A Messina “ASSASSINIO NELLA CATTEDRALE” di T.S. Eliot nella bella interpretazione di Moni Ovadia

Un meritato successo al Teatro “Annibale di Francia” per la famosa opera teatrale di Thomas Stearns Eliot con protagonista Moni Ovadia accanto a Marianella Bargilli e la regia di Guglielmo Ferro

Il noto dramma del teatro contemporaneo “Assassinio nella cattedrale”, di Thomas Stearns Eliot, è stato portato in scena al Teatro “Annibale di Francia”, sabato 16 e domenica 17 marzo, con la bella regia di Guglielmo Ferro,  nell’ambito della programmazione della XII Rassegna “Turi Ferro”- Stagione 2023/2024.

Giunta alla Città dello Stretto, reduce dai successi di una lunga tournèe, l’opera teatrale, fortemente significativa per la letteratura e per il teatro contemporaneo, è espressione del genio di Eliot che, acutissimo osservatore dell’umanità, attraverso i delicati percorsi della sua drammaturgia ci conduce lucidamente tra le difficoltà persistenti nel conciliare “gli opposti” che hanno segnato e segnano il destino della civiltà umana. Quindi qual è la giusta formula quando l’umanità è divisa tra Fede e Ragione, Stato ed Individuo, Libertà e Costrizione? Il ciclo trasversale ed atemporale della condizione umana si ripropone, allora come oggi, insieme alle costanti che la condizionano.

Il dramma di Eliot porta la data del 1935 e non a caso, a suo tempo, fu interpretato dal pubblico come una palese critica ai regimi totalitari: portato in scena nello stesso anno in cui fu scritto, proprio nella Cattedrale di Canterbury, in breve sintesi narra la storia di Thomas Becket, Arcivescovo di Canterbury, che, dopo sette anni passati in Francia, ritorna in Inghilterra nel 1170 con la consapevolezza di doversi scontrare con il re Enrico II. Il sovrano, infatti, è determinato a ristabilire la superiorità del potere temporale e vuole limitare il potere del clero il più possibile. Becket, da un passato ruolo di Cancelliere fidato di re Enrico II ad Arcivescovo di Canterbury, non ha dubbi a scegliere una precisa e chiara direzione: quella di seguire Dio con fierezza e ciò sgretola e rompe il rapporto che ha avuto con il sistema dello Stato ed il Re.

Becket è consapevole che contro la decisione del re non potrà fare nulla e accetta l’epilogo drammatico che lo attende: sarà pugnalato a morte, dentro la Cattedrale di Canterbury, durante i Vespri del 29 dicembre 1170.

A nulla varranno i tentativi dei suoi seguaci (interpreti con giusta enfasi da Mario Opinato, Pietro Barbaro e Plinio Milazzo) che lo supplicano di fuggire e di salvarsi come anche i tentativi e le velate minacce dei sicari/tentatori che lo accerchiano più volte: Becket seguirà il suo cammino e il suo cuore che gli detta, a qualsiasi costo, di non cedere mai a compromessi nella difesa dei valori di Cristo e della Chiesa.

“La fine sarà data da Dio” declama il solido Moni Ovadia, nel ruolo che perfettamente ricopre di Thomas Becket, nonostante gli incisivi avvisi dei tre tentatori/sicari (ben resi da Agostino Zumbo, Daniele Gonciaruk e Francesco M. Attardi) sulla scena tutti in abiti neri, più un quarto determinato demoniaco/tentatore, anch’esso in nero con mantello e cappuccio, un ruolo affidato a Marianella Bargilli che con vero pregio, grazie all’appropriato timbro vocale, ne rende la “suadente ed inquietante” cifra.

Ispirandosi al modello del teatro greco vi è stato fino alla fine un ampio uso del coro come collante nel divenire della trama (con le valenti Emanuela Trovato, Viola Lucio e, in un doppio ruolo, Marianella Bargilli).

L’uccisione di Becket avviene dentro la Cattedrale, in solitudine, per mano dei tre ambivalenti tentatori/sicari che alla fine con le luci accese del teatro, in una sorta di auto-confessione/arringa accusatoria, si dichiarano sì colpevoli ma “si auto-assolvono” da quasi tutte le colpe puntando il dito anche sulla comunità… “le colpe sono di tutti” e non solo degli esecutori materiali del delitto.

Non possiamo che dire bravissimi e fare i complimenti a tutta la compagnia che meritatamente viene salutata da intensi e calorosi applausi del pubblico mentre si chiude la scena… sulle magiche e delicate note di “My Heart’s in the Highlands”, canto composto musicalmente da Arvo Pärt, sui versi di una poesia di Robert Burns scritta nel 1789…

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