Tensioni a Hong Kong: il seno diventa “un’arma”

La giovane Ng Lai-ying condannata a tre mesi e mezzo di carcere con l’accusa di aver aggredito un poliziotto con il seno. Centinaia in piazza a Hong Kong per sostenere la giovane. 

La città di Hong Kong si è resa protagonista, lo scorso marzo, di un episodio bizzarro che lascia molta amarezza nei confronti di una ragazza accusata di aver “aggredito” un poliziotto con il seno durante una manifestazione. Numerosi sono scesi in piazza la scorsa settimana a Hong Kong per protestare contro la condanna a tre mesi e mezzo di carcere che è stata inflitta a Ng Lai-ying, sfilando di fronte alla sede della polizia in reggiseno e mostrando cartelli con scritto “i seni non sono armi”.

Una protesta, chiamata “la rivolta dei reggiseni”, di molte donne ma anche uomini che, indignati per la decisione della Corte di Hong Kong, hanno voluto far sentire la propria voce riguardo quella che sembra essere una condanna sessista. Secondo i dati rilevati da “La Stampa”, il fatto è accaduto durante una manifestazione contro il governo cinese, allo scopo di contestare delle decisioni riguardanti il commercio al confine tra la Cina e la regione amministrativa della Repubblica popolare, a cui la ragazza aveva preso parte.

Durante la protesta, stando alle dichiarazioni degli agenti, la ragazza avrebbe urtato un poliziotto con il seno. Da qui sono scattate le accuse reciproche tra la giovane e il poliziotto Chan Ka-po. La prima ha accusato il poliziotto di averla aggredita sessualmente, di contro Chan Ka-po ha accusato la ragazza di averlo “aggredito” con il seno. Un’accusa anomala, per la giovane, dal sapore maschilista, che con grande indignazione della popolazione cinese è stata accolta dalla Corte. Inoltre non è stata aperta nessuna inchiesta riguardo le accuse mosse da Ng Lai-ying nei confronti del poliziotto.

Il triste epilogo di questa vicenda si è concluso di recente con la condanna a tre mesi e mezzo di carcere della ragazza malgrado vi siano prove fotografiche che documentano il trattamento poco ortodosso della polizia verso la giovane: Ng Lai-ying è stata fotografata sanguinante in viso mentre veniva trascinata a forza dalla polizia. Una vicenda amara che rappresenta il riflesso di una società ancora piena di contraddizioni. Infatti se da un lato, Ng Lai-ying ha trovato solidarietà da parte di centinaia di cinesi che hanno protestato in piazza per sostenerla, dall’altro la ragazza è diventata uno dei tanti simboli che nel 2015 deve combattere contro una società ancora basata su discriminazioni di genere, anche nell’ambito della giustizia.

La ragazza infatti si è sentita dire di sfruttare la sua identità femminile per rovinare il poliziotto, attraverso l’accusa di molestie. “La rivolta dei reggiseni” ha contribuito in questi giorni ad accrescere il clima di tensione che contraddistingua da un po’ di tempo la città. In centinaia hanno rappresentato un popolo, o almeno una parte di esso, che pretende una maggiore giustizia per tutti, al di là delle differenze, puntando soprattutto sul fatto che, malgrado le accuse di molestie mosse dalla ragazza non è stata aperta nessuna inchiesta a riguardo.

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