Genitori surrogati e biologici “sul ring”: errore all’Ospedale Pertini

Malasanità o triste coincidenza? Diritto alla genitorialità o diritto superiore dei minori? Il caso del Pertini accende l’opinione pubblica, tra fede, psicologia e legge preponderante…

Ennesimo caso di malasanità?

Si, questo è certo, ma questo non è al momento il problema principale. A questo ci penseranno i tribunali.

Il problema di fondo, quello reale, quello che – forse! – potrebbe risolvere solo il grande buon Salomone, è: di chi sono figli i due malcapitati cuccioli di uomo, ancora nemmeno nati?

Un problema, questo, che divide giuristi, giurisprudenza, psicologi e sociologi e chissà, forse anche la Chiesa, che – per il momento – par non essersi pronunciata.

Due coppie, due come tante, tenta la fecondazione assistita omologa (quando il materiale biologico, quindi seme e ovuli, appartiene ai genitori del nascituro), ma qualcosa va storto: un “errore umano”, una disattenzione (che rientra in un caso certamente di malasanità) porta ad una inseminazione artificiale errata, con istallazione nell’utero sbagliato. In parole povere, l’ovulo viene inserito all’interno dell’utero sbagliato. Anzi, in questo caso si tratti “di ovuli”!

Due gemelli, insomma, concepiti da una coppia, che saranno però partoriti da un’altra.

Ma di chi sono i figli? Di coloro che li hanno concepiti, o di chi per nove mesi li ha portati in pancia, accudendoli, amandoli e nutrendoli? È qui che nasce l’equivoco, certamente di non facile risoluzione.

I genitori biologici minacciano di adire le vie legali, qualora i bambini non fossero “istantaneamente riconsegnati” a loro al momento della nascita, rivendicando il loro “diritto di essere genitori”. ‘I veri genitori siamo noi, gli unici. I bambini devono avere il nostro cognome fin da subito, appena nati. Andremo all’anagrafe per segnarli come nostri. Ce li dovranno restituire’, dichiara il padre biologico.

Ero in sala d’attesa con mio marito (sono entrambi impiegati, lei in una società privata, lui in un’azienda di trasporti pubblici, ndr ). Insieme con noi, c’erano le altre coppie. Ero tesa, emozionata. A un certo punto mi ha chiamato un’infermiera e mi ha detto: “Prego, signora, venga”. Sono entrata nella sala, saranno passati una decina di minuti e quella stessa infermiera mi ha detto: “Ci scusi, signora. Ma non tocca a lei: ha un cognome simile a un’altra, l’abbiamo chiamata per errore”. Sono uscita e ho aspettato nuovamente che arrivasse il mio turno. Lì per lì, non ho avuto alcun sospetto. Certo, sapendo quello che è accaduto adesso mi spiego molte cose…’, racconta la madre biologica.
Uno scambio di provette a causa di cognomi simili: questo è la triste realtà, alla base della clamorosa vicenda.

Dal canto loro, i genitori vittime – ora consapevoli – di una “maternità surrogata involontaria” par che siano sordi alle infinite richieste di dialogo, avanzate dai genitori biologici. Pur nel timore di eventuali risvolti, poi non molto lontani, dato che la nascita dei due gemellini (un maschio e una femminuccia) è prevista per il prossimo mese di agosto, preferiscono continuare a godersi la fine della gravidanza, l’infinita gioia di questa attesa, che riempirà loro la vita.

Ma non solo di gioie, par assodato!

Magari avremmo potuto trovare una soluzione – ripetono, affranti e un po’ spaventati, i genitori biologici -. Siamo quattro persone ferite e addolorate, unite da un destino diabolico. La felicità che spettava a noi è toccata ad altri. Quei due signori si sono comportati in modo irresponsabile. Spariti, non hanno mai risposto ai nostri appelli. Comprendiamo il loro stato d’animo. Sappiamo però che essere madre e padre significa preoccuparsi di tutelare prima di tutto i bambini. Far finta di niente, sfuggire agli appelli e portarci ad uno scontro inevitabile vuole dire non fare il bene di nessuno’.

Lo scontro a colpi di inchiostro e atti giudiziari era stato annunciato e adesso è già iniziato.

L’avvocato Pietro Nicotera, legale dei genitori biologici, ha presentato un ricorso d’urgenza, con il quale chiede ai giudici di ordinare che l’uomo e la donna «riceventi», che hanno cioè avuto gli embrioni sbagliati durante un intervento di procreazione medicalmente assistita, forniscano “tutte le informazioni sullo stato di salute dei nascituri nonché dove e quando avverrà il parto affinché i ricorrenti possano formare l’atto di nascita dal quale risultino come genitori”.

Secondo l’avvocato difensore, infatti, c’è il reale rischio che i gemelli vengano registrati come “figli degli altri”. Proprio per questo motivo, ha esplicitamente richiesto nel ricorso al tribunale di “diffidare tutti gli ufficiali dello stato civile presso le anagrafi della Repubblica dal formare l’atto di nascita dei due gemelli in contrasto con la verità genetica’, sottolineando, infine, la necessità di agire in fretta, allo scopo di “evitare un danno grave e irreparabile, sia in relazione all’imminenza del parto, sia per l’integrità psicofisica dei ricorrenti”, dato che i tempi di un procedimento ordinario non farebbero che acuire “il già grave stato di sofferenza e comporterebbero un ulteriore pregiudizio esistenziale”. La vicenda viene inquadrata come caso di «maternità surrogata involontaria- o di fatto -, ma consapevole». 
Nel ricorso risulta punto focale il principio della «genitorialità genetica», l’unica che possa permettere “di tutelare il diritto dell’identità personale e in particolare il diritto di conoscere le proprie origini biologiche di cui saranno titolari i figli dei ricorrenti”. 

I bambini hanno il nostro Dna, ci assomiglieranno. Rinunciare a loro e non garantirgli il diritto a una legittima e certa identità è una scelta crudele, che va oltre i personali egoismi’, insistono i genitori biologici.

Dal canto loro, i “genitori surrogati”, che hanno segnalato l’incompatibilità del DNA, ma hanno comunque deciso di portare a compimento la gravidanza, in considerazione della delicatezza della situazione, chiedono rispetto e riservatezza. Sono difesi dall’avvocato Michele Ambrosini, che sin da subito (si parla del mese di aprile scorso, allorquando l’errore venne a galla) aveva dichiarato ‘Vedremo quel che accade, è stata la mia cliente ad aver denunciato il fatto di non essere la madre biologica. E fino ad ora ha deciso di portare avanti la gravidanza. Ma in questo momento è ancora libera di scegliere… Questa storia è un’ipoteca sulla vita dei genitori e dei bambini’.

Intanto l’ospedale Pertini porge le sue più sentite scuse… assicurando il massimo supporto dei suoi esperti, avvocati e psicologi.

Tante rivendicazioni, tanto dolore, tanti atti di tribunale…

Ma per la legge, di chi sono questi bimbi?

La legge dice che figlio è di chi lo partorisce’, quindi la mamma che sta portando avanti la gestazione ‘non rischia di perdere i figli. Può perderli solo se decide di interrompere la gravidanza’, spiega il giudice costituzionale Ferdinando Santosuosso. ‘La mamma genetica non ha nessun titolo, dal punto di vista giuridico, di rivendicare nulla’.

Che la legge voglia sottolineare il principio, sotteso anche da molta giurisprudenza, che i figli sono di chi li cresce? A conti fatti, quindi, i “genitori surrogati” sono i veri genitori dei nascituri. Dopotutto, sono stati proprio loro a prendersi cura, crescere e nutrire questi piccole creature sino ad ora…

Senza dubbio questa situazione “incresciosa e dolorosa” apre la strada a moltissimi dibattuti casi, sicuramente non uguali nello specifico, ma della stessa fattispecie: l’utero in affitto, dopotutto, ripropone situazioni simili, ma lì c’è un fattore X, la scelta e consapevolezza – responsabile! – di chi “affitta” il proprio utero per 9 mesi, per poi “consegnare” il nato alla coppia materialmente non gestante.

Assodato il parere della legge – che però sappiamo bene, in Italia, non essere purtroppo garante di un diritto, qualunque esso sia -, fondamentale rimane il parere degli psicologi, non tanto per i genitori – biologici o surrogati che siano, non me ne vogliano! -, ma nell’interesse superiore dei minori!

L’avvocato minorile, giudice e scrittrice Simonetta Agnello Hornby ha dichiarato che la cooperazione tra le due coppie – tanto nel caso in cui fossero i “genitori surrogati” a tener con sé i gemelli, quanto in quello in cui fossero disposti a “cederli” ai “genitori biologici” -, sarebbe davvero auspicabile, ma ‘Sarà possibile? O sono diventati oggetto di contesa e possesso per una o per ambedue le coppie? In questa Europa, in cui i diritti si moltiplicano a scapito dei doveri, il diritto di essere padre e madre è ben radicato, mentre i doveri dei genitori nei riguardi dei figli si sono affievoliti notevolmente. E i diritti dei minori, di cui si parla tanto, spesso sono dimenticati…’. La “madre surrogata” – continua Agnello Hornby– ‘Se fosse disposta a amare e tenere i gemelli come figli propri, con il supporto del marito, dovrebbe averli. Non come un diritto di madre, ma come diritto dei minori, che è superiore a quello dei genitori genetici…’. (La Stampa – 29/07/14).

Perché i bambini, figli naturali, legittimi, adottati, stranieri, non sono pedine da spostare a proprio piacimento, non sono pacchi postali: hanno sentimenti propri, una propria ragione e un proprio sentire. E tutto questo i genitori – di qualsiasi specie essi siano! -, la legge, gli organismi che attorno ad essa orbitano, a tutti i livelli e tutti gli esseri viventi “sedicenti adulti e responsabili”, dovrebbero sempre tenerlo in considerazione.

I minori in genere, sin dal momento del concepimento, sono esseri viventi a tutti gli effetti, “soggetti di diritto” che vanno tutelato.

L’errore dell’Ospedale è imperdonabile e sicuramente influenzerà la vita delle due coppie – anche nella loro individualità – per sempre, ma l’interesse dei minori deve essere preponderante.

E poi, non è luogo comune dire che “i figli sono di chi li cresce”?

Portare in pancia i propri figli è già il primo atto di accudimento…

Chissà cosa decideranno i tribunali o, forse, il buon senso degli adulti direttamente interessati?

Solo una riflessione: il 5 settembre 2000, a Roma, Papa Giovanni Paolo II affermò, nel ricevere un gruppo di genitori adottivi «Adottare dei bambini, sentendoli e trattandoli come veri figli, significa riconoscere che il rapporto tra genitori e figli non si misura solo sui parametri genetici. L’amore che genera è innanzitutto dono di sé. C’è una “generazione” che avviene attraverso l’accoglienza, la premura, la dedizione. Il rapporto che ne scaturisce è così intimo e duraturo, da non essere per nulla inferiore a quello fondato sull’appartenenza biologica. Quando esso, come nell’adozione, è anche giuridicamente tutelato, in una famiglia stabilmente legata dal vincolo matrimoniale, esso assicura al bambino quel clima sereno e quell’affetto, insieme paterno e materno, di cui egli ha bisogno per il suo pieno sviluppo umano. Proprio questo emerge dalla vostra esperienza. La vostra scelta e il vostro impegno sono un invito al coraggio e alla generosità per tutta la società, perché questo dono sia sempre più stimato, favorito e anche legalmente sostenuto».

Alla luce di tutto questo, impariamo a riflettere un pò…

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