“Storia di un boss revolution”, l’attesa per il sequel

Un film girato per la maggior parte in tutta la Sicilia, principalmente in varie location dell’agrigentino che hanno fatto da cornice naturale alle scene

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Anche “Storia di un boss” è un film sperimentale autoprodotto e autofinanziato, uscito al cinema nel 2015 e successivamente in TV.

“Storia di un boss revolution, invece, è il sequel, attualmente è in fase di montaggio, anche questo autoprodotto.

In “Storia di un boss revolution“, terza parte, entreranno a far parte del film: Sandra Gomez, Claudio Gullotta e Eebra Tooré, attore francese che è stato protagonista del film girato in Russia, “22minutes”, ed appena rientrato dal Festival di Cannes.  È un film del regista Vito Oliva, con Carmen Basile direttore della fotografia, in collaborazione con Pino Caltagirone e Alfonso Chiarenza, che di questo film è anche il produttore, girato per la maggior parte in tutta la Sicilia, principalmente in varie location dell’agrigentino, che hanno fatto da cornice naturale alle scene, e a Milano.

Il film è creato in modo sperimentale per dare la possibilità ai talenti nascosti di emergere, dirigendoli verso una tecnica di recitazione più vera e naturale possibile, un metodo innovativo ma che richiede molto impegno, costanza e sacrifici per la buona riuscita del prodotto.

Tra gli attori lo stesso regista Vito Oliva e poi Pino Caltagirone, Miriam Bonaccorso, Alfonso Chiarenza, Marco Ridella, Diego Chiarenza, Luigi Lombardo, la piccola Viola Oliva, Rocco Domenico Gaudimonte, Adriano Fumagalli e numerose figure emergenti che durante le riprese hanno imparato,grazie al regista,a mettere in evidenza il proprio talento. La colonna sonora è a cura del Maestro Filippo Ragusa e Veronica Pennisi. Il film racconta che, dopo la morte di Don Mario, il figlio Vito, convinto che il padre sia stato ucciso dai rivali, comincia la sua fredda vendetta mettendosi anche contro i grandi capi, senza riflettere sulle conseguenze a cui sarebbe andato incontro.

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Alla fine la rivelazione di un lontano zio che vive all’estero gli confessa di una lettera del padre, ma ormai è troppo tardi per rimediare perché intanto perde tutte le persone più care per colpa della sua sventatezza nell’agire senza prima riflettere. Un progetto di fantasia che lancia una forte morale. Un film contro la mafia nato per sensibilizzare soprattutto i giovani.

A Carmen Basile, regista, cameramen, foto, montaggio, musica etc… abbiamo chiesto se ha trovato qualche difficoltà durante la lavorazione del loro primo film?

“Non abbiamo incontrato grosse difficoltà tranne che essendo che era tutto a basso costo, dovevamo pagare Mario Pupella e quindi si doveva trovare qualche piccolo introito per pagare le spese per lui.

Poi magari il fatto che le persone dopo che avevano girato pensavano, perché erano tutte persone prese dal nulla, persone che non avevamo mai lavorato, girato in qualche film, persone che l’indomani che avevamo finito di girare credevano che il film fosse già pronto e quindi la difficoltà l’abbiamo trovata nelle persone, appunto, che da duecentocinquanta che giravano all’inizio ce ne siamo ritrovate poi una quindicina, ma meglio pochi ma buoni.

Ma devo dire che nel secondo film sono ritornati tutti alla carica”

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A quale film siete maggiormente affezionati?

“Tutti buoni ma il primo, Storia di un boss”, è il primogenito”

Ci rivolgiamo adesso a Nicolò Bruno, per il quale la regista nel frattempo aggiunge che nel primo film lui interpreta una parte sdrammatizzante perché era un cattivo però comico. Visto che nel primo film interpreta la parte di un cattivo, negli altri film sarà sempre cosi?

“Nel secondo è il continuo del primo e nel terzo, ”Yabo”, interpreto un prete.

Diciamo che sono il più poliedrico a livello artistico perché nel primo film e nel secondo, il continuo del primo, faccio il cattivo ma nel terzo faccio il prete. Mi trovo bene perché la regia ha la capacità di liberare l’artista nel senso che io divento regista di me stesso per cui interpreto quello che vuole la regia ma come dico io e qui vedrà che in una scena che farò io mi metterò, per esempio, a piangere nel modo e nel momento giusto”.

Quando finisce di fare l’attore riesce a riprendere i suoi panni e a non restare schiavo delle parti che interpreta?

“Assolutamente si, anzi mi viene voglia di cambiare, di dimostrare… mi piace ricoprire qualsiasi ruolo e anzi cambiare mi va bene”. Fra gli aforismi, sono anche poeta, a ogni pietra che alzerai su questa terra di Sicilia, lì troverai un set, una storia da raccontare o almeno uno spunto per inventarne una nuova…un set a cielo aperto”

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A Sandra Gomez, brasiliana, in Italia da 24 anni, che subentrerà in “Storia di un boss revolution”, terza parte, chiediamo come ha cominciato la sua carriera…

“I miei inizi sono stati come ballerina, poi ho fatto “Un Natale al Sud” con Massimo Boldi, “Provaci ancora prof. 7” con Veronica Pivetti e quindi la valletta da Bonolis in “Avanti un altro!”

Ha girato altri film etc… in Brasile?

“E’ partito tutto da Bonolis, avevo cominciato nel mondo dello spettacolo come ballerina. Poi ho cominciato coi provini ed ho fatto anche un corso di Teatro in Toscana al “Canovaccio” quando stavo a Pontedera…”.

Come si definisce caratterialmente?

“Decisa, romantica, caparbia, ma sempre con umiltà”

Cosa si augura da qui in avanti?

“Mi auguro un successo nel mondo dello spettacolo e soprattutto nel cinema restando, ripeto, sempre romantica, caparbia, decisa ma sempre con umiltà.

E poi soddisfare al più presto il grande desiderio di rivedere mia sorella, di cui non ho avuto più notizie già dall’età di 7 anni e un altro desiderio molto importante è quello di diventare famosa e ricca per cercare di aiutare a creare un centro per i bambini poveri del Brasile…”

Il regista Vito Oliva insieme a Carmen Basile concludono aggiungendo che: “Abbiamo creato l’accademia del cinema sperimentale, faremo un gemellaggio a breve, noi siamo “CinemArt Social Accademy” e loro “ArtCinema” di Padova. Noi stiamo cercando di creare un accademia dove gli attori vanno a scuola come una scuola statale… vanno a scuola, studiano ed escono attori veri ed aggiungo che secondo me la maggior parte delle persone comunque che hanno più anima nel recitare e tutto sono quelli che sono più disastrati, perché quelli che sono cosiddetti figli di papà tutta questa espressione non ce l’hanno, quindi noi preferiamo dare più possibilità ai ragazzi che non hanno niente”.

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