Da cave a parchi naturali e parchi scientifici

Non mancano in Italia casi di recupero di cave ormai esaurite

E’ stimata attorno ai 30 anni la vita media di una cava che, una volta esaurita, può continuare a rappresentare una ferita nel paesaggio e nell’ambiente circostante. Oppure no. In Italia non mancano i casi di cave e miniere dismesse trasformate in parchi naturali, percorsi turistici e didattici, osservatori panoramici e dedicati al birdwatching. Molti ex cantieri per l’estrazione di materie prime, sottoposti a recupero ambientale, hanno infatti riacquistato valore e ora contribuiscono alla conservazione della biodiversità locale.

Ad esempio, quella che oggi si chiama “Oasi di Baggero” nel comune di Merone in provincia di Como, abitata da anatre e cigni reali, attraversata da percorsi interni naturalistici, dotata di piazzole e punti di accoglienza per osservazione e birdwatching, una volta era una miniera per l’estrazione della marna. Un esempio perfetto di recupero naturalistico che è passato attraverso la creazione di due laghetti alimentati dalla roggia Cavolto, piccolo affluente del fiume Lambro, l’immissione di piante acquatiche e animali che hanno dato vita a un nuovo ecosistema simile a quello preesistente. Le opere di recupero sono state completate nei primi anni ’80 e hanno portato alla realizzazione del parco naturale.

L’ex cava di argilla “Lustrelle” nel comune di Cutrofiano, in provincia di Lecce, è invece diventata un’area di interesse geologico, visto che oggi ospita il Parco dei Fossili e il Museo Malacologico delle Argille. Un parco scientifico e didattico che si estende per circa 12 ettari, realizzato alla fine degli anni ’90 nella ex cava di argille dismessa alla fine degli anni ’70. Nel giacimento a cielo aperto sono esposti gli strati geologici di origine marina ricchi di fossili. Sono stati tracciati dei percorsi per i visitatori mentre nella seicentesca casa contadina vicina alla cava è stato fondato il museo che ospita la collezione di fossili di molluschi anche rari, recuperati nella zona durante l’estrazione del materiale argilloso.

Un altro esempio di recupero, anche se di natura diversa, è quello dell’ex sito estrattivo nel comune di Guiglia, in provincia di Modena che oggi ospita un impianto fotovoltaico da oltre 6 Mw su un’area di oltre 20 ettari nell’ex sito estrattivo che è stato completamente trasformato in sito di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, utilizzando infrastrutture già esistenti. L’impianto è entrato in esercizio nel secondo quadrimestre 2011 e contribuisce a soddisfare il fabbisogno energetico corrispondente al consumo annuale di circa 2.000 famiglie evitando l’immissionein atmosfera di circa 5.000 tonnellate di anidride carbonica l’anno.

La cava Gavota Noisa, che interessa i comuni di Robilante e Roccavione in provincia di Cuneo, ha subito un processo di recupero ambientale con l’obiettivo di incrementare la biodiversità del sito mediante la creazione di due specchi d’acqua e il rimboschimento con piante tipiche dell’ambiente montano. Il progetto di recupero della cava ha l’obiettivo, oltre a quello di raggiungere il graduale reinserimento dell’area nel contesto territoriale, di incrementare il grado di biodiversità e il valore naturalisticoi del sito con un aumento del 160% della superficie forestale rispetto allo stato attuale.

Work in progress anche per la cava di marna e calcare Ponte Oliveti che interessa i comuni di Lasino e Calavino, in provincia di Trento, per minimizzare gli impatti visivi e attuare il graduale recupero ambientale. Il progetto iniziale, sviluppato negli anni ’60, prevedeva infatti la coltivazione della cava a gradoni, dal basso verso l’alto e, coltivando due distinti materiali, si avevano contemporaneamente più fronti di scavo aperti con un notevole impatto visivo.

Negli anni ’90 è stato rivisto il progetto di coltivazione della cava modificandolo dall’alto verso il basso e realizzando, al posto dei gradoni, delle scarpate con pendenza variabile in modo da armoinizzare la morfologia con il paesaggio circostante. Sono stati minimizzati così gli impatti visivi e avviato il recupero ambientale. Inoltre, i monitoraggi floristici e faunistici attuati, hanno registrato la presenza di 54 specie di uccelli, 8 specie di mammiferi, 6 specie di rettili, 6 di anfibi e 26 habitat.

Anche la cava di Valle Oscura nel comune di Galbiate, in provincia di Lecco, situata all’interno del parco naturale del Monte Barro, è un esempio di come si possa minimizzare l’impatto visivo della coltivazione. Il progetto di recupero ha l’obiettivo di creare un nuovo ambiente simile a quello delle aree circostanti non interessate dall’attività estrattiva attraverso un rimodellamento dell’area e il potenziamento dei valori di biodiversità presenti nell’area del parco naturale.

(Fonte: Adnkronos) 

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