Giovedì 26 luglio alle 21, nel Cortile del Monastero dei Benedettini, andrà in scena lo spettacolo “La scortecata”, di Emma Dante, liberamente tratto da “Lo Cunto de li Cunti” di Giambattista Basile, con Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola
La rappresentazione – organizzata da Artelè in collaborazione con Teatro della Città e Città Teatro – è inserita nel calendario di eventi “Porte aperte Unict 2018 – Dialoghi migranti” che fino al 1° agosto ospita concerti, proiezioni, spettacoli teatrali e incontri negli edifici storici dell’Università di Catania
Lo spettacolo fa inoltre parte del ciclo “Nuovo teatro” che propone quattro testi rappresentativi della nuova drammaturgia siciliana. Un percorso che va oltre la prosa pura e si inoltra nella ricerca, sperimentando contaminazione di generi e commistione di stili per conquistare siti alternativi e portare il palcoscenico tra la gente.
“Lo cunto de li cunti overo lo trattenimiento de peccerille”, noto anche col titolo di “Pentamerone (cinque giornate)”, è una raccolta di cinquanta fiabe raccontate in cinque giornate. Prendendo spunto dalle fiabe popolari, Giambattista Basile crea un mondo affascinante e sofisticato partendo dal basso. Il dialetto napoletano dei suoi personaggi, nutrito di espressioni gergali, proverbi e invettive popolari, produce modi e forme espressamente teatrali tra lazzi della commedia dell’arte e dialoghi shakespeariani.
“La scortecata” è “lo trattenimiento decemo de la iornata primma” narra la storia di un re che s’innamora della voce di una vecchia, la quale vive in una catapecchia insieme alla sorella più vecchia di lei. Il re, ingannato dal dito che la vecchia gli mostra dal buco della serratura, la invita a dormire con lui. Ma dopo l’amplesso, accorgendosi di essere stato imbrogliato, la butta giù dalla finestra. La vecchia non muore ma resta appesa a un albero. Da lì passa una fata che le fa un incantesimo e diventata una bellissima giovane, il re se la prende per moglie.
Le due vecchie, sole e brutte, si sopportano a fatica ma non possono vivere l’una senza l’altra. Per far passare il tempo nella loro misera vita inscenano la favola con umorismo e volgarità, e quando alla fine non arriva il fatidico: “e vissero felici e contenti…” la più giovane, novantenne, chiede alla sorella di scorticarla per far uscire dalla pelle vecchia la pelle nuova.