La triste condizione degli invisibili

Un popolo di invisibili, quello degli esseri umani che si ritrovano a mangiare e dormire alla Caritas, se la fortuna è dalla loro.

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Gente, che nella loro esistenza, ha anche lavorato, si è sposata ha avuto figli, ma poi, la vita, il caso, le amicizie sbagliate, le delusioni ricevute nel corso degli anni, unite alle loro intime fragilità li hanno costretti ad avere come casa la strada.
Persone che non avrebbero mai pensato di arrivare a questo punto di povertà, di amara condizione vitale. Ridotte a vivere per le vie dei centri, vengono chiamate barboni, clochard, senzatetto, vagabondi, ma hanno un nome ed un cognome, una storia, un’infanzia, hanno sentimenti non condivisi sui social.
Alcuni di loro hanno affrontato grandi difficoltà, hanno vissuto storie assurde e per disgrazia si ritrovano all’inferno, ed il loro modo di vivere non diventa un poema dantesco, da studiare a scuola, ma purtroppo la loro cruda realtà.
Una fontanella per lavarsi a cielo aperto, può diventare il più bel bagno di marmo travertino.
Vite gelide, fredde, per letto una panchina, per salotto un marciapiede, i rifiuti della società per cibo ed i frettolosi passanti per televisione. Le loro notti invernali diventano infinite, dove il deserto delle città congela i loro corpi, impietrisce i loro cuori.
Probabilmente durante la loro esperienza di vita non hanno trovato le risposte alle proprie domande esistenziali, probabilmente, non hanno avuto il sostegno della famiglia, un fallimento economico ha trasformato le loro vite in incubo, ma esistono! Anche se la società si benda gli occhi.
Chissà sotto quali vecchie coperte nascondono i loro ricordi, chissà se da bimbi sognavano di diventare ambasciatori, comandanti o vigili del fuoco. Sono persone dai sogni comuni ormai infranti dall’unico fedele amico che le ascolta: l’alcol. La bottiglia di vino diventa il loro camino che riscalda corpo ed anima, o forse è proprio quella stessa bottiglia di vino la causa della loro perdita di identità.
Persone che non riescono ad essere autosufficienti, che vivono ai bordi delle strade aspettando silenziosamente un altro giorno, e poi ancora un altro, ed un altro ancora senza stimoli e spesso senza amore. I loro giorni sono tutti uguali, dopo notti trascorse nei cartoni si svegliano con la speranza di trovare un piatto di pasta caldo donato da un’anima pia. Non chiedono neanche l’elemosina, stanno li, nei loro angoli senza disturbare, angoli che diventano le loro case, come se fossero chiusi dentro una sfera magica, immobilizzati ed a volte in quella bolla di cristallo cade anche la neve.
L’unico scopo degli invisibili è quello del quotidiano sopravvivere, eppure fanno paura,vengono scansati anche se non chiedono niente.
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Vivere nell’avere o nell’essere ? Alcuni nascono da famiglie benestanti, si ritrovano a vivere questa vita per la semplice volontà di abbandonare i beni materiali, per non inquinare le loro decisioni sotto il comando del Dio denaro, capita, che i senza tetto vivano questa condizione per loro scelta, per non rientrare nel sistema sociale che li circonda.
Diversamente, molti sono figli della crisi economica del nostro tempo, quando in un nucleo familiare entrano solo poche centinaia di euro e neanche, quando intere famiglie non riescono a guadagnare più di seicento euro al mese nonostante la loro buona volontà, quando tra le spese, le tasse, gli affitti e nella brutta sorte gli eventuali medicinali da comprare, l’unica strada che riescono ad intraprendere è proprio la strada stessa.
L’uomo è un essere che si adatta,che si piega al volere della vita,che è alla continua ricerca dell’equilibrio, fisico, interiore, mentale, spirituale.
Quasi un’agonia, una spasmodica corsa per raggiungere il proprio benessere, allora lo stesso uomo dovrebbe imparare a non lamentarsi quando è attorniato da amori familiari, quando è fortunato ad avere un lavoro, quando è nella possibilità di avere un tetto sotto il quale dormire avvolto da un profumato piumone, quando è in possesso di un mezzo per spostarsi, quando ha un nuovo abito da indossare, quando vive in salute o semplicemente quando ha il piccolo piacere di bere un caffè con un amico.
Purtroppo l’essere umano , per sua natura, difficilmente comprende con sentito dispiacere la sofferenza ed il disagio altrui a tal punto da immedesimarsi con sensibilità, sfortunatamente il più delle volte la fratellanza non è un’inclinazione spontanea e naturale per tutti, e sembrerebbe continuando così le cose che la strada resterà per molto tempo il tangibile mondo dei clochard.
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