Ieri il II appuntamento con Vincenzo Pirrotta e i “Dialoghi con il personaggio”

Prosegue il ciclo promosso dal Teatro Stabile di Catania e
dal Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università

CATANIA – Faust e il suo inestinguibile Streben. Quell’anelito interiore che non è solo inesauribile sete di giovinezza e conoscenza. Ma è di più, molto di più. È tensione verso l’alto, che lo porta ad osare, ad andare oltre i limiti fisici e intellettuali dell’uomo.
 Tema più universale non poteva porsi per il secondo appuntamento con Vincenzo Pirrotta e il ciclo “Dialoghi con il personaggio”, promosso dal Teatro Stabile di Catania diretto da Giuseppe Dipasquale e dal Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università guidato da Carmelo Crimi.
Il progetto è stato concepito dal direttore dello Stabile, Giuseppe Dipasquale, e dallo storico Enrico Iachello, docente presso il citato Dipartimento, puntando sulla carismatica energia, scenica ed intellettuale, dell’attore-regista-drammaturgo palermitano, protagonista qui di un intenso laboratorio teatrale, in cui mette a nudo il rapporto di costruzione-immedesimazione che lega l’interprete al personaggio, fino alla condivisione di una sola anima.

Dopo la prima travolgente “colluttazione” tra Pirrotta e Svetlovidov, da “Il canto del cigno” di Checov, questo affascinante itinerario nella drammaturgia è proseguito lunedì 14 gennaio, alle ore 21 al Teatro Musco, con la parabola faustiana, ed in particolare con la sua prima trasposizione teatrale, ovvero “La tragica storia del Dottor Faustus”, possente capolavoro del drammaturgo i Christopher Marlowe, il drammaturgo che portò al massimo livello il blank verse elisabettiano. La creazione, che mutua dalla leggenda popolare l’esito infausto, precede quindi quella goethiana, più celebre e dal finale salvifico.
   Gli spettatori (l’ingresso è libero), parte attiva della performance, hanno dialogato con Vincenzo Pirrotta e tra di loro, per condividere riflessioni ed emozioni, che nel caso del mito faustiano sono profonde e, s’è detto, universali.
In evidenza non è unicamente il patto satanico, ma soprattutto l’interrogativo – sempre attuale, sempre controverso – se sia lecito chiedere più di quello che la natura prevede, se e in che misura la volontà di dominare il mondo con la scienza debba essere circoscritta da limiti e veti, se lo Streben che muove l’uomo sia per lui salvezza o condanna, schiavitù o libertà.
In Marlowe il finale è tragico: Faustus viene punito. Il dramma in blank verse del drammaturgo elisabettiano fu portato in scena in tutta Europa da compagnie inglesi, entrando altresì nel repertorio dei teatri di marionette. È in questa versione che l’adolescente Goethe conoscerà l’opera. Intanto, già nel 1760, la leggenda tedesca era stata oggetto di una rivoluzionaria lettura teatrale da parte dell’illuminista Lessing, il primo a non condannare lo scienziato alla dannazione per la sua sete di sapere e verità. In ciò influenzerà Goethe, che termina infatti il suo “Faust” con la salvezza divina: lo studioso che vende l’anima al diavolo assurge a simbolo della grandezza dell’uomo e della sua instancabile aspirazione verso l’assoluto.
 Il suggestivo percorso intrapreso da Pirrotta proseguirà poi con l’impetuoso Calibano che agita “La tempesta” di Shakespeare (28 gennaio) e ancora con vari personaggi delle tragedie di Vittorio Alfieri (11 febbraio), fino agli eroi-antieroi che danno il titolo a “Edipo re” di Sofocle (18 febbraio), “Enrico IV” di Pirandello (4 marzo), “Prometeo incatenato” di Eschilo (18 marzo). I “Dialoghi con il personaggio” si svolgeranno al Teatro Musco, con l’eccezione della date dell’11 e 18 febbraio, programmate al Monastero dei Benedettini

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