Sindrome della rassegnazione, centinaia di bambini rifugiati ne sono affetti

Cos’è la sindrome della rassegnazione? Per molti sarà uno strano disturbo e mai sentito prima d’ora, ma tristemente reale ed attuale. È nato in Svezia e affligge i bambini dai 6 ai 15 anni.

In Svezia, centinaia di bambini traumatizzati sono afflitti da questa sindrome, mentre i primi casi iniziarono a comparire a partire dal 2003. Si cade in una sorta di condizione simile ad un coma profondo, la cui durata varia da alcuni mesi ad addirittura alcuni anni. I bimbi rifugiati utilizzano questa “difesa” per fuggire dalla paura e dallo stress che affrontano a causa del cambiamento e delle incertezze della loro vita.

Dasha è una bambina di 7 anni, che ha vissuto per più di anno in stato catatonico. Durante un’intervista, i genitori raccontano che non sanno come possa essere accaduto, perché la bambina si mostrava essere molto vivace, atletica e felice. Chi soffre di questa sindrome, viene alimentato con un sondino e sottoposto a stimolazioni come ad esempio l’utilizzo del ghiaccio sul ventre, che svela se vi sono variazioni di pressione arteriosa e frequenza cardiaca. Il più delle volte, se il sonno è molto profondo, non vi è alcuna reazione, proprio come è stato nel caso di Dasha. Questo processo avviene gradualmente, come spiega una psichiatra infantile. Smettono di parlare, mangiano e bevono sempre di meno, fino a smettere del tutto. Non conoscendo la malattia, i genitori dei bambini pensano che sia letale. Per evitare l’atrofia dei muscoli, vengono regolarmente fatti dei massaggi sulle gambe, sulle braccia e ai piedi, eseguendo anche dei movimenti rotatori.

La famiglia di Dasha fuggì in Svezia chiedendo lo status di rifugiati, dopo mesi di minacce subite nel loro Paese di origine. La madre venne pedinata e infine picchiata, torturata e stuprata. Se il padre non si fosse fatto vivo, l’intera famiglia, compresi i bambini, sarebbero stati uccisi. Un vero dramma, ciò che queste persone hanno dovuto subire per tornare a vivere pacificamente! I bambini erano all’oscuro di tutto, ma avendo imparato la lingua svedese, avevano capito quello che stesse accadendo attorno a loro.

Un altro dei tanti  altri casi è quello di Karen, di anni 12, in stato catatonico da oltre 14 mesi. «Uno studente modello, anche gli insegnanti in Svezia dissero che era molto bravo in matematica, adorava la scuola», disse la madre.

Il pediatra Kall Sallin spiega che gli immigrati affetti dalla malattia, arrivano maggiormente da Paesi come le ex repubbliche sovietiche, i Balcani oppure appartengono a certe minoranze etniche. Questo è anche il caso di Leyla, la bimba yazida in stato catatonico da 11 mesi. Anche la sorella ha mostrato gli stessi sintomi e la famiglia rischia di essere deportata. Gli yazidi vengono considerati come famiglie di serie B e di conseguenza perseguitati.

Lo psicologo Mikael Billing: «Non sappiamo spiegarci come mai in Svezia, ci siano più bambini con questa sindrome, che in altri Paesi. Siamo a conoscenza di altri casi simili in altri Paesi, ma sono pochi. Al momento non abbiamo spiegazioni convincenti del fenomeno.»

È possibile che nello sviluppo malattia, pesino fenomeni culturali legati alla Svezia, poiché le famiglie vivono nell’incertezza dovuta al loro status di rifugiati. Si tratta, comunque, di una sindrome ancora in parte sconosciuta dagli scienziati. È certo che la guarigione dipenda dal ripristino della speranza e sembra che siano i genitori stessi a trasmetterla, sentendosi più fiduciosi e sicuri.

I genitori di Dasha, dopo alcuni mesi, ottennero il permesso di soggiorno permanente in Svezia. Una volta svegliatasi dal lungo sonno, dice di non ricordare nulla di quello che le è successo.

La Svezia accoglie da anni un gran numero di rifugiati. Il sentimento di anti-immigrazione, però, è in costante crescita, facendo diventare le politiche di asilo più severe. Negli ultimi tre anni, sono stati contati più di 200 casi di sindrome della rassegnazione.

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