“LE CIOCIARE DI CAPIZZI” DI MARINELLA FIUME: UNA CORAGGIOSA OPERAZIONE STORICO-LETTERARIA

Alla Sala Consulta della Camera di Commercio di Messina,  sabato 10 ottobre, si è svolto un interessante incontro per la presentazione del libro di Marinella Fiume “Le ciociare di Capizzi”

Le ciociare di Capizzi 2

Organizzato dalla FIDAPA Messina Capo Peloro, sabato 10 ottobre alle h 17.00, presso la Sala Consulta della Camera di Commercio di Messina ha avuto luogo la presentazione del libro Le ciociare di Capizzi. Alla presenza dell’autrice Marinella Fiume, con i coautori Melinda Calandra e Giuseppe Vivaldi Maimone, con le più alte cariche della FIDAPA BPW Italy ed il prezioso coordinamento di Paola Sabella, Segretario Generale CCIAA, l’importante evento ha visto tra i relatori anche la presenza di Fulvia Toscano, direttrice artistica di “Naxoslegge”. Dopo i saluti di Dominga Arcudi, Presidente FIDAPA sez. Messina Capo Peloro, di Ivo Blandina, Presidente della Camera di Commercio di Messina e di Mariella Crisafulli, Consigliera provinciale di Parità, si sono susseguiti gli interessantissimi interventi su ”Le ciociare di Capizzi“, un’opera letteraria rappresentativa di quei casi in cui dalla Grande Storia, quella per intenderci che ufficialmente e solitamente “sono i vincitori a scrivere”, arriva il momento in cui emergono delle vicende, come quelle raccontate nel testo, che la storia ufficiale non ha mai narrato sui tradizionali testi scolastici.

Le ciociare di Capizzi 1

In sintesi i fatti risalgono a una delle pagine più tristi dell’operazione “Husky” in Sicilia, nel corso della Seconda Guerra Mondiale e dell’avanzata delle truppe degli Alleati (anglo-americani) nell’isola; un capitolo di storia mai raccontata ufficialmente dagli storici sulle violenze sessuali e fisiche che vennero perpetrate sulle donne di Capizzi (piccola città nel parco dei Nebrodi, in provincia di Messina) da parte delle truppe marocchine e nord-africane irregolari al seguito dell’esercito francese, i Goumiers, truppe quasi “autorizzate” a comportamenti di questo tipo dallo stesso comando alleato.

Marinella Fiume
Marinella Fiume

È purtroppo tangibile la traccia di come nei tempi e ad ogni latitudine, durante i vari conflitti armati, lo stupro a danno delle popolazioni civili è stato ed è strumento di guerra e di come le donne sono considerate, nel bottino di guerra, parte da predare e, seppur grave violazione dei diritti umani, lo stupro spesso è stato minimizzato, quasi fosse naturale conseguenza dei fatti, ed è stato nascosto ed ignorato come crimine di guerra.

A Marinella Fiume il merito, quindi, di essere riuscita a far parlare non solo le donne siciliane che raccontano “le marocchinate” subite durante la Seconda Guerra Mondiale ma anche le nipoti e i nipoti di quelle donne che non l’avevano mai fatto, dando così voce anche a tutte coloro che, non più in vita, hanno portato e subìto interiormente un enorme peso che, come un macigno, ha segnato i loro cuori e le loro vite per sempre.

Fulvia Toscano
Fulvia Toscano

«Il libro di Marinella è un libro che fa anima – ha commentato Fulvia Toscano nel suo intervento – perché è un’operazione rituale che Marinella ha fatto insieme ai coautori e con tutto il paese di Capizzi, perché la bellezza di questo libro è che è un libro che nasce dalla comunità, nasce proprio dall’anima di un luogo che voleva essere raccontata e che finalmente ha trovato le parole per essere raccontata – ben osservando la Toscano come – La narrazione delle storie ci consente in qualche modo di riviverle…  e, soprattutto quando le storie sono dolorose, ci invita a rivivere un dolore, a guardare in faccia un dolore, un dolore che ha gli occhi di queste donne e non solo… che ha gli occhi dei mariti di queste donne, dei fratelli di queste donne, dei figli più piccoli di queste donne… – aggiungendo argutamente che – Questa è una storia di comunità, è una storia in cui non è un solo personaggio che si racconta ma dove, soprattutto, si va incontro ad una metodologia di lavoro storico ovvero di quella storia che parte dal basso, cioè una storia raccontata soprattutto con le testimonianze orali e attraverso un lavoro sul territorio che fa in modo che dal territorio le storie prendano corpo e vengano fuori» e che, ci piace appunto sottolineare, ne prendano anima.

Le ciociare di Capizzi 3

Durante l’incontro si è avuta una partecipata e toccante lettura a cura di Ester Isaja, della FIDAPA Messina Capo Peloro, di alcuni brani del testo che hanno ben reso il clima in cui le dolorose vicende hanno avuto corso così come è stata ben descritta dal coautore Giuseppe Vivaldi Maimone, dottore veterinario, appassionato di storia militare, la situazione storica del momento con una chiara descrizione degli spiegamenti sul territorio siciliano, durante la Seconda Guerra Mondiale, dell’esercito degli Alleati con lo sbarco avvenuto a Licata nel luglio del 1943.

Lo sbarco in Sicilia (in codice “operazione Husky”) segnò l’inizio della campagna d’Italia e fu attuato dagli Alleati sulle coste siciliane con l’obiettivo di aprire un fronte nell’Europa continentale, invadere e sconfiggere l’Italia fascista e, infine, concentrare in un secondo momento i propri sforzi contro la Germania nazista. All’operazione presero parte due grandi unità alleate: la 7ª Armata statunitense, al comando del generale George Smith Patton, e l’8ª Armata britannica, al comando del generale Bernard Law Montgomery, riunite nel 15º Gruppo d’armate sotto la responsabilità del generale britannico Harold Alexander. Le due armate sbarcarono nella zona sud-orientale della Sicilia con il compito di avanzare contemporaneamente all’interno dell’isola compiendo un’azione a tenaglia che avrebbe dovuto imprigionare le forze dell’Asse: la 7ª Armata di Patton avrebbe dovuto avanzare verso Palermo e occupare la parte occidentale dell’isola mentre l’8ª Armata di Montgomery avrebbe dovuto marciare lungo la parte centro-orientale della Sicilia verso Messina.

Giuseppe Vivaldi Maimone
Giuseppe Vivaldi Maimone

In questo scenario di guerra, già costellato di tragici eventi, si innestano le ulteriori terribili atrocità che dovette subire la comunità di Capizzi e come “La Ciociara” del famosa libro di Moravia e del bellissimo film di De Sica subì violenza così alcune donne di questa piccola città nel 1943 subirono le stesse violenze dai soldati marocchini assoldati dall’esercito francese per liberare l’Italia dal nazifascismo.

«Arrivati a Capizzi, i capitini e tutti quanti hanno in un primo momento subìto tutti gli accadimenti – spiega Giuseppe Vivaldi Maimone poi si sono rivolti ai comandanti americani proprio nel tentativo di far cessare tutte queste barbarie, perché non erano quelle di guerre, ma erano delle barbarie che, secondo me, per gli americani erano semplicemente dei danni collaterali di guerra… e forse perché erano, diciamo, concentrati nello sfondamento della linea nemica non hanno fatto molto caso a questi danni collaterali, come non lo hanno fatto nemmeno successivamente per i frosinati… E questa fu una pecca… non hanno né impedito né punito… – e continuando – Gli americani  hanno voltato un poco le spalle alla comunità locale ed è come se gli avessero detto… arrangiatevi voi… e forse anche la particolarità del silenzio che c’è stato in questa storia…  forse è stato anche per questo che i capitini si sono organizzati e hanno reagito…»

Dominga Arcudi
Melinda Calandra

Incisivo e fortemente sentito emotivamente anche l’intervento della coautrice Melinda Calandra, past president della FIDAPA di Capizzi, che conclude il saggio con la narrazione, in postfazione, di come Marinella Fiume nel 2017, in occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, le abbia “svelato questa macchia perenne che infanga la storia della Liberazione…” rimasta sepolta nell’oblio.

Melinda allora ne parlò con le socie della FIDAPA di Capizzi e così le coinvolse nella ricerca di questo passato della comunità – «Ecco! Abbiamo in un certo senso rielaborato pubblicamente quello che era il dolore di una comunità e lo abbiamo fatto assieme… – dice durante l’intervento – ed io credo che questo libro abbia una importante funzione sociale, oltre che storica, oltre che di riconciliazione con la nostra memoria.

Dobbiamo insegnare ai giovani, anche attraverso la lettura di questo libro, ad avere rispetto per le donne e soprattutto alle donne di avere il coraggio di denunciare ogni forma di violenza, ogni forma di sopruso – continua Melinda Calandra aggiungendo come – Il tema della violenza è un tema attualissimo che coinvolge oggi più che mai i deboli… quindi io credo che vada fatto un lavoro di profonda sensibilizzazione ed insegnare che la violenza sui deboli e sulle donne è una grave violazione della nostra Costituzione.»

Le_ciociare_di_CapizziDiventa quindi basilare in alcuni casi, e questo è uno di quelli, l’operazione di «Seminare memoria, raccogliere futuro…» come più volte afferma la stessa autrice Marinella Fiume.

“Seminare memoria” per poter andare avanti, per “riappacificarsi” in qualche modo con il proprio passato, seppur doloroso, ma che rappresenta un passo importantissimo per le vittime, per chi è venuto dopo, per la comunità tutta dei Capitini che ha vissuto, subìto e reagito ai brutali fatti accaduti ed è importante anche per chi, in qualche modo, ne è stato “superstite” o lo è ancora oggi…

Ed ecco che la formula “Seminare memoria, raccogliere futuro!”, promossa da Marinella Fiume, diventa sostanziale chiave di lettura dell’opera e sentiamo quanto sia importante farla nostra, sostenerla ed abbracciarla “per ridare voce e anima alle ciociare di Capizzi”, per poter andare avanti con l’orgoglio di chi ha fatto, e fatto fare, i conti col proprio passato e per poter guardare con speranza al futuro.

(foto di Rosaria Landro)

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