Sono nata il ventuno di Primavera… Ricordando Alda Merini

85 anni fa nasceva Alda Merini. Il primo giorno di primavera ci donava una delle più importanti poetesse del Novecento. Google la ricorda con un Doodle.

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“Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta. Così Proserpina lieve vede piovere sulle erbe, sui grossi frumenti gentili e piange sempre la sera. Forse è la sua preghiera”. 

Così recita una delle più belle poesie della Merini.

Una vita difficile e tormentata da quelle “ombre della mente” che l’hanno accompagnata e ossessionata per tutta la vita. Nasce il 21 marzo 1931 da una modesta famiglia milanese, dopo la licenza elementare inizia l’avviamento al lavoro, poi tenta d’entrare al liceo, ma non riesce, perché non supera l’esame di Italiano. Si dedica alla musica, ama il pianoforte e, a soli quindici anni, Giacinto Spagnoletti ne scopre il talento artistico facendola esordire come autrice.

Appena sedicenne quelle “ombre della mente” si manifestano prepotentemente: iniziano così lunghi periodi di internamento in ospedali psichiatrici.

Giacinto Spagnoletti la inserisce nel 1950, nell’Antologia della poesia italiana contemporanea 1909-1949, con le liriche Il gobbo, datata 22 dicembre 1948, e Luce, del 22 dicembre 1949, dedicata all’editore e amico. Nel 1951, su suggerimento di Eugenio Montale e di Maria Luisa Spaziani, l’editore Giovanni Scheiwiller pubblica due poesie inedite dell’autrice in Poetesse del Novecento. Dal 1950 al 1953 frequenta per lavoro e per amicizia Salvatore Quasimodo. Il 9 agosto 1953 sposa Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie di Milano, e nello stesso anno esce, presso l’editore Schwarz, il primo volume di versi intitolato La presenza di Orfeo. Nel 1955 esce la seconda raccolta di versi intitolata  Paura di Dio con le poesie scritte dal 1947 al 1953, alla quale fa seguito Nozze romane e, nello stesso anno, edita da Bompiani, viene pubblicata l’opera in prosa, La pazza della porta accanto.

Dall’unione con Ettore Carniti nascono quattro figlie  ma i disturbi psichiatrici la continuano a tormentare: per anni è richiusa in ospedali psichiatrici. Da questa devastante esperienza esce nel 1979 La Terra Santa con la quale vincerà nel 1993 il Premio Librex Montale.
Nel luglio del 1986, dopo aver sperimentato nuovamente gli orrori dell’Ospedale Psichiatrico di Taranto, fa ritorno a Milano ed inizia una terapia con la dottoressa Marcella Rizzo, alla quale dedica più di una poesia. Nello stesso anno riprende a scrivere e ad incontrare i vecchi amici, tra cui Vanni Scheiwiller, che le pubblica “L’altra verità. Diario di una diversa”, il suo primo libro in prosa che, come scrive Giorgio Manganelli nella prefazione al testo, “… non è un documento, né una testimonianza sui dieci anni trascorsi dalla scrittrice in manicomio. È una ricognizione, per epifanie, deliri, nenie, canzoni, disvelamenti e apparizioni, di uno spazio – non un luogo – in cui, venendo meno ogni consuetudine e accortezza quotidiana, irrompe il naturale inferno e il naturale numinoso dell’essere umano”.

Si spegna nel 2009 lasciando un vuoto enorme nella poesia mondiale.

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