“Una delle ultime sere di Carnovale”: il capolavoro di Goldoni sulla fuga dei giovani dalla patria

“Un’allegoria dell’addio”: così il drammaturgo veneziano elabora il tema sempre attuale dell’emigrazione intellettuale

goldoni - C ARNOVALE

Una storia del Settecento, anzi di oggi: l’emigrazione intellettuale; la fuga dei cervelli, la diaspora dei giovani. È in questa chiave che il regista Beppe Navello rilegge il Goldoni di Una delle ultime sere di Carnovale, applaudito allestimento in tournée nazionale, che sarà ospite del Teatro Stabile di Catania, dal 20 al 25 marzo, alla Sala Verga. In scena una nutrita compagnia di giovani che annovera Antonio Sarasso, Maria Alberta Navello, Alberto Onofrietti, Diego Casalis, Daria-Pascal Attolini, Andrea Romero, Marcella Favilla, Matteo Romoli, Eleni Molos, Erika Urban, Alessandro Meringolo, Geneviéve Rey-Penchenat, Giuseppe Nitti. Le scene e i costumi sono di Luigi Perego, le musiche di Germano Mazzocchetti, le luci di Gigi Saccomandi, le coreografie di Federica Pozzo. La produzione è realizzata da Tpe – Teatro Piemonte Europa con il contributo straordinario di Fondazione Crt.

Carlo Goldoni, osteggiato a causa delle sue idee riformatrici, fu egli stesso un illustre cervello in fuga e Una delle ultime sere di Carnovale denuncia un disagio che è prima di tutto dell’autore, è “un’allegoria dell’addio”, attraverso la quale il drammaturgo veneziano elabora il tema sempre attuale dell’emigrazione, in particolare di quella intellettuale. La commedia, andata in scena per la prima volta il 16 febbraio 1762, al Teatro San Luca, a coronamento della stagione teatrale che aveva visto Le baruffe chiozzotte e I rusteghi, rappresenta infatti l’ultimo lavoro scritto da Goldoni per Venezia prima della sua partenza alla volta di Parigi, dove era stato chiamato come autore della Comédie Italienne. Impossibile per lui continuare in patria, come evidenzia Beppe Navello nelle note di regia: «Dice Goldoni, nella premessa a questa sua fortunata commedia, di aver voluto raccontare una “metafora” autobiografica: in procinto di partire per la Francia, nel 1762, per sfuggire alle invidie e alle critiche che la sua riforma teatrale suscitava, ha pensato come propria la storia di Anzoletto, disegnatore di stoffe veneziano deciso a portare in Moscovia la sua creatività, anche lui disgustato dalle difficoltà di lavorare in patria. Il tutto attraverso il dipanarsi di una delle tante sere della vita, tra discorsi fatti di nulla, tra il balenare di umori umanamente riconoscibili, tra una partita a carte e una cena tra amici, tra i gesti, le risate e le malinconie attraverso le quali, senza che ce ne accorgiamo, si compiono scelte decisive e irreversibili. Una lingua perfetta e vivace, straniera come il veneziano di trecento anni fa ma facilissima da capire perché diventa quella universale del migliore palcoscenico, ci coinvolge in un’irresistibile condivisione poetica».

L’approdo a questo capolavoro di Carlo Goldoni s’inserisce per Beppe Navello e il TPE in un preciso percorso: «Una delle ultime sere di Carnovale – sottolinea il regista piemontese – costituisce la terza tappa di un’ideale trilogia civile che, dopo l’Alfieri de Il divorzio e il Marivaux de Il Trionfo del Dio Denaro, attraverso i toni irriverenti della commedia settecentesca, ha l’ambizione probabilmente ingenua “di proporre umili pause di riflessione civile a un paese troppo affannosamente confuso nella propria contemporaneità”. È il momento di un’altra perdurante ragione di ansia collettiva, che dopo tre secoli riappare puntuale nel dibattito pubblico italiano: quello della cosiddetta “fuga dei cervelli”, che vede i giovani costretti dall’indifferenza del mondo dei padri, a portare altrove, lontano, la loro voglia di lavorare per il futuro. Chi meglio di una compagnia di giovani attori come quella che abbiamo cresciuto in questi anni a TPE potrebbe portare in scena con altrettanta passione questa storia antica eppure contemporanea?»

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