni o riarrangiarle per improvvisarci sopra. Molto meglio scrivere dei brani nuovi che si ispirassero a D’Anzi, a quell’epoca, a un certo nostro modo di sentire la melodia, tutto italiano, rivolto istintivamente oltreoceano ma destinato a guardarsi dentro, con i nostri inevitabili cromosomi melodrammatici. Ho avuto la possibilità di scrivere un album di temi originali, e quindi realizzare insieme ad Antonino un disco in cui l’esposizione della melodia è l’elemento preponderante: pensare che queste melodie fossero “cantate” al fagotto (perché Antonino lo fa cantare il suo fagotto), era l’altro importante motivo che mi entusiasmava».
Con questa manifestazione-seminario si apre un ciclo articolato nel corso dell’intero anno, voluto dalla direzione artistica di Salvo Nicotra, cui è fondamentale l’apporto progettuale di Davide Sciacca, curatore e coordinatore di questi incontri e della stagione concertistica “Fuorischema”, già in pieno svolgimento e che prevede – per sabato 25 marzo – il terzo appuntamento. Nel frattempo, fervono i lavori preparatori del Concorso musicale internazionale Magma, coordinato da Salvatore Daniele Pidone.