Sagrantino di Montefalco Docg è un prodotto monocoltura, senza abbinamento ad altre viti

Forse originario della Grecia, portato in Italia da monaci bizantini, il Sagrantino rappresenta oggi una delle uve dalle quali si producono fra i migliori vini d’Italia.

E’ localizzato in Umbria, nell’area della provincia di Perugia, in soli 670 ettari per lo più inseriti nel Comune di Montefalco e in parte nei territori amministrativi di Bevagna, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo.

Il sapore del vino prodotto da questa piccola bacca e che gode del marchio Docg, è davvero unico, corposo, parecchio tannico, intenso, ha un inconfondibile aroma di frutti rossi, sottobosco e cannella, un colore che viaggia dal rosso cupo al rosso violaceo. Un paradiso per l’olfatto e il gusto, tanto che permette anche la nascita di piatti meravigliosi quando viene utilizzato come ingrediente, anche come vino passito.

Grande maestro in questo è “Giorgione“, Giorgio Barchiesi, chef che opera nella splendida cucina della tenuta Antonelli San Marco nel comune di Montefalco e che tiene la trasmissione “Orto e cucina” su Gambero Rosso Channel (Sky canale 411).

«Per preparare una pietanza non si deve utilizzare un vino di seconda scelta. Un ottimo piatto e la perfetta armonia degli ingredienti hanno bisogno di un grande vino quindi anche il Sagrantino».

Passare fra i fornelli della cucina da lui stesso progettata, è viaggiare fra sapori autentici, spezie appena colte, carni di prima scelta, la sua mano e i suoi sensi allenati nel capire gradi di cottura, matrimoni fra sapori. Sentendolo parlare mentre traffica fra padelle e tegami spiegando la preparazione di una pietanza con  l’acquolina in bocca, fa venir subito fame.

Un’esperienza capitata da poco a un gruppo ristretto di giornalisti, italiani e stranieri con immagini scattate dal fotografo Angelo Campus, veterano dei servizi per realtà come il National Geographic, che non hanno potuto fare a meno di godere di questo spettacolo visivo e del gusto mentre erano circondati da guanciale di scrofa, «perfetto – dice Giorgione – invece dell’orribile pancetta che è un prodotto volgare ed è solo grasso». E ancora il candido lardo di Pata Negra, patate rosse, gnocchi, petti di Anatra Mulard e cipolle rosse di Cannara tipicamente umbre.

Così dalle mani di Giorgione nascono due pietanze deliziose, gli Gnocchi al Sagrantino e i Petti d’anatra al Sagrantino, questi ultimi, dopo opportuna infarinatura e rosolatura con il lardo, messi in una teglia e ricoperti da acini di Sagrantino prima di finire nel forno.

E la salsa degli gnocchi?  Basta una cipolla sminuzzata, 750 grammi di guanciale appena affumicato e a pezzetti, tutto mixato con crema di latte e un po’ d’acqua fino a farne una crema, poi in una bella padella con olio e tanto burro già molto caldo. Infine ci si versa il vino: una bottiglia intera di Sagrantino e anche una di passito o poco più. Si può avere un’idea del sapore paradisiaco di questo piatto solo mangiandolo: impossibile utilizzare le parole con reale efficacia.

Vino quindi, tutto della tenuta Antonelli San Marco, una delle aziende leader del Sagrantino di Montefalco Docg, realtà vitivinicola giunta oggi a un capitolo importante: dalla vendemmia 2012 può finalmente rivendicare la certificazione biologica.

L’azienda conta 45 ettari e una splendida cantina, anticamente piccola, sviluppatasi dal 1979 con la definizione del disciplinare Montefalco Doc: «E’ sottoterra restando così naturalmente fresca, consentendo un forte risparmio energetico e un impatto ambientale pari a zero» dice il titolare, Filippo Antonelli mentre osserva l’impareggiabile paesaggio collinare della zona.

«I serbatoi sembrano stretti e lunghi in altezza – continua – invece sono doppi, divisi in due perché dedicati a due diversi passaggi della lavorazione. Dopo 15 giorni e 6 circa per la fermentazione, il contenuto va per caduta nel serbatoio inferiore. Poi il Sagrantino va nelle botti, 6 mesi nelle 500 litri fissando così colore e struttura grazie al maggior scambio di ossigeno. Subito dopo nelle botti più grandi per un anno. I legni sono in rovere francese ma stiamo sperimentando l’acacia e il ciliegio». Ne nascono dieci vini d’eccellenza, compreso il passito, come il Montefalco Rosso, il Riserva e il Sagrantino “Chiusa di Pannone” che è la punta di diamante ed anche esportata come fornitura per l’assemblea legislativa cinese. C’è anche il più giovane della famiglia, il Sagrantino “Contrario“, da uva vendemmiata 15 giorni prima del normale e messo solo in acciaio per 12 mesi, assemblaggio e illimpidimento in vasche di cemento per 3 mesi, in bottiglia per almeno 4 mesi. E c’è pure l‘olio extravergine.

Questo è un esempio di Italia della tradizione che cura il proprio patrimonio culturale, Montefalco ne è un esempio con il Museo San Francesco e la splendida chiesa di San Francesco risalente al Trecento e abbellita dagli affreschi dipinti nel 1452 da Benozzo Gozzoli. Tradizione che si rispecchia nell’amore per il vino, per le produzioni tipiche, per quei sapori che abbracciano paesaggi unici e che il mondo apprezza classificandoli fra i migliori.

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