Ironica e tagliente la Guzzanti approda a Messina

Lo spettacolo di Sabina Guzzanti “COME NE VENIMMO FUORI (proiezioni dal futuro)” andrà in scena dal 18 al 20 novembre al Teatro Vittorio Emanuele di Messina

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Nella Foto Sabina Guzzanti

Fin dai suoi esordi, Sabina Guzzanti ci ha abituati ad una comicità esilarante, ma sempre arguta, derivante dalla capacità di fotografare l’attualità e ridicolizzare i vizi umani che degenerano in un malcostume spesso diventato intollerabile.

Non fa eccezione anche il suo ultimo spettacolo “Come ne venimmo fuori (proiezioni dal futuro)”.

Il titolo sembrerebbe di buon auspicio, e forse vuole esserlo, ma l’intero monologo, scritto e interpretato dalla stessa Guzzanti, è una feroce satira sui tempi moderni che non risparmia nessuno, dai grandi economisti liberisti e neoliberisti, ai politici e anche alla gente comune che si è assopita e vive in una sorta di torpore intellettuale in cui scarseggia lo spirito critico e la reazione a quanto ci viene imposto dall’esterno e che è obiettivamente sbagliato.

L’idea di fondo è geniale perché l’azione si proietta nel futuro, quando il mondo ha superato con successo il periodo che va dal 1990 al 2041, definito senza mezzi termini “il secolo di merda”. Una donna (la stessa Guzzanti) sale su un piedistallo e ha a disposizione due leggii per recitare il “discorso delle celebrazioni” che si propone di rivivere, rielaborare e non dimenticare quel periodo storico perché è importante tramandare il ricordo alle nuove generazioni.

Se l’abbigliamento dell’oratrice è buffo ed esagerato, per effetto di pantaloni a zampa di elefante e di un cappello con lunghe piume blu, le sue parole taglienti non fanno sconti al punto da definire l’uomo di oggi “merdolano”. Tra una battuta e alcune riuscitissime imitazioni (Berlusconi, Marcegaglia, Meloni) l’attrice ci dimostra come in questo secolo l’opinione pubblica sia stata strumentalizzata e anche gli intellettuali (o presunti tali), in realtà, parlano senza dire nulla perché non devono smuovere le coscienze.

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Nella Foto Sabina Guzzanti

Nel monologo la Guzzanti dice una cosa molto vera e cioè che “Pensare è l’attività che più di tutte provoca sofferenza”. Leggiamo poco, non affrontiamo i problemi, non ci mettiamo in discussione, non ci misuriamo nella dialettica e nel confronto con gli altri, esprimiamo concetti di cui non abbiamo approfondito l’essenza ma che, magari, abbiamo estrapolato da un post su un social forum.

Vengono presi di mira anche la tecnologia e i social network come Facebook che però non viene mai citato se non con le due lettere FB, spiegando che ci trascorriamo tanto tempo perché abbiamo l’impressione di contare qualcosa. In realtà, in questo secolo, l’essere umano non conta “nulla di nulla”. La tecnologia spesso ci priva del piacere di goderci attimi della realtà: fotografiamo e riprendiamo ogni situazione che poi non rivedremo mai fino a quando dovremo cancellare i file per liberare la memoria del cellulare, liberandoci da una sorta di senso di colpa per non aver mai visionato quel materiale.

Non poteva mancare anche la critica del sistema economico post-capitalista o neoliberista su cui la Guzzanti lavora già da qualche anno nonché il degrado di una classe politica corrotta e abitualmente dedita al delinquere senza alcun timore di essere puniti. Critica allo stesso modo il ventennio berlusconiano che il passaggio al Governo Monti e a quello di Renzi, privo di una legittimazione popolare.

Ma come si può venire fuori da tutto questo riacquistando l’orgoglio di un popolo e di un paese come l’Italia ricchissimo di storia, di arte e di talenti? Dal futuro, la Guzzanti ipotizza una via di uscita, immaginando che arriverà la fortuna quando torneremo a comportarci da esseri umani dotati di audacia, tenacia, spirito critico e intraprendenza. Mi sembra un consiglio da prendere seriamente in considerazione.

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