In Sicilia, il Natale è una festa profondamente radicata, legata al significato intrinseco della rigenerazione della vita.
Nella tradizione popolare, questa celebrazione si associa al solstizio d’inverno. In passato, seguendo il calendario giuliano, il 25 dicembre rappresentava il giorno della nascita del sole, e ai tempi di Aureliano si svolgeva il rito pagano del Sol Invictus, dedicato al culto del sole. Di conseguenza, la Chiesa scelse di spostare la celebrazione della nascita di Cristo dal 6 gennaio al 25 dicembre, con l’intento di eliminare definitivamente il rito pagano.
Il Natale è principalmente una festa intima legata alla famiglia e si celebra attraverso rituali che affondano le radici nei più antichi sentimenti religiosi. Nell’opera “Spettacoli e feste” di Giuseppe Pitrè, si descrive l’usanza delle novene natalizie, una tradizione ancora presente in alcuni paesi dell’isola. In passato, durante i nove giorni precedenti la vigilia del 25 dicembre, i cantastorie visitavano le case intonando le ninareddi. Alla fine della novena, il capofamiglia donava al cantastorie un dolce tipico natalizio, il buccellato, ripieno di frutta e fichi secchi.
Anche i ciaramiddari, suonatori di ciaramelle, eseguivano la novena, suonando davanti a un piccolo altarino chiamato figuredda, raffigurante un presepe con la Sacra Famiglia. L’altarino veniva decorato con agrumi, fiori, rami d’alloro e illuminato da nove candele, corrispondenti ai giorni della novena. Ancora oggi, in alcuni paesi, le donne allestiscono questi piccoli presepi durante le novene, collocandoli nelle finestre o nelle edicole votive delle strade. Gli suonatori di zampogne o strumenti a fiato eseguono le novene di fronte a questi altarini.
Le differenze tra zampogna e ciaramella
La “ciaramedda” è uno strumento a fiato, una sorta di ciaramella o piffero tipico della tradizione siciliana. È spesso suonata durante le festività natalizie, specialmente durante le novene e altre celebrazioni legate al Natale. La “zampogna“, d’altra parte, è uno strumento a fiato composto da due canne e una sacca d’aria. È diffusa in varie regioni italiane e ha diverse varianti regionali. La zampogna è spesso associata alle tradizioni natalizie, e i suonatori di zampogna, noti come “zampognari“, possono essere visti nelle strade durante le festività natalizie, specialmente nelle regioni del sud Italia.
In passato, la novena dei ciarameddi era suddivisa in quattro tempi chiamati caddozzi, ciascuno della durata di circa dieci minuti. Il primo tempo presentava una melodia popolare dedicata a Sant’Antonino, il secondo era dedicato a San Giuseppe, il terzo comprendeva una litania, e nell’ultimo, a discrezione dei ciaramiddari o del padrone di casa, veniva eseguita una scelta. Le novene sono attualmente rare, ma in alcuni centri dell’isola sono state riproposte all’interno di progetti volti a preservare le antiche tradizioni.
I giochi di Natale
Un altro modo di celebrare la vigilia di Natale era “far la nottata di Natale“, trascorrendo la vigilia in compagnia di parenti e amici giocando a carte. Pitrè, in “Spettacoli e feste“, descrive dettagliatamente i giochi comuni dell’epoca, tra cui carte a minicheddu, cucciari, trentunu, setti e menzu, belladonna, dove la fortuna decideva il vincitore. Se uomini adulti partecipavano, la zicchinetta annullava gli altri giochi, attirando l’attenzione generale.
Durante i giochi, si univa il tradizionale pranzo natalizio, caratterizzato da pietanze sia semplici che elaborate, a seconda dell’estratto sociale della famiglia, che potesse essere contadina o borghese. L’abbondanza del cibo è sempre stata un elemento distintivo di tutte le festività siciliane. In alcuni paesi, nella notte di Natale, i fedeli facevano la veglia in chiesa portando con sé cibi e dolci, come descritto da Pitrè: “Uomini e donne, vecchi e fanciulli, durante gli uffizi ecclesiastici mangiano in chiesa a doppio palmento“.
Tuttavia, la Chiesa intervenne abolendo questa pratica, e nel 1647, a Palermo, furono attuati controlli accurati durante il Natale per prevenire il ripetersi di tale usanza. Un’altra tradizione diffusa era la celebrazione del Natale attraverso la pastorale, descritta da Pitrè come uno spettacolo attraente che si svolgeva in chiesa, in teatro, in istituti pubblici o in case private durante le sere che precedevano o seguivano il Natale. Le pastorali non erano limitate solo al periodo natalizio e potevano essere rappresentate in diversi momenti dell’anno. Ad esempio, a Mineo, in provincia di Catania, si svolgeva una pastorale nel mese di maggio, con partecipanti che sfoggiavano a dorso d’asino per il paese, culminando in una rappresentazione sacra in chiesa alla sera.
A Chiaramonte, la rappresentazione della pastorale aveva luogo il giorno dell’Epifania. In passato, tra le pastorali più celebri vi erano “Il nascimento del bambino Gesù” di Cherubino Belli, “Il dramma pastorale sopra la nascita del bambino Gesù” e “Il viaggio de tre Re Magi” di Sebastiano Cumbo, “La sacra rappresentazione della natività di N. S. G. C.” di Vincenzo Pandolfo, e “La notte sacra” di Mariano Buscato. Fino al 1908, a Messina, durante il periodo natalizio, si teneva la tradizionale “passeggiata del Bambino Gesù“.
Dopo la mezzanotte, all’apertura delle porte della chiesa della Luce, un baldacchino veniva portato a spalla da sei confrati. Sotto il baldacchino, il prete reggeva un bambino di cera tra le braccia. Il corteo attraversava le strade della città, e al suo passaggio, si accendevano lumini a petrolio sui davanzali. Quando la processione raggiungeva piazza Municipio, il prete impartiva la benedizione alla folla devota.
A Malfa, una delle isole Eolie, l’antica tradizione prende vita il giorno dell’Epifania. Al mattino presto, un corteo si forma dalla chiesa parrocchiale di San Lorenzo, composto da un’orchestra e dai devoti, che attraversano le vie del paese portando il Bambin Gesù. Durante il passaggio, le famiglie accolgono la processione del “bambineddu” nelle proprie case, unendosi in preghiera con gli altri devoti. Al termine, seguendo la consuetudine di altre festività, il padrone di casa fa un’offerta ai partecipanti della processione, mentre i musicisti dell’orchestrina vengono intrattenuti con dolci e bevande.
Nel corso del tempo, alcune tradizioni natalizie sono andate perdute, ma nella maggior parte dei paesi dell’isola, persiste la pratica di allestire presepi viventi o con figure a grandezza d’uomo, che riflettono la cultura siciliana dei secoli passati. A Caltagirone, a esempio, ogni anno a partire dal 2 dicembre si tiene una mostra dedicata al presepe nelle sue diverse forme, inclusi il presepe vivente con antichi costumi popolari, il presepe monumentale nella cripta del Convento dei Padri Cappuccini, i presepi animati con figurine in terracotta che rappresentano scene di vita agricola e pastorale siciliana del XIX secolo, e la mostra del presepe che presenta l’artigianato locale.
In Sicilia, la tradizione del presepe ha origini nel XVI secolo. Nella cultura popolare, la nascita di Dio era vista come un evento al di fuori delle celebrazioni rituali, e di conseguenza, il presepe divenne la cristallizzazione della Natività. In questa rappresentazione, ogni persona non solo agiva da spettatore, ma contribuiva attivamente all’evento ritualizzato, modificando la scenografia attraverso la collocazione delle figurine. Il paesaggio e il contesto familiare della vita quotidiana si sviluppavano attorno alle figure.
Questa tradizione del presepe era diffusa in tutti i ceti sociali dell’isola. Si praticava anche l’usanza di invitare gli orbi, suonatori ciechi, per eseguire le novene di Natale e le ninne nanne nei nove giorni precedenti la Natività. Gli strumenti più comuni accompagnati dagli orbi variavano a seconda dei paesi e includevano il violino, la fisarmonica o strumenti caratteristici locali come il marranzanu e il friscalettu. Al termine della novena, la famiglia offriva ai suonatori cibo e bevande in un gesto chiamato “u firriatu“. Inoltre, si invitavano parenti e amici per ammirare il presepe, dando vita a competizioni tra coloro che avevano allestito il presepe migliore.
Cosa sono le novene e perché si chiamano così?
Come suggerisce il suo nome, la novena è una celebrazione caratteristica del periodo natalizio che ha inizio nove giorni prima dell’arrivo del Natale, dal 16 al 24 dicembre. Questo periodo di preghiera simbolizza i 9 mesi che, secondo la tradizione cristiana, Gesù ha trascorso nel ventre di Maria. La novena è concepita per assistere i fedeli nella preparazione spirituale al Natale.
Le novene sono tradizionalmente celebrate per nove giorni consecutivi, durante i quali vengono recitate preghiere specifiche, riflessioni spirituali o altri riti religiosi. La pratica delle novene ha radici nella tradizione cristiana, in particolare nella Chiesa Cattolica, e si è evoluta nel corso dei secoli come una forma di devozione. La scelta del numero nove può avere significati simbolici, poiché il numero è spesso associato a elementi spirituali e sacri in diverse tradizioni religiose.
Partecipare a una novena è spesso un atto di fede e dedizione, offrendo una serie di preghiere continue per un obiettivo specifico o per chiedere l’intercessione divina in una determinata situazione. La pratica delle novene può variare a seconda delle credenze e delle tradizioni specifiche della comunità religiosa coinvolta.
Il Pitrè, descrivendo la tradizione del presepe, racconta: “Il presepio (pirsepiu) è una rappresentazione figurata. La sua dimensione varia da mezzo metro quadrato a due o più metri. Alcuni presepi sono così grandi da occupare intere stanze, attirando le persone come spettacoli di grande risonanza. Il presepio viene rinnovato ogni anno e distrutto (sconza) dopo l’Epifania, segnando la conclusione delle rappresentazioni natalizie” (tratto da “Spettacoli e feste”).
A Caltagirone, come nel resto dell’isola, la consuetudine del presepe era profondamente radicata, rappresentando non solo un significato religioso ma anche la certezza di solidarietà e pace all’interno della famiglia. Il paese divenne presto uno dei centri più rinomati per la produzione di figurine per presepe, realizzate principalmente dai pasturari e dai santari, artigiani e artisti delle botteghe calatine. Questi maestri modellavano e coloravano le figurine su commissione, spesso su richiesta di chiese e conventi.
Inizialmente, il presepe era allestito in modo semplice; solo successivamente gli artigiani calatini iniziarono a creare figurine più complesse, prendendo ispirazione dai grandiosi presepi palermitani e napoletani, caratterizzati da una maggiore ricchezza e articolazione. Così nacque una produzione di figurine con caratteristiche distinte: da un lato, venivano create figure semplici per forma e colore, particolarmente apprezzate dalle classi più umili; dall’altro, si realizzavano figurine che sempre più assomigliavano a vere opere d’arte, spesso commissionate da chiese, corporazioni e famiglie nobili e agiate.
Nel contesto del presepe, accanto alle figure che raffiguravano i personaggi classici della Natività, venivano inserite figurine che ritraevano personaggi legati alla cultura contadina: la vecchia con i pulcini (a nanna cu li puddicini), il ricottaio (lu ricuttaru), lo spaventato (lu spavintatu), la lavandaia (la lavannara), il venditore di broccoli (lu vruccularu), il guardiano della torre (lu turraru), il fornaio (lu furnaru), il pescatore (lu piscaturi), il pastore con le pecore (lu capraru cu li pecuri), il mulattiere (lu vurdunaru), e altri ancora.
Nel XVIII secolo, numerosi artigiani e artisti si dedicarono interamente alla creazione di figurine per i presepi, tra cui spiccano nomi come Antonio Branciforte e Antonio Margioglio, definiti nell’epoca come “santari” nei documenti. È solo verso la fine del Settecento e all’inizio dell’Ottocento che le figurine per i presepi ottennero un riconoscimento artistico autonomo. Questo fu possibile grazie ai contributi dei fratelli Giuseppe e Giacomo Bongiovanni, insieme a Giuseppe Vaccaro, nipote dei primi, che proseguì l’attività diventando un abile artista e firmando le sue opere con il nome di Bongiovanni-Vaccaro. Alcune di queste opere, acquistate intorno al 1907 dall’etnologo Lamberto Loria, sono oggi esposte nel Museo delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma.
L’arte del presepe calatino fu così apprezzata che per le famiglie siciliane possedere un presepio costituiva un vero e proprio status sociale. Giovanni Verga, nel suo romanzo “Mastro-don Gesualdo“, narrando dell’importanza di possedere un presepio calatino, afferma che don Gesualdo “non guardò a spese per far stare contenta Isabellina in collegio: dolci, libri con le figurine, immagini di Santi, noci con il Bambin Gesù di cera dentro, un presepio del Bongiovanni che pigliava un’intera tavola, tutto ciò che avevano le figlie dei primi signori, la sua figliola l’aveva“.
La tradizione calatina dei pasturari continua oggi grazie al lavoro di alcuni maestri, tra cui Mario Judici (che ha ereditato l’arte dal padre Giacomo), Salvatore Morretta e suo figlio. Oltre al tradizionale modo di rappresentare la Natività con il presepe, in Sicilia si è sviluppata anche una tradizione popolare nota come “figureddi“, che consisteva in piccoli altarini natalizi adornati con un quadro raffigurante la Sacra Famiglia, decorati con agrumi, rami di alloro, fiori e candele. In alcuni casi, questi altari venivano allestiti anche per le strade.
Trapani, invece, ha una sua tradizione distintiva di presepi. Uno degli artisti principali nel campo delle figure per il presepe fu Giovanni Matera, originario di Trapani, che a differenza degli artisti calatini utilizzava anche il legno, la tela e la colla per le sue opere. Le opere di Matera attirarono l’attenzione di Ludovico di Baviera quando questi visitò la Sicilia, portando Matera a diventare suo collezionista. Numerose opere dell’artista trapanese si trovano oggi presso il Museo di Monaco di Baviera, nei Musei Vaticani e nel Museo Etnografico Pitrè di Palermo.
Il Museo Pepoli di Trapani conserva figure di presepi di straordinaria bellezza, realizzate da abili artigiani trapanesi che utilizzavano materiali pregiati come avorio, corallo, madreperla, alabastro e altri. Nella Sicilia orientale, invece, si diffuse la tradizione del presepe in cera, con i maggiori artisti come il siracusano Giulio Gaetano Zummo e il messinese Giovanni Rosselli.
Come è cambiata la tradizione del Natale oggi
La tradizione del Natale in Sicilia ha subito variazioni nel corso del tempo, riflettendo l’evoluzione della società e delle preferenze culturali. Attualmente, le celebrazioni natalizie nella regione mantengono un forte legame con le radici culturali e religiose, ma presentano anche influenze contemporanee. Le caratteristiche principali delle celebrazioni natalizie siciliane includono ancora il presepe, che rimane una tradizione centrale. Tuttavia, oltre alle rappresentazioni tradizionali della Natività, si possono trovare presepi innovativi e creativi che incorporano stili artistici moderni.
Le scelte alimentari durante il periodo natalizio sono un elemento significativo. Le tavole natalizie siciliane sono caratterizzate da una vasta selezione di piatti tradizionali, come cassata, cannoli, pesce, agnello e dolci tipici. Tuttavia, è possibile notare anche una maggiore diversificazione e l’inclusione di opzioni più contemporanee in risposta alle tendenze culinarie del momento.
Le decorazioni natalizie nelle case e nelle strade riflettono una combinazione di elementi tradizionali e moderni. Oltre alle luminarie classiche e agli addobbi ispirati alla cultura siciliana, si possono trovare decorazioni più moderne e creative. Inoltre, le festività natalizie sono spesso accompagnate da eventi culturali, spettacoli e manifestazioni che coinvolgono la comunità. La tradizione del regalo è ancora presente, ma con una maggiore varietà di opzioni regalo rispetto al passato. La tradizione del Natale in Sicilia ha mantenuto le sue radici culturali e religiose, ma si è adattata alle dinamiche contemporanee, incorporando elementi moderni nelle celebrazioni e nelle scelte culturali dei siciliani.
Negli ultimi anni, si sono verificati cambiamenti significativi nelle tradizioni natalizie, evidenziati dalle scelte di decorare gli alberi di Natale in modi più creativi e talvolta inconsueti. Le persone oggi prediligono utilizzare oggetti non tradizionali per addobbare gli alberi, optando per stili personalizzati che riflettono la propria individualità. Questo può includere ornamenti e decorazioni che escono dagli schemi convenzionali, aggiungendo un tocco di originalità e modernità alle celebrazioni.
Un altro cambiamento osservato è la crescente preferenza per il villaggio di Natale rispetto al tradizionale presepe. Mentre il presepe ha una lunga storia come simbolo della Natività, alcune persone oggi optano per villaggi natalizi più elaborati e dettagliati. Questi villaggi spesso includono miniature di case, persone e paesaggi invernali, creando un’atmosfera incantevole e pittoresca che riflette l’immaginario natalizio.
Queste scelte manifestano una tendenza verso l’individualità e l’innovazione nelle celebrazioni natalizie, dove le persone cercano di esprimere la propria creatività e di adattare le tradizioni in modi unici. Sebbene queste nuove interpretazioni possano differire dalle pratiche tradizionali, contribuiscono a una varietà di espressioni festive che rispecchiano la diversità delle preferenze e degli stili di vita contemporanei.
Perché addobbare l’albero a Natale? Dove nasce questa tradizione?
L’usanza di addobbare l’albero di Natale ha origini antiche e affonda le radici in diverse tradizioni culturali. Tuttavia, uno degli elementi chiave nella diffusione di questa pratica è associato alle celebrazioni natalizie tedesche. L’albero di Natale, decorato con ornamenti come candele, mele e altri addobbi, è stato storicamente un simbolo di festa e rinascita in molte culture. Si ritiene che questa tradizione abbia avuto origine in Germania durante il periodo medievale.
Alcune leggende collegano l’inizio della tradizione al XVI secolo, quando l’allora noto Martin Lutero, ispirato dalla bellezza di una foresta innevata durante la notte di Natale, decise di portare un albero di abete decorato a casa sua. Per replicare la magia della scena, collocò candele illuminate tra i rami dell’albero.
L’usanza si diffuse successivamente in altre regioni europee e, nel corso del tempo, le decorazioni si evolsero includendo una vasta gamma di oggetti, da palle colorate a luci scintillanti. Nel XIX secolo, con la diffusione delle tradizioni natalizie tedesche attraverso il matrimonio della regina Vittoria e del principe Alberto, l’usanza di addobbare l’albero di Natale raggiunse una vasta popolarità anche nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
Educare i giovani a riconoscere le proprie radici
Educare i giovani a riconoscere le antiche tradizioni del Natale in Sicilia è un’opportunità per preservare e valorizzare il patrimonio culturale della regione. Ecco alcune idee su come fare:
Lezioni e Presentazioni:
- Organizzare lezioni nelle scuole o eventi pubblici in cui esperti o rappresentanti della comunità possano presentare e spiegare le antiche tradizioni natalizie siciliane.
- Utilizzare presentazioni multimediali, foto storiche e racconti per coinvolgere gli studenti e rendere la conoscenza delle tradizioni più accessibile.
Visite Guidate:
- Organizzare visite guidate a luoghi significativi legati alle tradizioni natalizie, come chiese con presepi storici, mercatini natalizi tradizionali o musei locali che espongono oggetti legati al Natale siciliano.
Lavori Manuali e Laboratori:
- Coinvolgere gli studenti in attività pratiche, come la creazione di presepi tradizionali o l’addobbo di alberi di Natale seguendo lo stile siciliano.
- Organizzare laboratori di cucina per imparare a preparare dolci natalizi tradizionali siciliani.
Studi sulla Storia Locale:
- Incorporare le tradizioni natalizie siciliane negli studi di storia locale nelle scuole, aiutando gli studenti a comprendere il contesto storico e culturale in cui si sono sviluppate queste pratiche.
Partecipazione alla Comunità:
- Coinvolgere gli studenti in eventi comunitari legati al Natale, come processioni religiose, concerti di musica tradizionale o rappresentazioni teatrali di storie natalizie locali.
Collaborazioni con Associazioni Culturali:
- Collaborare con associazioni culturali locali che lavorano per preservare e promuovere le tradizioni siciliane, coinvolgendole nelle attività educative.
Progetti di Ricerca:
- Assegnare progetti di ricerca sugli aspetti specifici delle tradizioni natalizie siciliane, incoraggiando gli studenti a esplorare la storia, la musica, la cucina e le pratiche religiose legate al Natale nell’isola.
Eventi Interattivi:
- Organizzare eventi interattivi, come fiere o mercati del Natale, in cui gli studenti possano partecipare attivamente e sperimentare in prima persona le tradizioni.
Sensibilizzazione Online:
- Utilizzare piattaforme online per condividere risorse, storie e video educativi sulle tradizioni natalizie siciliane, raggiungendo un pubblico più ampio, inclusi studenti e insegnanti al di fuori della Sicilia.
Incorporare queste attività nel curriculum educativo può contribuire a creare un legame più forte tra i giovani e le radici culturali della Sicilia, garantendo che le antiche tradizioni del Natale siano tramandate alle generazioni future.