Vendo l’anello e ‘campo’ una settimana. Il boom dei ‘Compro Oro’

Il boom dei “compro oro” hanno ridisegnato il paesaggio delle città al tempo della crisi. Famiglie disperate che non arrivano alla quarta settimana e introiti dell’economia criminale, ricettazione e denaro sporco

Siamo nel febbraio 2000, governava Massimo D’Alema, quando entra in vigore la liberalizzazione del mercato dell’oro. Da allora i “compro oro” hanno ridisegnato il paesaggio metropolitano al tempo della crisi. Vendere i gioielli di famiglia è diventata la preoccupazione di chi non arriva alla quarta settimana, di malati cronici che hanno perso l’accesso gratuito ai farmaci di fascia C, di cittadini strozzati dall’usura o imprenditori cui è negato il credito in banca. Ma l’oro non intreccia solo queste disperazioni e proprio perché non è tracciabile, soprattutto quando viene fuso, foraggia anche l’economia criminale della ricettazione e del denaro sporco.

Semplicissimo aprire l’attività, non serve nemmeno la Dia, la dichiarazione al Comune di inizio attività, una licenza ex articolo 127 del Tulps, come una rivendita di preziosi usati e la padronanza per “grattare” l’oro, pesarlo e acquistarlo in base ai due fixing quotidiani della Borsa di Londra che stabiliscono un prezzo volato dai 9 euro al grammo del 2001 ai 39,06 del giorno in cui viene scritto questo articolo. Da lì l’oro viene acquistato dalle banche o prende la strada dei processi industriali. «Il guadagno si aggira sui 2 euro e mezzo al grammo, ci sono commissioni fisse da pagare al banco metallo e la concorrenza si fa sempre più alta e agguerrita -racconta Andrea- Ma c’è offerta e si movimentano subito discrete quantità di denaro. Può sembrare assurdo ma, oltre ai disperati, ci sono clienti abituali, persone normali.». Le regole impongono che il venditore abbia un documento italiano, che vengano fotografati gli oggetti e venduti solo dopo una giacenza di 10 giorni per eventuali controlli.

In tutta Italia i “compro oro” sono più di 28mila con picchi a Roma, Napoli e in Sicilia, luoghi ad alta presenza di malavita. Secondo la polizia, il 14% compie operazioni illegali. Un giro d’affari di oltre 7 miliardi di euro all’anno per circa 400 tonnellate tra oro e argento. Più pessimista l’avvocato Ranieri Razzante presidente di Aira, l’Associazione italiana responsabili anti-riciclaggio, e consulente della Commissione parlamentare antimafia, «il 60% dei negozi compie azioni illecite o criminali. Ed è una stima per difetto». Un controllo su 3.000 negozi ha scovato 113 milioni di euro non dichiarati, Iva evasa per 36,5 milioni e 31 evasori totali.
La gran parte dei compro oro lavora onestamente ma la deregulation scava ampie nicchie per il riciclaggio, la movimentazione di merce rubata e per l’usura.
 
Secondo la polizia dove apre un “compro oro” di solito si verificano aumenti di furti e rapine. L’Osservatorio sulla legalità ha calcolato che, nel 2011, furti, scippi e rapine sono aumentati del 70 % nelle zone ad alta concentrazione di “compro oro”. In Parlamento giacciono da tempo nel cassetto due progetti di legge che vorrebbero far emergere dalla deregulation (ad esempio con l’obbligo di inviare entro 24 ore alla Questura ogni informazione sugli oggetti e un borsino dell’oro usato) un settore dove non tutto quello che luccica, è oro.
 

 

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