Acquarello che passione: oggi intervisto il pittore Fausto Sutera

Le prime testimonianze dell’impiego degli acquerelli come strumenti decorativi risalgono al 1300 a.C., epoca degli antichi egizi che utilizzavano questi colori per l’illustrazione di alcuni testi. Ritenuta erroneamente una tecnica facile l’acquarello è invece frutto di elaborate linee e colori che abilmente si mescolano tra di loro.

L’artista che si pone di fronte ad una tela o ad un foglio immacolato prima di eseguire una pinto ad acquarello deve avere ben chiare le idee di cosa vuol realizzare poiche’ il colore, una volta messo su foglio, tende ad asciugare subito  ed, eventuali errori o ripensamenti da parte del pittore,  potrebbero non rendere il lavoro finale “pulito” ed omogeneo. L’acquarello rimane, tuttavia,  una delle piu’ affascinanti e sublimi forme d’arte dando al risultato finale quella “patina” antica che riecheggia arcaiche  tecniche e romantiche visioni.

Oggi per il Globus Magazine intervisto uno dei piu’ bravi acquarellisti della Sicilia: l’architetto Fausto Sutera. Fausto come ti definisci artisticamente parlando?

“Penso di essere eclettico ed avere vari interessi artistici.  Per esempio sono architetto, quindi progetto edifici e spazi in cui le persone devono vivere e socializzare. Sono designer, progetto cavalletti in legno per pittura ad acquarello, cercando di accontentare le esigenze dei clienti: dal modello più piccolo, che entra in uno zaino, a quello più grande, da estemporanea, passando da quello trolley. Disegno da quando ero piccolo, vincendo nel tempo vari concorsi, e mi piacciono quasi tutte le tecniche artistiche. Però sono innamorato della tecnica dell’acquarello, diventando un professionista e un insegnante con corsi in tutta Italia. Ho scritto un libro, nel 2010, sugli Aforismi e alcune poesie pubblicate dalla Montedit; inoltre suono la chitarra”.

Quali sono i tuoi soggetti prediletti e perché?

“Al momento prediligo i paesaggi e le composizioni Still Life, ma in futuro voglio realizzare dipinti su nudi e visi. Il mio soggetto preferito è il paesaggio, rurale, marino o urbano, non importa….mi piace reinterpretare quello che vedo e darne una atmosfera diversa, poetica ed onirica”.

Quanto conta per te la tecnica a discapito dell’intuizione del momento?

“Veramente cerco sempre un connubio tra le cose: certe volte, devo preferire l’immediatezza e la spontaneità e certe altre, devo scegliere una tecnica più accurata e ricercata….l’importante è la ricerca dell’equilibrio”.

Chi sono stati i tuoi maestri a quali autori del passato hai fatto riferimento per migliorare la tua tecnica?

“I riferimenti del passato sono John Singer Segent e, per certi versi, anche Turner. Invece, i miei maestri sono stati i migliori acquerellisti al mondo: Alvaro Castagnet, Joseph Zbukvic, Prafull Sawant, Igor Sava, Massimiliano Iocco, Roberto Zangarelli, Antonio Giacomin e Keiko Tanabe”.

Tu sei un architetto come è nata questa tua passione per la pittura ad acquarello?

“Ho lavorato, oltre che a Palermo, nelle maggiori città italiane come Roma e Milano.  Noi architetti siamo abituati a realizzare elaborazioni grafiche con vari software per rendere i progetti vicino alla realtà, come se fosse una foto.  Il tutto per far immaginare al cliente come potrebbe essere il suo edificio, il suo spazio. Tornato a Palermo ho sentito il bisogno di tornare alle origini, ovvero quando gli architetti coloravano i disegni e volevo tornare bambino, invece di sterili e freddi render. Così mi avvicinai all’acquarello, ritenendo questa tecnica quella più veloce, spontanea e meno invasiva. In realtà, conosciuto l’acquarello non pensai più di colorare i miei progetti, ma di diventare un acquerellista professionista”.

Di recente molti piccoli alunni e non soltanto si sono rivolti a te per imparare le tecniche basi per  realizzare un “perfetto” disegno ad acquarello. Come è nata questa idea?

“Mi piace insegnare, trasferire parte di me, vedere i progressi dei corsisti piccoli e grandi. Non importa l’età di chi si avvicina all’acquarello, ma solo la voglia di imparare”.

Raccontaci la tua recente esperienza alla Biennale Internazionale Sicily Trinacria che si è svolta mesi or sono a Palermo?

“È stata una bella esperienza, in una location formidabile con una curatrice presente ed attenta alle esigenze di ogni artista. Mi piace giocare di squadra, quando si può, e una collettiva un po’ lo è. Sono soddisfatto del risultato e dell’impatto che ha avuto nella città”.

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