R.I.P. Anita Ekberg, la dolce musa di Federico Fellini

L’attrice svedese si è spenta, a 83 anni, nell’ospedale San Raffaele di Rocca di Papa (Roma). La bellissima icona del cinema, simbolo de “La dolce vita”, era da tempo malata

Il suo nome è da sempre legato alla Fontana di Trevi, in quella magica notte in cui improvvisò un irriverente bagno, con quel lungo vestito, richiamando, in modo suadente, il celebre Mastroianni: “Marcello, come here! Hurry up!” (Marcello, vieni qui! Sbrigati!, ndr). Lei è Anita Ekberg, all’anagrafe Kerstin Anita Marianne Ekberg, nata a Malmö, in Svezia, il 29 settembre 1931, stella simbolo de “La dolce vita”, morta all’età di 83 anni nella clinica San Raffaele di Rocca di Papa, in provincia di Roma, dove era ricoverata da tempo.

Lei, la musa di Federico Fellini, che affettuosamente soleva chiamarla “Anitona”, è stata icona del cinema mondiale in un’epoca irripetibile, costellata di stelle bellissime.

Ma lei, femme fatale per eccellenza, aveva le idee chiarissime: dotata di una parlantina diretta, una volta ebbe l’ardire di dire ‘Sono stata io a rendere famoso Federico Fellini, non il contrario!’. A contraddistinguerla, quasi in antitesi con la sua sfrontatezza, un’estrema delicatezza: quando il “suo” regista morì, fu l’unica a tenersi in contatto con la moglie, Giulietta Masina. Si, perché Fellini era proprio il “suo regista”, a lui legata in modo quasi viscerale, ‘Quando Fellini si è ammalato io stavo sempre in contatto con la moglie. Le telefonavano per sapere come stava. Poi, quando è morto, continuavo a telefonare. Lei un giorno si confidò: “Sai una cosa, Anita, io ho pensato sempre male di te, perché credevo avessi una relazione con mio marito. Ma quando Federico stava male e era in ospedale, mi contattavano attori e attrici. Quando è morto, non mi ha chiamato più nessuno. Solo tu”’, raccontò la stessa Anita.

Da anni la Ekberg pativa condizioni economiche difficili: risale al 2011 la sua ultima richiesta d’aiuto. Ridotta in miseria, chiese il sostegno della Fondazione Fellini di Rimini, a seguito del ricovero in una casa di cura di Rocca di Papa per una caduta, che le aveva procurato una frattura al femore, rendendola non più autonoma.

Da anni viveva a Genzano, cittadina dei Castelli romani.

Addio dolce Anita…

Un breve excursus della sua carriera, dalla Svezia a Hollywood, sino all’approdo in Italia

Kerstin Anita Marianne, come accade in molte famiglie numerose svedesi (aveva sette tra fratelli e sorelle) vive un’infanzia libera e indipendente. A 19 anni è già una donna emancipata: nel 1950 la sua bellezza è immensa, tanto da farle guadagnare il titolo di Miss Svezia. Fu così che si trasferì negli Stati Uniti per partecipare al concorso di Miss Universo: non lo vincerà, ma le si aprirà un nuovo mondo, quello di Hollywood, all’epoca alla ricerca di attrici belle, bionde, dal volto angelico, che possano incarnare il modello di bellezza americano, della donna di casa perfetta. Ma la Ekberg, donna determinata, dal carattere forte e anche estremamente simpatica, diventa amica di grandi attori hollywoodiani, che adoravano annoverarla tra le loro più strette conoscenze e come invitata alle feste. Sarà, però, grazie al regista e magnate Howard Hughes che otterrà il primo suo contratto, con la RKO: non finirà mai sul set, ma, in compenso, riceverà una proposta di matrimonio – rifiutata, come è ben noto – dallo stesso Hughes. Ma capisce che quella strada è possibile e che la sua bellezza è un vero potere…

Inizia così gli studia di recitazione e nel 1953 arriva il suo primo ruolo, nella pellicola “Abbott and Costello Go to Mars” di Charles Lamont, in cui recita la surreale, fantascientifica parte di una guardia venusiana. A questo film seguirà, lo stesso anno, “La spada d’oro”, di Nathan Juran, in cui recita anche Rock Hudson. Da quel momento Hollywood le darà un nomignolo: sarà “The Iceberg”, gioco di parole tra il suo nome e cognome, ispirato ai ruoli misteriosi di questi due film, che comunque la videro sempre nelle vesti di personaggi marginali. Successivamente, nel 1955, le verrà affidata una parte più importante, sempre in un film che punta tutto sulla frivolezza, sul gioco, sull’ironia: è “Artisti e modelle”, di Frank Tashlin, dove recita accanto a Jerry Lewis e Dean Martin. L’anno successivo arriva il primo ruolo da protagonista, sempre sotto la direzione di Tashlin e ancora a fianco della fenomenale coppia comica Lewis-Martin: “Hollywood o morte!”, interpretazione che le valse il suo primo Golden Globe come miglior attrice emergente. Poi, il salto: King Vidor la chiama per il kolossal “Guerra e pace”.

In Italia giunge solo nel 1959: qui avrà la sua vera fortuna. Sarà, in breve, la svedese che trova l’America, in Italia però. Viene chiamata a Roma da Guido Brignone per recitare in un film minore, “Nel segno di Roma”. Poi, per lei, sarà solo una vita “dolcissima”. Le riprese del capolavoro di Federico Fellini cominciano nella primavera del 1959 e si concludono quell’estate. Anita Ekberg, ventottenne, è Sylvia, una prorompente attrice straniera che viene accompagnata dal giornalista scandalistico Marcello Rubini (Marcello Mastroianni) in giro per la città. Da allora la Ekberg diventa la “musa di Fellini”: con il regista inizierà una lunga intesa, che la vedrà lavorare, da lui diretta, in “Boccaccio 70” (1962) e, negli anni Settanta e Ottanta, ne “I clown” (1970) e “L’intervista” (1987).

Terminata l’esperienza di fine anni Cinquanta in Italia, tornò negli Stati Uniti. È il 1963 quando Hollywood la accoglie a braccia aperte, per girare una serie di film tra cui “Chiamami Buana”, di Bob Hope e il western “I 4 del Texas”, diretto da Robert Aldrich, con un cast di stelle che vanno da Frank Sinatra a Dean Martin, fino a Charles Bronson e a un’altra bionda esplosiva: Ursula Andress. Quell’anno, dopo un primo legame durato dal 1956 al 1959 con l’attore inglese Anthony Steel, si sposa con un altro attore, lo statunitense Rik Van Nutter: un matrimonio che si concluderà nel 1975. Dopo il divorzio, per alcuni anni, diventerà l’amante segreta di Gianni Agnelli.

Nella seconda metà degli anni Sessanta diventerà “italiana”, spostando la propria residenza nel nostro Paese, dove lavorerà perlopiù in produzioni europee come “Scusi, lei è favorevole o contrario?” (1966), con Alberto Sordi e “Sette volte donna” (1967) di Vittorio De Sica, insieme a Shirley MacLaine. Da quel momento la sua carriera subirà una lenta discesa: il 1970 coincide con una serie di apparizioni in film scadenti, come “Casa d’appuntamento”, con Barbara Bouchet, nel thriller “Suor omicidi” (1978) di Giulio Berruti e nello spaghetti western “La cavalcata della vendetta” (1972) di Richard Harrison. Il primo gennaio 1970, a 39 anni, appare nuda sulla copertina di Playboy.

Sarà la madre di Valeria Marini in “Bambola” (1996), di Bigas Luna e una cantante lirica in là con gli anni ne “Il nano rosso” (1998) di Yvan Le Moine. La sua ultima apparizione, ironia della sorte, avverrà sul piccolo schermo. Reciterà, nel 2002, in due episodi della fiction “Il bello delle donne”, su Canale 5. Il suo volto arriverà nelle case degli italiani, sempre attraverso la tv, ancora una volta: è il 5 novembre 2010 quando viene invitata da Carlo Conti nella sua trasmissione, “I migliori anni”, per il cinquantesimo anniversario de “La dolce vita”. Ma è tristemente chiaro: i migliori anni sono andati, la dolce vita è svanita, proprio come in quel bellissimo sogno firmato Fellini. 

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