Il Giappone si ferma per ricordare Fukushima

Cinque anni fa il terremoto che sconvolse il Giappone e mostrò la fragilità del nucleare.

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Sono passati cinque anni da quella prima scossa di terremoto di magnitudo 9 che fece tremare le prefetture di Tohoku, dove si trova Fukushima, Iwate e Miyage.

Prima il terremoto poi l’onda. Uno tsunami che devasta, inesorabile, ciò che ancora resta in piedi. Case, strade, auto, persone rapite dalle onde, inghiottite dal mare e vomitate sulla riva. La centrale nucleare di Fukushima non ha potuto resistere alla forza dell’acqua che strappa con violenza il cemento, come fosse petalo di fiore.

18mila morti, 470 mila persone sfollate (di queste ancora 57mila vivono in strutture provvisorie) e una catastrofe nucleare che, come Chernobyl nel 1986, solo nei decenni successivi rivelerà la reale entità del danno.

Oggi il Giappone, che già all’indomani della tragedia, si è subito rimesso in piedi per ricostruire un paese in ginocchio, si ferma, per un minuto, a ricordare.

Durante la cerimonia al Teatro Nazionale di Tokyo, a cui hanno partecipato l’imperatore Akihito con la consorte Michiko e il premier Shinzo Abe, è stato osservato un minuto di silenzio alle 14,46 (le 6,46 in Italia), l’ora della scossa di magnitudo 9.

Le cerimonie di commemorazione si sono susseguite fin dall’alba nelle tre prefetture di Fukushima, Miyagi a Iwate. 

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Ancora oggi nelle tre prefetture quasi 58.000 persone vivono nei complessi di prefabbricati adibiti a centri di accoglienza, per gran parte persone anziane vulnerabili a problemi fisici e mentali connessi all’incidente.

Il processo di smantellamento dell’impianto di Fukushima prosegue senza sosta, mentre va avanti il dibattito tra l’opinione pubblica, divisa sulle opportunità di una dipendenza dal nucleare, e l’esecutivo del premier Shinzo Abe, deciso ad un riavvio delle centrali con maggiore sollecitudine nel rispetto di standard di sicurezza più elevati. In un sondaggio a livello nazionale dell’agenzia Kyodo, due terzi dei governatori, sindaci e amministratori locali domandano una riduzione dell’impiego del nucleare, mentre alcuni auspicano una chiusura definitiva dei reattori.

Ma a cinque anni dal disastro com’è cambiato il Giappone?

Tomioka, la città più vicina a Fukushima, è abbandonata. Il livello di radiazioni è ben al di sopra dei limiti consentiti: le ultime rilevazioni parlano di 4,01 microSievert/ora. Anche in diverse zone circostanti il pericolo di esposizione alle radiazioni è ancora molto alto, sebbene il governo spinga molti sfollati a far rientro nelle loro case.

A lanciare l’allarme è Green Cross, organizzazione non governativa che ha effettuato i campionamenti nella Prefettura di Fukushima, per valutare gli attuali rischi per l’uomo e l’ambiente.

Secondo il fisico nucleare Stephan Robinson, direttore dei programmi acqua e disarmo di Green Cross Svizzera, “a Tomioka le radiazioni sono 35 volte superiori rispetto al limite di dose annuo fissato dalle Raccomandazioni della Commissione Internazionale per la Protezione Radiologica. Ma anche al di fuori di quest’area, ad esempio a Koriyama, i parametri risultano fino a 20 volte più alti della soglia”.

mutatiLe attuali direttive del governo giapponese prevedono degli indennizzi solo in caso di evacuazione. Nessun rimborso invece per coloro che vivono nelle zone limitrofe, che però sono altamente inquinate, come dimostrano le indagini. Per giunta, in programma per il prossimo anno c’è la revoca del provvedimento di sgombero dalle aree contaminate, decisione che nel 2018 bloccherà i risarcimenti che la compagnia elettrica Tepco, gestore della centrale nucleare di Fukushima, è obbligata a corrispondere ai 50.000 evacuati, e che avrà l’effetto di far tornare i cittadini in zone con livelli di radiazioni altissimi.

«Questo è inaccettabile – dichiara il fisico Valerio Rossi Albertini, ricercatore del Cnr e membro del comitato scientifico di Green Cross Italia – perché bisogna almeno lasciare ai cittadini la possibilità di decidere. Togliere l’indennizzo costringe di fatto molte famiglie indigenti a tornare in un ambiente pericoloso e nocivo, reso tale dalla colpevole leggerezza dei vertici della Tepco. Tanto più che, ad aggravare la situazione, concorre anche l’acqua di raffreddamento radioattiva rilasciata a più riprese dalla centrale di Fukushima nell’ambiente circostante».

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