Con “La Sicilia al femminile e non solo…” il Prof. Goffredo Arena, un’eccellenza della Medicina, figlio della nostra terra

La nostra rubrica prosegue tra le tante e varie voci de “La Sicilia al femminile e non solo…” incontrando il Prof. Goffredo Arena che, nato a Catania, è un’eccellenza della Medicina nel campo della ricerca oncologica per la diagnosi precoce dei tumori

 

La storia del Prof. Goffredo Arena ha delle radici profonde: la sua bravura lo ha portato in Canada per molti anni dove, classico epilogo per “un cervello in fuga”, vi trova onori e fama. Ma la sua è anche, e soprattutto, la singolare storia di “un cuore che ritorna” come egli stesso più volte ha avuto modo di definirsi.

Specializzato nella lotta ai tumori, la sua attività di ricerca, lontano dalla Sicilia, si concentra sulla diagnosi precoce del “male oscuro” e sullo studio dei meccanismi molecolari, proponendo un modello teorico alternativo all’attuale “modello metastatico” che lo rende famoso in tutto il mondo.

Ha lavorato per 20 anni in Canada, a Montreal, dove è stato Professore associato di Chirurgia e Patologia alla McGill University e, come chirurgo, al St. Mary’s Hospital e Royal Victoria Hospital si è impegnato non solo nella chirurgia oncologica ma anche nei trapianti di fegato, rene e pancreas.

Nel 2015 ha depositato un brevetto sullo screening precoce sul cancro il “MaterD” (Metastatic and Transforming Elements Released Discovery Platform), capace di identificare i tumori ancor prima che si formino, e del quale brevetto ha voluto fare opera di donazione all’umanità rendendolo pubblico e rinunciando a tutti diritti economici.

Col suo ritorno in Sicilia il Prof. Arena assume il ruolo di Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale e Oncologica dell’Ospedale G. Giglio di Cefalù.

Una grande forza e determinazione caratteriale lo contraddistinguono ma anche una naturale semplicità e proiezione verso il prossimo, che poi sono le marcate caratteristiche delle persone veramente grandi nei fatti: tanti i premi e i riconoscimenti ricevuti, come il recente “Aquila d’Argento 2022” ma, come più volte ha avuto modo di dichiarare Arena: “Ogni premio che ricevo è un’occasione per comunicare la mia storia…”.

Una bella storia, la storia di “un cuore che ritorna”, dicevamo all’inizio, e che tiene fede ad una promessa fatta…

Ma diamo la parola al Prof. Goffredo Arena perché sia lui stesso a parlarne:

D – Prof. Arena la sua è una di quelle belle storie che solitamente si definiscono essere di “un cervello in fuga” e quindi le chiediamo: dopo 20 anni di attività professionale e una brillantissima carriera in Canada cosa l’ha spinta a ritornare in Sicilia?

R – Mi ha spinto a tornare il desiderio di mantenere la promessa che avevo fatto a mia madre in punto di morte; lei mi aveva chiesto di tornare un giorno in Sicilia, mi aveva detto: “Vai, viaggia per il mondo però un giorno torna perché questa terra ha bisogno di te”. E dunque il desiderio di rispettare questa promessa mi ha spinto a ritornare. Molti, come ho detto già in altre occasioni, mi hanno chiesto, specialmente nei momenti di maggiore sconforto, se rifarei la scelta che ho fatto e come ho scritto in alcuni post sebbene il Canada sia la mia seconda patria,  la patria che mi ha dato la vita, in termini professionali, il ritorno a casa alle proprie radici è un momento unico, speciale e magico: il momento in cui l’uomo che era si incontra con l’uomo che sarà, il momento in cui ciò che sarai si incontra con ciò che eri, il momento in cui il futuro crea il presente e non viceversa. Si torna non perché si vuole ricevere qualcosa ma perché si vuole dare tutto, si torna non perché si vuole essere ringraziati ma perché si vuole ringraziare: un cuore torna a casa non per essere amato ma per amare. E ancora oggi nonostante le molte persone che mi chiedono “Se, potendo tornare indietro, rifarei la scelta che ho fatto?” io semplicemente “Rispondo che non tornerei una volta ma cento volte”.

Il Prof. Goffredo Arena riceve il Premio “Aquila d’Argento 2022”

D – Lei si occupa in prima linea di lotta ai tumori e di ricerca. Come sta proseguendo in Sicilia a tal proposito?

R – La ricerca continua, anche se a piccoli passi, però continua. Ho un laboratorio a Viagrande, al centro IOM, dove stiamo continuando quelle ricerche che avevo intrapreso in Canada, ho ancora in corso alcune ricerche che faccio con alcuni collaboratori che ho lasciato in Canada e ci sono le ricerche che sto continuando con Aurelio Lorico, il mio partner, che lavora attualmente sulle ricerche di una cura farmacologica contro i tumori: il nostro incontro di qualche anno fa è sbocciato in una meravigliosa amicizia, basata sul desiderio di poter servire l’umanità e di poter dare all’umanità una cura contro i tumori. Per cui la ricerca in questo momento ha assunto un ruolo locale, in Sicilia, e un ruolo internazionale con le collaborazioni in Canada e negli Stati Uniti. Il desiderio mio e di Aurelio è quello un giorno di poter fare gli studi qui insieme, in Sicilia, così come c’eravamo prefissati anni fa: il nostro sogno è quello di creare un laboratorio dove potremmo lavorare insieme e finalmente dare una risposta ancora più concreta a quelle che sono le esigenze terapeutiche per contrastare una malattia così fatale. Aurelio al momento ha già sintetizzato alcuni farmaci che in vitro agiscono contro i tumori e la cosa assurda è che questi farmaci sono prodotti a Palermo, vengono testati negli Stati Uniti per poi ritornare in Sicilia: la cosa assurda è un giro infinito che si potrebbe assolutamente evitare con la buona volontà degli amministratori pubblici e con l’aiuto che loro potrebbero elargirci e così permettere di poter fare questi studi totalmente in Sicilia.

D – Come vengono affrontate le patologie, le cure, le degenze in America rispetto a noi, qui in Italia?

R – Allora il sistema italiano è un ottimo sistema. Ricordiamoci che il sistema italiano paga le cure per tutti quanti gli ammalati, cosa che viene fatta pure in Canada ma che non avviene negli Stati Uniti dove la cura sanitaria è privata. Dunque l’Italia sotto questo punto di vista, sotto il punto di vista del servizio è veramente un esempio. Il Servizio Sanitario Nazionale, anche con tutti i difetti che ha, è veramente un fiore all’occhiello. Le differenze principali che vedo sono nell’aderenza alle linee guida: mentre in Nord America c’è una aderenza pressoché totale a quelle che sono le linee guida in Italia ancora non c’è questa fedeltà a quelli che sono i principi che vengono dettati nelle linee guida. Vedo molti colleghi che agiscono fuori da queste linee, che magari si avventurano in interventi o fanno procedure non previste dalle stesse e, soprattutto, dicono cose non coerenti con le linee guida creando poi confusione nei pazienti. Ma, a parte questo, il grado di conoscenze in Italia e il grado di servizio che la cosa pubblica offre ai pazienti non ha veramente nulla da invidiare al Canada.

D – C’è qualche episodio che nel passato ha segnato o in qualche modo ha indirizzato la sua scelta professionale?

R – In realtà non c’è un episodio particolare che mi ha spinto a fare il chirurgo. Il desiderio di fare il chirurgo è nato dalla voglia di poter servire i pazienti in maniera concreta e in maniera completa: un internista fa una diagnosi e cura il paziente con i farmaci ma poi ha bisogno del chirurgo in patologie più particolari, chirurgiche. Per cui il mio desiderio di diventare chirurgo era di cercare quella completezza nella prestazione che poi è una traduzione di quello che è il desiderio di poter offrire una completezza da un punto di vista etico, morale e professionale. Il desiderio di diventare ricercatore invece è un desiderio che è nato proprio dalla questa promessa fatta a mia mamma: mia mamma prima di morire, mentre parlavamo cinque giorni prima, mi strappò una promessa che era quella di tornare in Sicilia un giorno e io le feci la promessa che avrei fatto qualcosa per sconfiggere le malattie tumorali.

D – Qual è il suo rapporto con i giovani studenti in Medicina e c’è un sogno, una prospettiva futura di cui le piacerebbe essere testimone di consegna?

R – Il rapporto con gli studenti di medicina o con gli specializzandi in chirurgia è un rapporto molto particolare in quanto io credo tantissimo al valore della trasmissione delle conoscenze. Purtroppo in Italia questo è un concetto che non è applicato pienamente, in Italia ancora vigono i concetti di rubare con gli occhi o di non insegnare perché ci rubino il mestiere. Io, per fortuna, sono cresciuto in una realtà diversa in cui l’insegnamento è visto come una eredità lasciata ai posteri, come in realtà è l’unica verità che lasciamo. Io insegnando agli studenti e agli specializzandi, in qualche modo, tocco la vita di persone che mai vedrò sulla Terra perché insegnando ai giovani chirurghi, in qualche modo, opererò io tramite loro, nel futuro, persone che mai incontrerò: e il futuro del futuro significa proprio questo. Insegnando alle giovani generazioni chi è nel presente diventa futuro del futuro e il futuro del futuro altro non è che l’immortalità. Dunque io vivo questa missione di insegnamento in una maniera quasi filosofica e sono sempre convinto che l’allievo debba superare il maestro, è una regola, è una legge, perché indica che il maestro ha veramente insegnato: per regola l’allievo supera il maestro perché l’allievo incomincia da dove il maestro è arrivato. Dunque riceve in eredità quel bagaglio che il maestro ha acquistato in vent’anni, in trent’anni di attività scientifiche chirurgiche per cui è normale che debba diventare migliore di lui. Lo vivo come una gioia e vorrei che venisse concepito come una gioia, ma non solo a livello medico ma sotto tutti i livelli, in tutti i campi. Forse questa è una cosa in cui l’Italia deve praticamente cambiare perché un’eredità costituita da soldi, da un patrimonio economico/finanziario, prima o poi sparisce ma, di contro, un’eredità che si lascia insegnando e educando le coscienze e i cervelli, di coloro che rappresentano il futuro, è una eredità dal valore inestimabile.

D – Cosa sente che porterà sempre con sé della sua Sicilia?

R – Beh, ora sono tornato in Sicilia per cui non ho niente, come dire, da portare ma solo qualcosa da dare. Posso dire, se posso rispondere a questa domanda facendo riferimento a quello che mi portavo da questa terra ogni volta che ritornavo in Canada, dopo essere stato in villeggiatura o in vacanza qui, quello che ti porti è il fuoco, è la passione, è la capacità di resilienza, quella capacità di lottare contro tutto e contro tutti che è tipica di questa terra: il vulcano Etna, io sono nato alle pendici di questo vulcano, dove questa energia indomabile è un qualcosa che ti porti ovunque, ovunque tu sia. La capacità di poter trarre dal male il bene è una caratteristica siciliana che chi vive ai piedi di un vulcano, come dire, sperimenta costantemente; il vulcano può essere fonte di distruzione come può essere anche fonte di crescita; quello che ti porti dietro è la capacità di poter relazionarti con tutti perché il siciliano è una razza che è costituita da tante.

La Sicilia è stata terra di conquista da parte di tante culture e dunque è un patrimonio immenso che tu porti, che noi portiamo già nel nostro DNA: e te lo porti con te a spasso per il mondo dovunque tu vada. E il desiderio di tornare c’è e ci sarà sempre: io sono tornato e sono contento, nonostante tutti i problemi che attraversi ogni giorno, perché comunque la Sicilia è un qualcosa che ti rimane dentro. È una terra maledetta e benedetta. Maledetta perché non ti lascia mai e quando torni devi stare a lottare per conquistare il suo amore. Benedetta perché chi nasce in questa terra sperimenta cose che, in tanti altri posti, non sperimenterà mai.

Grazie al Prof. Arena per aver condiviso con noi la sua meravigliosa e significativa esperienza professionale e di vita che ci ha particolarmente emozionati anche per il suo approccio con le giovani leve della medicina.

Rinnoviamo l’appuntamento su queste pagine per “La Sicilia al femminile e non solo…” che, ricordiamo, vuole essere uno spazio di incontro con varie personalità del mondo femminile (e non solo…) della nostra Sicilia che, nei diversi ambiti socio-culturali, esprimono le proprie potenzialità offrendo, grazie alle loro esperienze, dei valevoli spunti di riflessione.

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