POPULISMO E MEMORIA STORICA, CONTRIBUTO DI PINO CURRO’

Il dott. Pino Currò, Presidente Associazione Familiari Soggetti Autistici “IL VOLO”, sempre in prima linea per far valere i diritti di chi, noi società, dovremmo aiutare sempre di più, pone questa riflessione: “Vogliamo far nascere un futuro migliore? Bene! Guardiamo al passato! Intanto nella nostra città. mi associo ad un messaggio, che attualmente condivido con alcuni amici: “Ricostruiamo i luoghi della memoria!“Messina_Palazzata_Simone_Gullì3432

Nella giornata di ieri si sono svolte due manifestazioni diverse fra di loro, ma, a mio giudizio, complementari. In una il prof. Marco Tarchi in un suo libro ha affrontato il tema del populismo. Nell’altra si è parlato della Rivoluzione del 1847-48 che ha interessato Messina e l’intera Sicilia.

Di populismo se ne discute tanto negli ultimi temi, spesso in modo inappropriato. Comunque per contrapporlo a chi mantiene una linea di condotta rivolta a soddisfare egualmente tutte le classi sociali, anche se poi finisce per privilegiarne qualcuna. In ogni caso interessato a mantenere l’ancien regime. Ma vi sono populismi che nascono come tali ed altri che lo diventano. In ogni caso è opportuno ricordare che tutti si appellano al popolo per ottenere la propria legittimazione. Diciamo pure che ai populismi si accompagna una forte componente di movimentismo. Come possono essere il M5s e la Lega, che sono al governo ma nel contempo non rinunciano a manifestazioni di piazza, a sottolineare che la componente protestataria è irrinunciabile. Anche se sono loro ora a prendere le decisioni. Altra cosa è verificare fino a che punto ciò risulti coerente ed efficace. Ma la protesta in questa fase politica contraddistingue tantissimi movimenti a livello internazionale. Non vi può essere per lungo tempo acquiescenza alle gravose e impopolari decisioni di chi governa, soprattutto quando gli spazi di manovra, imposti da una economia globalizzata, sono estremamente ridotti. Solo una economia sana non ha questi sussulti, in quanto si basa su un largo consenso. Non è il caso dell’Italia. Pertanto, c’è da prevedere per il nostro Paese un lungo periodo di populismo. Il populismo non rappresenta di per se un problema. Lo diventa quando aumenta il solco fra Paese reale e Paese protestatario. Quando la percezione che il cittadino ha di Esso lo fa sentire come una scappatoia, un rifugio dalle responsabilità generali, che sono di tutti. Quando fa crescere le contrapposizioni. Quando la maggioranza silenziosa che attinge al Web e alla TV non sa concepire altra occasione di autentica partecipazione, poiché non si coinvolge neanche nei movimenti di piazza. In quanto non è composta da militanti. Sembrerà eccessivo o fuori luogo, ma a questo punto ritengo di primaria importanza, che tutti, facciano essi parte della maggioranza che dell’opposizione, possano esperire la loro militanza. Cioè affermare, con forza, ma con una diversa capacità storica rispetto al passato, la propria appartenenza ad un’idea. Il nostro dramma odierno è che con la morte delle ideologie sono morte anche le idee e con esse le buone idee. Si discute poco e niente. La politica sembra appartenere esclusivamente agli addetti ai lavori. La ricomposizione del tessuto sociale può avvenire solo lasciando il più ampio spazio possibile alla libera espressione e quindi alla convergenza delle idee e con esse alla tolleranza. Insomma bisognerebbe innamorarsi della Politica. Solo così può avviene un vero processo di pacificazione in cui si compendiano le varie visioni del mondo, prima delle esigenze. Altrimenti qualsiasi democrazia è destinata a morire o ad una perenne malattia. I padri fondatori della nostra Repubblica ci hanno dato una lezione di vita. Il comunista Palmiro Togliatti nel Giugno del 1946, quale Ministro di Grazia e Giustizia decretò una amnistia che condonava le pene di tantissimi fascisti che avevano collaborato col Regime, tranne i fatti più gravi, portandoli alla scarcerazione. Il democristiano Alcide De Gasperi in un discorso memorabile pronunciato a Parigi alla Conferenza della Pace nell’agosto del 1946, rivendicò con orgoglio la vocazione dell’Italia alla pace, nonostante fosse stata trascinata in una guerra disastrosa. Il socialista Sandro Pertini in un discorso di fine anno, quale Presidente della Repubblica, ebbe a dire rivolto ai giovani: “Battetevi sempre per la libertà e siate tolleranti” e citando Voltaire “Io combatto la tua idea diversa dalla mia. Ma sono pronto a dare la mia vita affinché tu possa manifestare liberamente la tua idea”. Il comunista Luciano Violante, ex magistrato, nel 1996, all’atto del suo insediamento quale Presidente della Camera dei Deputati, ripropose una pacificazione generale. Parlò dei ragazzi di Salò che avevano immolato la loro vita al pari dei Partigiani, invitando tutti, non a giustificare, ma a compenetrarsi nelle ragioni dell’altro. Ma questi erano UOMINI d’altri tempi. Ha ragione Claudio Baglioni, quando osa affermare, in un format quale è quello di un festival, che dovrebbe, a giudizio dei benpensanti, occuparsi solo di divertimento, che il nostro Paese è incredibilmente incattivito, rancoroso, incapace di esprimere tolleranza. Un Ministro della Repubblica lo ha ripreso dicendogli “Canta che ti passa!”. Le ragioni di un popolo da far valere sempre, anche a livello internazionale, si impongono soprattutto quando fa leva sulla forza della propria democrazia e conseguentemente della propria memoria storica. A cominciare dai Padri della Repubblica che citavo prima. Solo così si acquista credibilità e si può avanzare a testa alta. Solo attingendo alle buone prassi di un passato recente si può attuare un cambiamento autentico.

A questo punto si innesta il secondo evento. Sono passati 170 anni dalla Rivolta di Messina contro la Monarchia borbonica del 1847-48. Si ricordano atti di grande eroismo, di prolungata resistenza all’attacco del nemico. Poco importa se l’unificazione dell’Italia avvenuta negli anni successivi non avrebbe conseguito i frutti sperati. Le giuste battaglie si portano avanti sempre! Senza pensare ai risultati. Gli abitanti di Messina di allora diedero dimostrazione di fortissima coesione, di capacità di riconoscersi come popolo, di non voler sottomettersi alla tirannia e alle angherie. Oggi sembra incredibile che tutto questo sia avvenuto! Se pensiamo al messinese stanco e sornione. Dimenticato tutto! Così come sembrano rimosse, in tempi più ravvicinati, le esperienze a cavallo del 1970 e 80, che mostrarono un grande fervore nelle attività industriali produttive della città di Messina, legate soprattutto alla Cantieristica navale e al settore agrumario. Ho inteso ricordare questi avvenimenti nel mio libro di recente pubblicazione: “Le Utopie di ieri e quelle di oggi”. Vogliamo far nascere un futuro migliore? Bene! Guardiamo al passato! Intanto nella nostra città. mi associo ad un messaggio, che attualmente condivido con alcuni amici: “Ricostruiamo i luoghi della memoria!”Anche se fisicamente non esistono più o rimangono dei ruderi.

La Memoria, per chi ci tiene, non si cancella!

Messina, 16.01.2019

                         Pino Currò

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