Mark Knopfler e il suo nuovo album entro il 2017

NUOVO ALBUM DI MARK KNOPFLER ENTRO IL 2017. L’EX LEADER DEI DIRE STRAITS RITORNA IN STUDIO DOPO “TRACKER” DI DUE ANNI FA. E LA REUNION DELLA BAND INGLESE RIMANE, PURTROPPO, SOLO UN SOGNO DEI FAN.

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Mark Knopfler di nuovo in sala, nei suoi personali “British Groove Studios” alla periferia di Londra. Ha riunito i musicisti (compreso il sempre presente ex Dire Straits Guy Fletcher) che lo seguono ormai dal 1996, anno in cui pubblicò il suo primo album da solista dopo lo scioglimento dei Dire Straits nel 1992. In questa occasione ha convocato diversi giornalisti, un modo per ripercorrere il suo cammino artistico, mentre dichiara che entro l’anno uscirà il nuovo lavoro, di cui ancora non si conosce il titolo ma in cui ci sarà, come afferma, “tanta tanta chitarra elettrica!”. “Ho messo fine ai Dire Straits perché ero davvero saturo di tour mondiali infiniti e l’energia, il feeling, stava man mano scemando. Mi chiedete se ci sarà una reunion della band e io vi dico: certamente no. Per me i Dire Straits sono un bel ricordo del passato e della mia giovinezza. Adesso sono concentrato sui miei lavori da solista e con la band cui suono adesso ho pubblicato più dischi dei Dire Straits e questo è il mio percorso. Ci sono tante cover band che suonano i pezzi dei Dire Straits e molti che recitano la mia parte in giro per il mondo e quest’anno anche mio fratello David (co-fondatore dei Dire Straits, n.d.r.) farà un tour per i 40 anni della band, che non esiste ormai da più di 20.”

L’ex leader della band britannica, considerato uno dei più grandi chitarristi al mondo, è un uomo pacato, disponibile e lontano adesso dagli atteggiamenti da rockstar. “Abito in campagna, lontano dalla città, con la mia famiglia e i miei cani e naturalmente… con le mie chitarre. Ho ancora la prima che mi regalò mio padre a 15 anni, una Hofner che somigliava ad una Fender e che collegavo alla radio, non potendo permettermi un amplificatore. Come chitarrista avrei dovuto applicarmi di più nello studio, ma adesso dopo tanti anni di palco e di sala di registrazione, ho acquisito la padronanza e la conoscenza che mi basta. Non sono Satriani e non mi piacerebbe suonare due ore di musica come la sua, dove la chitarra diventa solo un pretesto per dire guarda cosa so fare e a quale velocità! Preferisco chitarristi come Clapton, come J. J. Cale, Hank Marvin degli Shadows e il compianto, mitico e insostituibile Chuck Berry. Lo ricordiamo tutti come uno dei più grandi interpreti del rock and roll, un vero innovatore. La musica non si sarebbe evoluta allo stesso modo senza di lui. Vedendolo alla Newcastle City Hall, quando avevo 15 anni, fu una esperienza indimenticabile, mi fece un’impressione enorme: il ritmo del testo era importante quanto la musica, ed è quello che imparai. Con i primi Dire Straits mi piaceva molto suonare la sua “Nadine”, forse l’unica cover che ho mai fatto con la band. A 12 anni ascoltavo Bob Dylan. Ero innamorato per il suo approccio al rock and roll, ma ero anche attratto molto dalle parole delle sue canzoni. Non è mai stato solo musica“.

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Nato a Glasgow, in Scozia, nell’agosto del ’49 da padre ungherese e cresciuto principalmente in casa della madre nella contea di Northumberland, il quasi 68enne Knopfler ha venduto oltre 120 milioni di dischi, con i Dire Straits e da solista. “Brothers In Arms” dei Dire Straits del 1985, con i suoi oltre 30 milioni di copie, è uno dei dischi più venduti nella storia della musica, entrando nella medesima classifica in 12ª posizione. È stato uno dei primi album a essere stampato su compact disc, oltre alla classica distribuzione in vinile. Il chitarrista, cantante e autore di testi e musica, si è esibito dal vivo di fronte a milioni di persone e ha collaborato con artisti del calibro di Bob Dylan, Randy Newman, Tina Turner, Emmylou Harris, Van Morrison ed Eric Clapton e altre decine e decine. Anche il nostro Zucchero lo ha voluto in due dei suoi album per due canzoni, di cui una uscita recentemente lo scorso anno.

Nella mia band attuale, sono l’anello più debole. Ho molta ammirazione per i musicisti che suonano con me e si distinguono perché conoscono davvero in profondità i loro strumenti. Io vedo la chitarra come qualcosa che mi serve per scrivere canzoni. Con questo strumento ho una storia d’amore che dura da una vita, ma quello che mi interessa sono le canzoni che ne vengono fuori: la canzone è il la regina. Più invecchio, più voglio scriverne. Forse è la sensazione che ho del tempo che passa e si esaurisce, non so… è diventata quasi una frenesia.

Knopfler riconosce diversi filoni di ispirazione per la sua scrittura. “Ci sono canzoni “ritratto” in cui vi è un personaggio, e canzoni “situazione”, dove avviene qualcosa di particolare. In “Sultans of Swing” c’è una band con questo nome che sta suonando e non c’è nessuno nel pub, tranne un ragazzo che gioca da solo a biliardo, e io sono lì che osservo e osservando vengo ispirato, o c’è un negozio con schermi TV dove si vedono i video di MTV e l’uomo delle consegne a domicilio si lamenta di alcune rock star che non valgono nulla e sono straricche, con aerei personali e tante donne… ed ecco “Money For Nothing”. Altre volte mi ha ispirato la lettura di un libro o un viaggio, magari durante un tour, ed è così che sono nate “Telegraph Road” o “Sailing To Philadelphia”. Knopfler porta sempre un taccuino con se, alla vecchia maniera, alla ricerca di ispirazione; niente notebook o tablet. “Penso che ho un deposito di rottami sul retro della mia testa: invece di parti meccaniche ci sono frammenti di versi. Per “Money For Nothing” ho invece dovuto chiedere un pezzo di carta e mi sono messo a scrivere tutta la canzone dentro il negozio.”

Knopfler afferma che “oggi mi piace suonare un tipo di musica che ha delle radici profonde e usare gli strumenti adatti per il folk o quella con influenze celtiche, ad esempio. Ma il caro vecchio rock and roll è sempre nel mio cuore e mi piace scrivere canzoni in questo stile”.

Il musicista, laureato in letteratura inglese, aveva 28 anni quando i Dire Straits esplosero con “Sultans Of Swing” nel 1978, il loro primo successo mondiale. “Ho sempre lavorato sodo da quando avevo 14 anni, diversi tipi: di fabbrica, di stoccaggio, di allevamento, un sacco di lavoro manuale e poi il giornalismo e l’insegnamento. Sono tutte buone esperienze per un ragazzo, ti insegnano la vita. Ma quello che volevo fare era suonare in una rock and roll band e scrivere canzoni. Rivivo quei tempi con un mix di affetto e orrore, ma era quello che desideravo veramente. C’era un sacco di follia. Mi ricordo di aver fatto una serie infinita di concerti e interviste nel 1978: il primo album era il numero uno e sentivo una pressione enorme addosso, avevo paura di perdere il controllo, di essere triturato. E oggi mi sento davvero fortunato per prima cosa ad essere ancora vivo visto l’alto tasso di mortalità dei musicisti. Ho ottenuto tantissime cose grazie alla mia musica e non rinnego certo il passato. Adesso vivo secondo i miei ritmi, scrivo perché voglio farlo e non per contratto, ho una bella famiglia e i due più grandi produttori di chitarre mi hanno dedicato due modelli “signature” con la mia firma: una Fender rossa e una Gibson sunburst… what else?”

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