40 anni fa il golpe in Cile

L’11 settembre non è solo l’attacco alle Twin Towers del 2001, è soprattutto il golpe in Cile dell’11 settembre 1973 in cui la giunta militare guidata dal generale Pinochet torturò e uccise più di 40mila persone

L’11 settembre non verrà ricordato solo per l’attacco al World Trade Center di New York del 2001, l’11 settembre è soprattutto il golpe in Cile del 1973 in cui la giunta militare guidata dal generale Augusto Pinochet torturò e uccise più di 40mila persone. Vi raccontiamo quel giorno di 40 anni fa.

Erano le sette del mattino dell’11 settembre 1973 quando le navi della Marina Militare cilena occuparono il porto di Valparaís, nel Pacifico. I militari imprigionarono l’ammiraglio Raúl Montero Cornejo, comandante della Marina e fedele al presidente Salvador Allende, e lo sostituirono con José Toribio Merino Castro, fino a quel momento comandante in capo della flotta di guerra. Alle otto a Santiago del Cile l’esercito aveva chiuso e bombardato con i carri armati le sedi e le antenne della tv e delle stazioni radio. L’unica stazione che riuscì a superare indenne l’Operazione silenzio fu Magallanes, la radio del Partito comunista cileno. Poche ore dopo, proprio dai microfoni di quell’unica radio superstite, il presidente Allende avrebbe parlato per l’ultima volta alla nazione:

Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento.

Alle 8,30 le forze armate dichiararono di aver preso il controllo del paese; a mezzogiorno i golpisti diedero l’ordine di circondare e bombardare il Palacio de La Moneda, il palazzo presidenziale a Santiago; alle due del pomeriggio morirono le uniche due persone presenti a La Moneda: il giornalista Augusto Olivares e il presidente Salvador Allende, suicidatosi con due colpi di Kalašnikov che teneva in mezzo alla gambe. In serata il generale Augusto Pinochet, capo dell’esercito che Allende stesso aveva nominato il 23 agosto 1973, fu proclamato dalla giunta militare nuovo presidente del Cile. L’11 settembre 1973 morirono 34 persone tra i militari ribelli e 46 tra i GAP (Gruppo di Amici Personali, la guardia presidenziale). Subito dopo il golpe i militari usarono lo Stadio Nazionale di Santiago come campo di concentramento in cui vennero torturate e interrogate migliaia di persone. Migliaia le donne stuprate dai militari e migliaia di persone scomparvero nel nulla. Finora sono stati riconosciuti più di 40mila persone torturate, uccise o perseguitate dal regime. Il 13 settembre la giunta militare sciolse l’Assemblea Nazionale, distrusse i registri elettorali, tutti i partiti furono dichiarati fuori legge, furono abolite da subito buona parte delle libertà individuali dei cittadini ed infine emanarono delle leggi speciali per la magistratura.

Pinochet governò ininterrottamente per 15 anni fino al 1988 quando il popolo, con un referendum popolare, gli voltò le spalle decidendo per le prime elezioni libere dal 1970, anno in cui Allende venne eletto presidente. Il generale rimase comunque a capo delle forze armate fino al 1998 e poi fu nominato senatore a vita, godendo quindi dell’immunità parlamentare. Nel 1998 il giudice spagnolo Baltasar Garzón emise contro l’ex dittatore un mandato di cattura internazionale con le accuse di genocidio, terrorismo e tortura. Fu arrestato a Londra ma non venne mai condannato. Nel marzo del 2000 gli inglesi decisero di farlo tornare in Cile dove riuscì sempre ad evitare qualsiasi processo a suo carico. Morì per un attacco di cuore il 10 dicembre del 2006, a 91 anni.

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