Teatro Stabile di Catania: il grande Franco Branciaroli e la follia pirandelliana di “Enrico IV”

L’appuntamento è alla Sala Verga dal 27 gennaio al 1° febbraio. Scene e costumi sono firmati da Margherita Palli, le luci da Gigi Saccomandi, altri nomi di prestigio per la produzione realizzata da CTB Teatro Stabile di Brescia e dal Teatro de Gli Incamminati.

CATANIA – Un successo così non si registrava da tempo sulle scene italiane. Acclamato da mesi in tournée nazionale, il grande Franco Branciaroli approda al Teatro Stabile di Catania con “Enrico IV” di Luigi Pirandello, un classico della drammaturgia del Novecento, di cui è regista e interprete.
L’appuntamento è alla Sala Verga dal 27 gennaio al 1° febbraio. Scene e costumi sono firmati da Margherita Palli, le luci da Gigi Saccomandi, altri nomi di prestigio per la produzione realizzata da CTB Teatro Stabile di Brescia e dal Teatro de Gli Incamminati. Accanto al protagonista agiscono, in ordine alfabetico, Melania Giglio, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti, Tommaso Cardarelli, Valentina Violo, Daniele Griggio, e ancora Sebastiano Bottari, Andrea Carabelli, Pierpaolo D’Alessandro, Mattia Sartoni.
Branciaroli affronta una pietra miliare della poetica pirandelliana, che porta in scena i grandi temi della maschera, dell’umorismo, dell’identità tra forma e vita, evidenziando nel contempo la contraddittorietà tragicomica dell’esistenza umana. Dopo i recenti successi ottenuti con “Servo di scena”, “Il Teatrante” e “Don Chisciotte”, l’artista continua la sua indagine sui grandi personaggi del teatro, portando sulla scena il dramma del Girgentano, scritto nel 1921 e rappresentato per la prima volta il 24 febbraio 1922 al Teatro Manzoni di Milano.
Considerato – insieme a “Sei personaggi in cerca di autore” – il capolavoro teatrale di Pirandello, “Enrico IV” è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all’autore del rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità, come si evince in una lettera che l’autore inviò a Ruggero Ruggeri, uno degli attori più noti dell’epoca, raccontagli la trama e concludendo che vede in lui il solo attore in grado d’interpretare e dare corpo e anima al ruolo del titolo.
Scrive infatti: “Circa vent’anni addietro, alcuni giovani signori e signore dell’aristocrazia pensarono di fare per loro diletto, in tempo di carnevale, una “cavalcata in costume” in una villa patrizia: ciascuno di quei signori s’era scelto un personaggio storico, re o principe, da figurare con la sua dama accanto, regina o principessa, sul cavallo bardato secondo i costumi dell’epoca. Uno di questi signori s’era scelto il personaggio di Enrico IV; e per rappresentarlo il meglio possibile, s’era dato la pena e il tormento d’uno studio intensissimo, minuzioso e preciso, che lo aveva per circa un mese ossessionato. (…) Senza falsa modestia, l’argomento mi pare degno di Lei e della potenza della Sua arte».
Il protagonista, del quale magistralmente non ci viene mai svelato il vero nome, quasi a fissarlo nella sua identità fittizia, è descritto minuziosamente da Pirandello. Enrico è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma dell’impossibilità di adeguarsi ad una realtà che non gli si confà più, stritolato nel modo di intendere la vita di chi gli sta intorno e sceglie quindi di “interpretare” il ruolo fisso del pazzo.

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