Al Teatro Stabile di Catania va in scena “Il misantropo”

Dal 5 al 14 maggio, “Il misantropo” di Mòliere, una nuova produzione targata Teatro Stabile di Catania. Adattamento e regia di Giovanni Anfuso. Interpreti principali Rosario Minardi, Sebastiano Tringali, Giovanni Argante, Giovanna Di Rauso.

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Capolavoro della drammaturgia universale, Il misantropo di Molière è la nuova, attesa produzione del Teatro Stabile di Catania, che sarà in scena alla sala Verga dal 5 al 14 maggio. Un allestimento che schiera nomi di rilievo del panorama teatrale. Adattamento e regia sono di Giovanni Anfuso, le scene di Alessandro Chiti, i costumi di Riccardo Cappello, le musiche di Nello Toscano, le coreografie di Amalia Borsellino, le luci Salvo Orlando; assistente alla regia è Agnese Failla. In scena agiscono Rosario Minardi (nel ruolo del titolo, ossia Alceste, innamorato di Célimène), Sebastiano Tringali (Philinte, amico di Alceste), Giovanni Argante (Oronte, innamorato di Célimène), Giovanna Di Rauso (Célimène, innamorata di Alceste). E ancora Luana Toscano (Éliante, cugina di Célimène), Barbara Gallo (Arsinoé, amica di Célimène), Angelo D’Agosta (marchese Acaste), Davide Sbrogiò (marchese Clitandre), Daniele Bruno (Vadius, amico di Célimène), Giovanna Chiara Pasini (Armande, amica di Célimène), Eleonora Sicurella (Basque, serva di Célimène), Edoardo Monteforte e Giuseppe Aiello (Due guardie e due servi).

Commedia o tragedia? È sulla reale natura del dramma che si sofferma Giovanni Anfuso, di cui riportiamo le note di regia: «Il misantropo è una commedia scritta da Jean Baptiste Poquelin in arte Molière. In questa frase convivono una certezza e un dubbio. Dato per certo che l’autore è Molière, siamo proprio certi che Il misantropo sia una commedia? Qualora lo fosse, saremmo comunque davanti alla più dolorosa commedia che sia mai stata scritta, sull’amore non contraccambiato. Ma anche questa affermazione può risultare non del tutto veritiera. Sono passati solo due anni dal Tartufo, un tempo relativamente breve, eppure confrontando i due testi ci appare, prepotente, il cambiamento radicale nel pensiero dell’autore. Cosa è successo al principe dei commediografi, autore di Re Sole? Da quel momento in poi, il teatro di Molière viene invaso dalla malattia insopportabile di vivere, dal dolore, dalla lucida, ma necessaria, follia; e non vi è più posto per la ragione o per il lieto fine».

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Il confronto tra i due testi non si esaurisce qui: «Quando scrisse il Tartuffe, Molière creò un corto circuito e fece esplodere l’impianto. Nel Tartuffe il mondo e il teatro, la realtà e l’apparenza, sono ancora un’unità e il teatro dice ridendo al mondo: Ti dico come siamo; nel Misanthrope il teatro volta le spalle offeso, e dice al mondo: Ti dico come sei. Infatti il testo contiene tutte le cicatrici delle grandi sconfitte, poiché il teatro di Molière si è, definitivamente, ammalato e tutta la realtà, di lì in poi, sarà risucchiata dalla metastasi. Nello spazio di due anni, la storia spezzò la vita di un attore in due, e gli impose di farsi testimone di un divorzio irreparabile tra il teatro e la vita».

Entriamo nel cuore del dramma. Spiega ancora Anfuso: «La storia di Alceste, protagonista di Le misanthrope, è innanzi tutto la storia di una sconfitta, poiché Molière, accettando di sfidare la società, assecondò il gioco dei nemici, contribuendo, più di altri, a mantenere il mondo com’è. La commedia ci offre uno sguardo di vita parigina al massimo grado della scala sociale. Viene fotografato il centro di una società colta, nel salotto privilegiato di una giovane e ricca signora, dove fra i versi di un sonetto alla moda ed un sospiro d’amore, si respira quell’aria piena di segreti, mista di diplomazia e di galanteria, che è dei luoghi dove il potere è di casa, e dove praticare le finzioni mondane, lo stringere relazioni ed alleanze, è un’ambigua passione eccitante, e, al contempo, un oscuro e politico divertimento vitale.

In conclusione: «In questo gioco di equilibri, Alceste è un personaggio che non comunica e crea intorno a sé, provocandolo, il deserto, ovvero: un sistematico universo di incomprensioni. Ecco tutta l’opera può essere intesa come un referto clinico, o come il ritratto di un malato, ed insieme lo studio dei modi di comportamento di un uomo, malato, nei confronti della società e dell’amore. Di fronte a tutto questo dolore, è svanita la leggerezza di cui deve essere portatrice la commedia e torna, allora, il dubbio iniziale: cos’è Le misanthrope? È una commedia incistata in una tragedia, o meglio, una tragedia incistata nella commedia. È un disagio, ma è anche un avvertimento che Molière, addolorato, sconfitto, ma mai domo, volle lasciare agli uomini di quel tempo: Voi, vivete male, signori!».

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