Il circo, una scatola magica…

Improvvisamente mi ritrovo all’interno di un mondo magico, in cui i comuni denominatori sono i colori, le luci e, perché no, l’odore degli animali. Sotto quel tendone, carico di emozioni per le esibizioni degli artisti, mi sento come calato in un’altra dimensione, in cui è possibile scoprire qualcosa che sta dentro di me, nascosto nell’angolo più sperduto della mia anima; riesco a tirare fuori il Peter Pan presente in ognuno di noi per mettermi a tu per tu con il clown che mi invita ad eseguire gag insieme di fronte a mille occhi…

La copertura dello chapiteaux è come un coperchio, la chiusura di una scatola, lo apri e vedi una ‘città all’interno della città’ che ospita il circo. Animali esotici, coccodrilli, boa, serpenti, esseri di cui si conosce normalmente solo la parte più aggressiva ma che in fondo possono essere “ammaestrati” come veri e propri esseri umani, con un’anima e straordinaria sensibilità. E poi ancora cavalli, pony, cani che improntano una partita di calcio con relativi rigori e l’esaltazione della squadra vincente. Quanta ammirazione mi sovviene nel pensare al duro lavoro di questi artisti; stare di fronte ad un leone o una tigre in realtà non credo sia molto semplice; l’istinto dell’animale è quello di aggredire, ed è proprio qui che entra in gioco l’abilità del maestro: stabilire un rapporto di amicizia con l’animale, impartirgli delle lezioni che forse si pensa sia possibile far capire solo agli umani.. eppure hanno un gran cervello, un enorme capacità di apprendimento e di provare affetto, quello che dimostrano nei confronti del loro “capo” ogni qualvolta riescono a concludere un numero in maniera eccellente guadagnandosi un croccantino o anche solo una carezza.

E come mi sentirei di fronte ad un elefante? Immensamente piccolo accanto a quel mammifero che, noto per la proverbiale memoria, rivela un carattere irrequieto, che non raramente può portare a episodi di aggressività, anche nei confronti dell’uomo.

Il circo è un complesso itinerante di artisti considerati vagabondi per il loro vivere “in strada”, per il loro avere per casa un camper. Una vita piena di duri impegni, di sacrifici ma vissuta con amore e passione per il proprio lavoro. Quello che più mi duole sottolineare è la scarsa consapevolezza spesso mostrata, a mio avviso, da parte del pubblico. Chissà cosa pensa la gente, mi domando, quando vede volare un trapezista o ancora quando vede una ballerina a cavallo. Ma si saranno mai chiesti cosa c’è dietro a tutto ciò e perché lavorano su una pista circolare piuttosto che in un semplice palco in teatro? Per il pubblico spesso il circo è solo uno spettacolo da bambini, uno spunto per vedere gli animali, per far stare tranquilli qualche ora i propri figli, ma la sensazione che investe me quando vedo determinati numeri, soprattutto quelli aerei, è veramente forte e densa e straordinariamente pervasiva. Forse perché anche io mi considero appartenente a questo mondo un po’ strano, difficile, poco conosciuto ma splendido, il mondo dello spettacolo, anche se non quello circense.

Se non ci fosse quell’involucro gli artisti riuscirebbero a toccare il cielo, così come i ballerini, lo arrivano ad abbracciare quando sentono le note di una musica che li trasfigura in un mondo fatato..ogni passo di danza fa raccontare un pezzo di storia, un pezzo della propria vita, dei propri segreti, così come ogni slancio, è un pretesto per volare sempre più in alto. Paragonata alla disciplina circense o viceversa; mentre quest’ultima,  è anche, e forse soprattutto, un’esibizione delle proprie capacità fisiche e mentali in termini di equilibrio e concentrazione, nella danza oltre a questo, vi è una componente più forte, il sentimento e l’espressività che viene fuori danzando. Per le discipline circensi, per quelle aeree, l’espressione non è fondamentale, mentre nella danza oltre ad essere un buon ballerino, dalle forti capacità tecniche, devi essere soprattutto portavoce di sentimenti e raccontare la storia senza utilizzo della parola. Ma sicuramente vi è qualcosa che compenetra danza e circo: nello spettacolo circense la danza è molto presente, come possiamo notare dai grandi artisti quale il giocoliere Enrico Rastelli che per inserire grazia ed eleganza al proprio numero prese lezioni dal maestro Nijinskij, o dagli artisti russi per i quali era fondamentale prendere lezioni di danza per poter prender parte ai numeri insieme alla famiglia rappresentando pantomime.

Purtroppo sui quotidiani, nelle pagine dedicate allo spettacolo, poca importanza viene data a questo mondo, a questa carovana di artisti che rappresentano le più belle discipline; anche le istituzioni non sono molto prodighe di attenzioni in merito, ma qui, nella mia città, Catania, il circo ha una diffusione rapida. Di frequente arrivano importanti compagnie e sorgono i tendoni sotto i quali prende vita il circo e la gente VA al circo!!! In alcuni libri si legge che gli spazi riservati alle imprese non sono normalmente situati al centro della città, ma in realtà, da noi sono posizionati in luoghi visibili e facilmente raggiungibili. Sicuramente il buon afflusso è supportato anche dalla pubblicità, che viene fatta proprio a 360 gradi. Cartelloni sparsi ovunque, messaggi per radio e lo sbigliettamento ai semafori dove a volte si fa a gara per aggiudicarsi un biglietto omaggio o una riduzione.

A tal proposito mi preme raccontare dello spettacolo presentato dal Circo Cesare Togni, in cartellone a Catania dal 19 Dicembre 2008 al 26 Gennaio 2009.

La famiglia di Cesare Togni da oltre 10 anni costituisce l’ossatura degli spettacoli dell’American Circus con i suoi numeri di cavalli ed elefanti ed ha affrontato importanti scritture al circo stabile di Budapest,  in Norvegia, in Francia, Portogallo, Svezia, Grecia, Malta. Da giovane trovò «la sua specialità» in una carovana del Circo dei Fratelli Togni, dall’unione di Ugo Togni e Anna De Bianchi;fin da bambino iniziò ad esibirsi in pista diventando un buon acrobata, cavallerizzo e rivelandosi un ottimo trapezista riuscendo a compiere la tripla piroetta, una novità in quegli anni. Negli anni Cinquanta prende le redini del circo paterno che da Circo Nazionale Togni diventò’ il Circo Cesare e Oscar Togni. Nel 1956 fonda l’imponente Circo Massimo con tre piste e un immenso ippodromo. Fino alla definitiva denominazione di Circo Cesare Togni.  Negli anni 70 fondò il primo circo che viaggiava su container e solo in ferrovia e successivamente il circo a tre piste di Cesare Togni

 Con la scomparsa di Cesare Togni il circo italiano perde un grande uomo, di grande spessore umano ed artistico. Ma la sua eredità è nelle mani di figli, nipoti e pronipoti che con tenacia e passione continuano a portare alto il nome di Cesare Togni.

Nella mia città il tendone è situato non al centro storico ma in un sito facilmente raggiungibile. Il “lungomare della playa”, in cui spiccano gli automezzi dimora degli stessi artisti e degli animali, è animato dai colori del tendone che già da lontano invitano il pubblico. Dal punto di vista logistico credo sia proprio un’ottima collocazione di richiamo, considerata dai cittadini, così come dagli enti pubblici, il luogo “tipico e prediletto” dove poter allestire lo chapiteaux, dato anche dalla presenza della sabbia, elemento fondamentale per la presenza degli animali.

Le tribune erano quasi tutti piene; la gente attendeva l’ inizio, tra mille colori, mille note musicali…1,2,3…e  via!ecco sul palco il presentatore Rudy, ecco l’esordio agli applausi e alla felicità dei bambini che  non attendevano altro che l’arrivo di Gianni Bisbini, clown augusteo per eccellenza che nella seconda parte dello spettacolo presenta un numero insieme al fratello Rudy, in cui si esibiscono come clown musicali. Storicamente la figura del clown, come ben sappiamo, era vista come marginale per lo spettacolo, come la figura che doveva far rilassare il pubblico dopo aver assistito ad esibizioni mozza fiato. Ma dopo la nascita del clown bianco e dell’Augusto, e grazie ad alcuni artisti che hanno portato tale figura a livelli alti, per di più arrivando al passaggio dal teatro al circo come Ducrow che riportò ciò che Joseph Grimaldi aveva iniziato come pantomima in teatro in pista, acquista grande importanza. Da questo momento in poi il clown avrà un suo numero, non sarà più artista che presenta il proprio numero in maniera comica (giocoliere comico, cavallerizzo comico…), ma un protagonista che riesce a costruire storielle anche di una certa durata.

 

La sua semplicità, il suo essere vero in pista è l’elemento che più risalta ai miei occhi; sento come se i personaggi non fossero costruiti, finti, sento che sono così nella vita di sempre, hanno una comicità nell’animo che naturalmente tirano fuori nei momenti in cui è necessaria.

E’ incredibile vedere anche come in pochi minuti, o forse secondi, gli addetti ai lavori riescono a montare e smontare la pista… tra un pezzo e l’altro il tappeto dove prima si era esibito il Duo Pical, acrobati alla bascula, doveva essere tolto per l’entree degli elefanti di Mr Stefan… Una grande catena di montaggio e smontaggio!!!

I numeri aerei hanno aperto il secondo tempo con la troupe Mendez, formata da Roberto che presenta il triplo salto mortale, il porteur  Felix e le due ballerine Linda e Adriana. Volavano sulle nostre teste e ad ogni passaggio la gente faceva sospiri di sollievo, come ad uscire fuori dall’apnea in cui erano stati fino alla fine dell’esecuzione del numero.

Uno spettacolo senza un filo conduttore, non un teatro di rivista; qui era una sequenza di numeri, alternati tra scuola di equitazione, gli esercizi alla fune di Yana, e ancora così fino alla fine dello spettacolo.

Quest’ultima un vero capolavoro: gli artisti sono usciti tutti insieme, vestiti con abiti da gran galà, fermandosi in semicerchio e applaudendo, come se gli artisti fossimo stati noi, noi i protagonisti… in realtà è un po’ così, siamo noi spettatori i protagonisti dello spettacolo, siamo noi a far crescere quel brivido che nasce dentro fino ad arrivare all’artista..ed ecco un applauso reciproco, una stima che va oltre il salto mortale o lo schiocco della frusta.

Alla fine dello spettacolo sono stato dietro le “quinte” per complimentarmi della bravura degli artisti, e sul viso di ognuno di loro ho letto una stanchezza splendida, frutto della loro gioia del lavoro…

La concitazione del momento purtroppo non mi ha concesso la possibilità di scambiare molte parole con loro, ma un particolare evento ha lasciato un segno profondo nella memoria della serata trascorsa: mentre parlavo con Gianni ecco arrivare dalla platea una bimba. Pensavo fosse una piccola spettatrice contenta e desiderosa di incontrare i suoi eroi, ed invece dalla sua bocca viene fuori una delle parole più belle del mondo: PAPA’….  

Un turbinio di nuove emozioni ed una nuova domanda nel cuore: chissà cosa prova una bimba nel vedere il proprio papà esibirsi in quelle vesti di pagliaccio, con il naso rosso e le scarpe almeno tre o quattro taglie più grandi del solito…

a Cognita Design production
Torna in alto