A Messina la mostra “Street flowers” di Daniele Falanga

Presso il “Palazzo dei Leoni – Salone degli Specchi”, alla Città Metropolitana di Messina, venerdì 7 aprile, alle ore 18.00, ha avuto luogo l’apertura al pubblico di “Street flowers”, la mostra dell’artista Daniele Falanga.

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Presso la prestigiosa sede di “Palazzo dei Leoni – Salone degli Specchi”, alla Città Metropolitana di Messina, venerdì 7 aprile, alle ore 18.00, ha avuto luogo l’apertura al pubblico di Street flowers”, la mostra dell’artista Daniele Falanga.

Daniele Falanga

A cura di Mosè Previti insieme alla direzione artistica di Marcello Bottari, la mostra propone sino a venerdì 14 aprile un nuovo ciclo totalmente inedito, di 25 lavori, che viene presentato per la prima volta a Messina, città natale dell’artista.

Invitate e presenti molte autorità: il sindaco Metropolitano, prof. Renato Accorinti; il Commissario Straordinario della Città Metropolitana di Messina, dott. Filippo Romano; il Presidente della Commissione tributaria provinciale di Reggio Calabria, dott. Salvatore Di Landro; il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, Colonnello Giancarlo Scafuri; il Comandante del Reparto Servizi Magistratura di Reggio Calabria, Maggiore Michele Monti; il Comandante della Legione Carabinieri Calabria, Generale di Brigata Andrea Rispoli; il Sostituto procuratore DDA di Reggio Calabria, dott. Antonio De Bernardo; il Colonnello Fabio Coppolino del Comando Interregionale Carabinieri “Culqualber” di Messina.

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Il Maestro Daniele Falanga, autodidatta, nasce a Messina nel 1974 e, all’interno del panorama dell’arte contemporanea italiana, risulta essere un profilo già ben consolidato grazie all’elaborazione di un deciso stile pittorico personale quanto convincente. Le sue opere, trattate da Galleristi e Mercanti d’Arte in tutto il territorio nazionale ed all’estero e presenti in importanti collezioni pubbliche e private, vengono battute in asta dalle principali Case d’Asta Italiane.

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Non a caso la sua carriera artistica è segnata da premi, prestigiose collaborazioni e committenze ufficiali di primissimo piano. Per quanto riguarda i premi, nel 2005 gli vengono conferiti: il Premio Quadriennale, il Premio “Antonello da Messina” ed il premio “The Royal General Certificate of Art Hans Christian Andersen” mentre nel 2009 riceve, dalla città di Taormina, la targa speciale per l’arte pittorica, IV Premio Nazionale Teatro Antico Giovanni Cutrufelli. Per quanto riguarda invece le collaborazioni, importanti quelle con Paul Kostabi, con Enzo Migneco in arte Togo, con Thomas Berra e Cesare Filistad.

I suoi Street flowers” sono, oltre che espressione e conferma definitiva della sua maturità artistica, un bellissimo regalo per la sua terra, un caleidoscopio di colori, luci e fresche energie con cui questa mostra apre un dialogo generoso e colmo di possibilità.

Fonte De Chirico

La matrice per questi fiori è quella della “Street Art”, dei graffiti sui muri metropolitani, degli artisti da strada che intendono dar vita a un’opera d’arte che crea un impatto, interagisce e si contestualizza nello spazio che la circonda; un linguaggio affrontato da Falanga in un originalissimo mix fatto di forme di innata vivacità che ci consegnano i suoi “Street flowers” in tutta la loro vorticosa forza vitale.

Dal testo critico di Mosè Previti, tra i curatori della mostra, il seguente brano che ci permette di “leggere” meglio il mondo dell’artista:

“Sul palco stroboscopico del nostro tempo le immagini sono le protagoniste incontrastate. Il dominio delle immagini fotografiche, grafiche, virtuali, tridimensionali ha piegato la parola, ha moncato il ragionamento e ha coerentemente fatto a pezzi l’artista, identità incerta, alla deriva nel mare della comunicazione visiva. Ma questa serie di Daniele Falanga emerge dai flutti iconici con la forza freschissima di un vigoroso talento tecnico e di una consapevole originalità. Il suo piglio è vibrante, arriva tutta la forza veloce, automatica, della sua intuizione. L’artista è chiaro, scandisce la superficie piatta dei colori con il suo gesto netto continuo, quasi prepotente. Non c’è però il lirismo psichico, la furia dell’Espressionismo Astratto e dell’Informale, alfieri del trionfo del segno in arte. Si, il segno c’è, da protagonista, ma non scappa di mano, non si prende troppa confidenza. Falanga lo coordina pure nella celerità del suo piglio, lo mette in riga in un’organica infiorescenza. Gli smalti dei suoi fiori sono solchi guerrieri organizzati in uno schema in movimento dentro l’astratto fondale. La calligrafia è la firma, l’impronta umana dell’artista riemerso dai marosi con il ghigno di chi ha consapevolmente impiegato la libertà assoluta e irripetibile delle creatività per assorbire e superare il pallido universo ammiccante della cultura visiva di oggi.

La fontana dei desideri

Le questioni del segno e dello spazio sono presenti da sempre nell’arte di Daniele Falanga che si è formato autonomamente con lo sguardo spalancato su tutta la cultura figurativa: dai maestri, Leonardo su tutti, ai grandi del Novecento, come Guttuso, Capogrossi, Schifano. Numi tutelari da cui Falanga parte per un’avventura molto personale, onnivora di suggestioni, liberissima nei mezzi espressivi: dalle “Sagome” (2007) dei poligoni di tiro, alle complicate partiture cromatiche e materiche di “Lui m’è testimone” (2010). L’artista non ha timore di contaminare, di mettere in mezzo le più disparate suggestioni, portando i modelli dell’arte moderna, con la loro carnale perfezione plastica, a contatto con la potenza cromatica del mondo pop e della sua bulimia inquieta di segni. Così Falanga apre uno spazio nuovo, slarga l’occhio da eventuali soggezioni, produce quel sovrapporsi di forme che è tipica della dimensione onirica, dello spazio fantastico, completamente libero del sogno. Tuttavia, il sogno non procede per conto suo, non c’è caos, non c’è abbandono. Nella sua arte Falanga sorveglia, coscienziosamente coordina il magma delle forme, dei colori, ne pretende gli acuti dell’azzardo segnico–semantico  e approda a un’isola sua, con la sua lingua, il suo mito ricorrente e sempre diverso, arriva alla sua arte, insomma, che nella specificità della singola espressione abbraccia e seduce definitivamente lo spettatore.

Abbiamo chiesto all’artista:

D – Mi incuriosisce l’aspetto che su ogni quadro ha scritto qualcosa, più cose…

R – Il mio dramma di artista è che non mi so fermare. Ho avuto come maestri anche Togo (Enzo Migneco), che mi ha detto, guardando i miei quadri, che anche lui aveva questo stesso problema, ma che nel tempo, con la maturità, ha capito quando il quadro è finito… perché un quadro non si finisce mai, lui dice che “è la differenza fra l’artista e il non artista il sapersi fermare”, e io sono d’accordissimo con lui. Praticamente Togo, facciamo riferimento a lui per un attimo, dopo che dipinge un quadro, anche quando pensa che non sia finito, lo prende e lo lascia da parte, in decantazione, andandolo a rivedere una settimana dopo e succede che tu, anche se non lo tocchi più, dopo lo vedi pieno. Io ci ho provato, posso metterci mano ad un quadro anche per un anno di seguito ma mi viene sempre da aggiungere: quindi in non tolgo ma aggiungo e allora, poiché ormai io questo lo so, parto dall’idea che “il quadro deve essere pieno” e se non è pieno non mi fermo, non mi piacciono i vuoti. Un altro mio aspetto è che io dipingo davanti alla TV, sono contemporaneo per il fatto che in questo senso percepisco le notizie che mi arrivano sempre e continuamente e allora quella che sento “la scrivo” ma non lo faccio in modo automatico e la scrivo poi così velocemente che magari, a distanza di tempo, non riesco io stesso a decifrare ciò che ho scritto, ma l’esigenza che sento è anche questa. Del resto nel quadro, secondo quanto io sento, non è importante che si riesca a leggere ciò che ho scritto quanto piuttosto che ci sia la scrittura, segno di quanto ho percepito, che è anche riferimento alla “Street Art”, alla mia forma d’arte.

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D – Cavalli e fiori i soggetti dominanti in questa mostra…

R – In realtà la mostra era “Street flowers” perché i fiori è la prima volta che li faccio, li ho creati appositamente per questa mostra. All’inizio ne avevo fatti solo due, per divertirmi, poi ho visto che piacevano, e tanto, alle persone a me più vicine e allora mi sono detto perché non provare a farne altri e farne anche una mostra? Ed è così che è andata.

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Per quanto riguarda i cavalli, o altri soggetti come le “Sagome” del poligono di tiro, mi è sembrato giusto inserirle perché fanno parte del mio percorso artistico ed è da lì che parto…

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