Riforma Fiscale: autotutela a tutto campo nel rispetto dei cittadini

La riforma fiscale del Governo Meloni prevede che l’atto del Fisco potrà essere sempre annullato, nel caso di evidenti errori, o di errate valutazioni di diritto e di fatto operate. Stop agli accertamenti basati su presunzioni cervellotiche e inconsistenti: sarà rafforzato l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche con l’indicazione delle prove su cui si fonda la pretesa dell’ufficio.

Francofonte, 27 agosto 2023. La legge delega per la riforma fiscale, entrata in vigore il 19 agosto 2023, prevede un’autotutela senza limiti, nel caso di evidenti errori del Fisco, o di errate valutazioni di diritto e di fatto operate, nonostante la definitività dell’atto. E’ quello che prevede l’articolo 4 “principi e criteri direttivi per la revisione dello Statuto dei diritti del contribuente”, della legge 9 agosto 2023, n. 111 “delega al Governo per la riforma fiscale”. E’ infatti previsto il potenziamento dell’autotutela, ampliando le ipotesi di impugnabilità del diniego espresso e del silenzio rifiuto nell’ipotesi di atti divenuti definitivi, affetti da evidenti illegittimità, che potranno pertanto essere censurate nel merito in sede giurisdizionale. Per riformare il sistema tributario, ci sarà tempo fino al 29 agosto 2025, cioè entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge 9 agosto 2023, n. 111, che è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 189 del 14 agosto 2023, ed è entrata in vigore il 29 agosto 2023.

Le due tasse che si pagano per l’oscurità delle leggi: parola di Cassese

Nel 1993, cioè 30 anni fa, allo scopo di fornire quella necessaria trasparenza secondo i principi contenuti nella legge 7 agosto 1990, n. 241, legge che annovera tra i suoi principi ispiratori la pubblicità o conoscibilità dell’azione amministrativa e il diritto di accesso ai documenti delle pubbliche amministrazioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento per la funzione pubblica, fornì alle amministrazioni pubbliche il manuale “Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche”. L’allora ministro per la funzione pubblica Sabino Cassese, nella “prefazione” del manuale, illustrò i motivi per i quali occorreva dotare le pubbliche amministrazioni di un manuale per aggiornare lo stile amministrativo. Un motivo particolare era quello di <<Un’amministrazione che non si fa comprendere e non sa esprimersi>> quando utilizza <<sigle incomprensibili, forme antiquate, espressioni rompicapo, che sembrano fatte apposta per allontanare il cittadino dalla casa comune, quale dovrebbe essere lo Stato>>. Sabino Cassese proseguì, affermando che esistono <<Atti, moduli, bandi che respingono (invece di aiutare) il cittadino. Espressioni fuori dall’uso comune. Anche queste sono cause di quella frattura tra cittadino e Stato, di cui si discetta, in termini altisonanti, senza porvi riparo. E per porvi riparo, bisogna cominciare anche dal linguaggio e dallo stile che gli uffici pubblici adoperano, nel comunicare con i loro clienti abituali. Questi, i cittadini, sono titolari di molti diritti, ma non di quello a vedersi chiamati in forme piane e comprensibili. Accade, così, che chi sia chiamato a contribuire, con il pagamento delle imposte, alle spese dello Stato, e sia richiesto di riempire moduli rompicapo, abbia l’impressione di pagare due tasse: una palese, e una occulta, costituita dalle ore trascorse nel riempire il modulo e dall’esercizio di pazienza impostagli>>. E’ curioso notare che il predetto manuale “Codice di stile” venne completato a fine 1993, cioè nell’anno in cui si è avuto il 740/93, modello che, per la sua complessità, venne denominato “lunare” dall’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Ora, si può e si deve sperare che la futura revisione dello Statuto dei diritti del contribuente potrà fare “rivivere” l’autotutela.

Per una vera autotutela, l’ufficio deve rispondere alle istanze dei cittadini

L’autotutela è lo strumento che impiega il cittadino per farsi ascoltare dagli uffici, in genere, quando ritiene di avere subìto un’ingiustizia. La nuova norma potrà fare “rivivere” l’autotutela, che negli ultimi anni è stata dimenticata. Capita spesso, infatti, che le richieste di annullamento in autotutela vengono lasciate “lettera morta”, con alcuni uffici che non le prendono in considerazione e non rispondono alle sollecitazioni dei cittadini. Per una vera autotutela, sarebbe necessario che il Fisco fosse obbligato a rispondere alle istanze dei cittadini. Perché l’autotutela, così com’è, senza obbligo di risposta in tempi certi, serve a poco o nulla. In questa grande confusione fiscale, sicuramente una delle peggiori degli ultimi 20 anni, l’autotutela, oggi più che mai, appartiene al passato, tanto è vero che, come si è detto, alle richieste dei contribuenti spesso gli uffici restano in silenzio. Silenzio che è peggio di una risposta negativa. Come sempre, gli unici a beneficiarne sono i veri evasori. E poi si continua a parlare di “lotta all’evasione”, che, al pari dell’autotutela, appartiene al passato. Con la nuova norma, la responsabilità dei funzionari è limitata solo alla condotta dolosa e questo dovrebbe agevolare l’autotutela. Con l’estensione dell’autotutela, prevista dalla legge delega, i contribuenti saranno più tutelati. Può essere il caso di un professionista, nei cui confronti è stato emesso un accertamento, che si è reso definitivo perché non è stato presentato ricorso. L’atto dell’ufficio era basato su un controllo bancario, che ha considerato compensi evasi i redditi di pensione regolarmente dichiarati dal professionista. Nonostante la definitività dell’atto, l’ufficio potrà rimediare in autotutela, escludendo dall’accertamento i redditi di pensione.

Atti motivati con prova a carico del Fisco

E’ inoltre previsto che va rafforzato l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche mediante indicazione delle prove sulle quali si basa la pretesa. Al riguardo, si ricorda che l’articolo 6 della legge di riforma della giustizia tributaria del 31 agosto 2022, n. 130, ha introdotto all’interno dell’articolo 7 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, il comma 5-bis. La norma, in vigore dal 16 settembre 2022, pone ex lege, l’onere della prova a carico del Fisco, che non può addossare l’incombenza sul soggetto accertato. Insomma, basta con gli accertamenti basati su presunzioni cervellotiche e inconsistenti, che pretendono di ribaltare l’onere della prova, cioè della “probatio” diabolica, a carico del contribuente. Per alcuni uffici, sulla base di presunzioni infondate e illegittime, l’onere della prova spetta al contribuente “presunto” evasore. E’ invece l’ufficio, per legge, che deve provare le contestazioni e i rilievi fatti con l’accertamento fiscale, indicando le ragioni oggettive (e non le presunzioni) su cui si basa la richiesta del Fisco. Perciò, la decisione del giudice deve essere fondata sugli elementi di prova che emergono nel giudizio; il giudice annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fonda la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. 

Legittimo affidamento e certezza del diritto

E’ previsto che il Governo, nell’attuazione della delega, valorizzi il principio del legittimo affidamento del contribuente e il principio di certezza del diritto. Il principio del legittimo affidamento del contribuente è già presente nell’articolo 10 del vigente Statuto del contribuente. Esso afferma che i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede, e che non sono irrogate sanzioni, né chiesti interessi al contribuente qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa. E’ vietata l’irrogazione di sanzioni quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando la violazione è meramente formale e non dà origine ad alcun debito di imposta. Il richiamato articolo 10 <<Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente>>, stabilisce che i rapporti tra fisco e contribuente devono essere improntati al principio della collaborazione e buona fede. “Buona fede” è il contrario della malafede: è cioè uno stato di ignoranza nel quale si trova la persona nel momento in cui compie un’azione da cui si presume che avrebbe agito diversamente, se avesse conosciuto le circostanze che ignorava. Con la legge sui diritti del contribuente, la buona fede ha rilevanza anche in campo tributario.

Il Garante nazionale del contribuente

La legge delega prevede inoltre l’istituzione del Garante Nazionale del Contribuente, con soppressione del Garante del contribuente, attualmente operante presso ogni direzione regionale delle Entrate e direzione delle Entrate delle province autonome. Lo Statuto dei diritti del contribuente, di cui alla legge 212 del 27 luglio 2000, comunemente chiamato in forma abbreviata Statuto del contribuente, insieme agli articoli 3, 23, 57 e 97 della Costituzione rappresenta uno dei fondamentali riferimenti nell’ordinamento italiano per quanto riguarda i principi generali della normativa in materia tributaria. Il Garante Nazionale del Contribuente sarà un organo monocratico, che riceverà un incarico di durata quadriennale, rinnovabile per una volta sola. Egli avrà piena autonomia economica e funzionale e sarà dotato di una struttura idonea. I poteri del nuovo Garante, innanzitutto corrisponderanno a livello nazionale a quelli che lo Statuto del Contribuente, al suo articolo 13, legge 212/2000, attualmente conferisce ai Garanti di livello regionale. In casi di particolare rilevanza, in cui si fossero verificate situazioni negative nei rapporti tra il contribuente e l’amministrazione, il Garante Nazionale potrà fornire indicazioni vincolanti per l’amministrazione stessa al fine di ripristinare in tempi brevi un rapporto con il contribuente improntato a certezza del diritto, trasparenza, affidamento e buona fede.

I diritti del contribuente devono essere rispettati

Finora, è spesso capitato che, per la complessità del sistema fiscale, i diritti del contribuente sono rimasti solo sulla carta e sono stati spesso calpestati. Ora, la speranza è che i diritti del contribuente siano finalmente rispettati da tutti. Al riguardo, il relatore al provvedimento della legge sui diritti del contribuente, nel presentare il disegno di legge nel lontano mese di agosto del 1996, affermò che lo statuto si propone <<di dare attuazione ai diritti fondamentali del contribuente, tra i quali si ritiene di poter annoverare quelli alla informazione e alla assistenza, alla chiarezza delle norme tributarie, alla adeguata conoscenza delle conseguenze delle proprie azioni sul piano fiscale, alla speditezza e tempestività dell’azione fiscale, alla semplificazione degli adempimenti, alla tutela dell’affidamento, alla equità e ragionevolezza delle sanzioni, all’equo e regolare svolgimento delle procedure di accertamento>>. Promesse e parole che, come si è detto, sono spesso rimaste sulla carta, e che sono in buona parte “ricopiate” nella nuova revisione del sistema fiscale, di cui alla legge delega 111/2023.

Per il vice ministro Leo sarà una riforma storica

La riforma fiscale fortemente voluta dal vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, denominata infatti “riforma Leo”, tende a migliorare l’ordinamento tributario esistente. Ed è per questo che lo stesso vice ministro Leo, il 4 agosto 2023, ha affermato che <<L’approvazione … della delega fiscale rappresenta un risultato storico, siamo di fronte ad una riforma epocale che l’Italia aspetta da oltre 50 anni>>. In aggiunta alle semplificazioni degli obblighi dichiarativi e di versamento previste dalla legge delega, fanno ben sperare anche le norme in tema di:

  • statuto dei diritti del contribuente;
  • potenziamento dell’autotutela;
  • rafforzamento dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche mediante l’indicazione della prova su cui si fonda la pretesa;
  • razionalizzazione delle sanzioni;
  • riduzione dei tempi del contenzioso;
  • accertamenti collaborativi e solidali.

L’obiettivo è anche quello di favorire la cosiddetta tax compliance, per invitare i contribuenti all’adempimento spontaneo degli obblighi tributari e favorire l’emersione volontaria delle basi imponibili. Nell’ottica degli accertamenti collaborativi, tra Fisco e contribuenti, ci vuole più contraddittorio, più confronto, più condivisione. Insomma, più preventiva intesa e meno contenzioso.

Mimma Cocciufa e Tonino MorinaEsperti fiscale del Sole 24 – Ore

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