L’analisi della grande vittoria ottenuta dal ciclista sardo, gli aiuti mancati a Nibali e le delusioni Valverde e Quintana. Si chiude la Vuelta 2015, nel segno sempre più marcato di Fabio Aru.
Fabio Aru ha vinto la Vuelta Espana edizione 2015. Un bel successo, nel GT più combattuto dell’anno, che lancia il giovane sardo definitivamente in orbita. E’ stata una vittoria conseguita con merito, senza se e senza ma. Al via era fra i protagonisti attesi, in sua compagnia Froome, Quintana, Valverde, Nibali, Rodriguez, Van Garderen, Majka, ebbene fra tutti costoro è stato l’unico che non ha mai deluso le attese. Sempre lucido, sempre attivo, è stato fra primi ad attaccare in salita ed è stata sua l’ultima spallata decisiva dell’ultim’ora che gli ha consentito di vincere la corsa. Nel mezzo una condotta di gara spesso con il coltello fra i denti, sempre con l’obiettivo fisso della roja, mai a lesinare uno scatto, tirando fuori sempre tutto anche quando ha dovuto difendersi. Nulla da dire, ha tutte le stimmate del grande corridore.
In questa impresa è stato splendidamente coadiuvato dal suo team. L’Astana ha tenuto d’occhio tutta la corsa dall’inizio alla fine. Voglio subito specificare che l’ha fatto in direzione di Aru, sin dall’inizio, lasciando sbigottito Nibali e tutti i suoi tifosi (me compreso) dopo la caduta del messinese verso il Caminito del Rey. Evidentemente i piani resi noti alla vigilia erano veri, il capitano, la priorità in corsa era Aru. Se ne potrà discutere all’infinito , ma con il senno di poi hanno avuto ragione loro. Nel proseguo poi, sono state di Aru e dei suoi le prime rasoiate che hanno evidenziato le smagliature nella condizione di Froome, è stata sempre l’Astana che lungo le rampe della Collada de la Gallina l’ha definitivamente eliminato.
Nel dopogara si saprà degli strascichi della caduta che avevano condizionato il rendimento dell’inglese, ma in gara l’hanno stanato loro. La tappa ha fatto storcere il naso per la vittoria consegnata a Landa. Il basco, con il suo resto della Vuelta e con quanto fatto in primavera al Giro, ha dimostrato ampiamente di meritare il regalo scaturito da quella difficile decisione. Nel trittico cantabrico, il momento della Vuelta nel quale Aru ha messo in forte discussione il suo successo, la squadra ha corso bene prevalentemente in difesa (su tutti Landa ad Ermita de Alba), il capitano non chiedeva altro. Per concludere, le tappe dopo la crono culminate con la perla tattica di ieri, una tappa corsa in modo perfetto, dove Vanotti, Cataldo, Rosa, Zeits, Leon Sanchez e l’immenso Landa hanno portato con mano Aru sul gradino più alto. Scusate se è poco.
Tutti dietro l’angolo coloro i quali hanno, spesso e volentieri, criticato il comportamento tattico dell’Astana. Al di là delle vittorie e delle sconfitte, bisogna ancora una volta sottolineare che la squadra kazaka ha tenuto vivi i tre GT. Lo ha fatto da protagonista al Giro e alla Vuelta, ma anche in alcune tappe di montagna del Tour ha manovrato bene i suoi uomini, per cercare di mettere in difficoltà gli avversari. Il concretizzarsi del lavoro poi dipende da tante variabili sulle quali nulla puoi incidere, mi riferisco ai percorsi, e alla forza degli avversari. In ogni caso, a differenza di altre formazioni, su tutte la Movistar ed in questa Vuelta ci metto anche la Katusha, hanno dimostrato di non restare passivi a subire gli eventi. Elogio dovuto ed un po’ amaro, perché resta un po’avvolto nel mistero il motivo per il quale il team non sia riuscito ad affiancare in modo ottimale Nibali al Tour. Quello comunque è un capitolo chiuso (definitivamente?) che, forse casualmente, poco o nulla ha pesato nella bella storia della Vuelta di Aru.
Tanti elogi meritano altri protagonisti della corsa. Su tutti Tom Dumoulin, il passista l’olandese ha disputato una grande Vuelta, centrando due successi parziali e cedendo proprio sul filo di lana. Dovesse migliorare la sua tenuta nelle tappe con salite lunghe e sequenziali, dove il fondo emerge in modo netto, diventerebbe un osso duro per tutti. Affiancato da una squadra per lui, non gli mancherebbe nulla per primeggiare. Poi Chaves, anche lui due successi parziali e protagonista assoluto della prima parte, ed ancora Joaquim Rodriguez, un’altra volta sul podio in un GT seppur mai vincente. Purito corre sempre con il braccino corto, forse questo è il suo “limite”. A Sotres Cabrales ed Ermita de Alba, lui ed i suoi, avrebbero dovuto osare di più. Come sarebbe finita? Non lo sapremo mai e soprattutto non chiedetelo ad Aru. Alla fine ottimo terzo posto per Majka, frutto esclusivamente di una grande regolarità. Insufficienti, invece, Quintana e Valverde, autori di una corsa fatta di tanti alti e bassi e mai veri protagonisti.
Fra gli altri ricordiamo gli ottimi bottini della Trek, tre successi con Stuyen, Van Poppel ed il redivivo Franck Schleck, e della Lampre, due successi da altrettante imprese di Oliveira e Plaza. Occhio al futuro di Gougeard, giovane francese di belle speranze. Sfortunata la Vuelta di Sagan e Paulinho, sciaguratamente centrati da moto al seguito. Per una volta Tinkoff ha parlato bene.
Infine i nostri. Oltre Aru ed i connazionali dell’Astana, in tanti hanno ben figurato. Su tutti le prestazioni che hanno portato alle vittorie del sempre più convincente Sbaragli e di De Marchi. Il friulano è tornato a livelli consoni dopo uno sfortunato lungo scorcio di stagione passato a cercare di superare guai fisici. Poi bene Visconti, grande faticatore dall’inizio alla fine, Brambilla, buona classifica, Puccio, secondo ad Alto Campoo, Montaguti, sempre combattivo. Qualche buon sprazzo anche da Pozzovivo.
E’ stata una bella Vuelta, molto combattuta, con tanti capovolgimenti di fronte, corsa sempre sul filo dei secondi. Poco importa che a me il suo percorso non sia piaciuto.
Gli organizzatori, ed io ci aggiungo Aru, se ne fregano, hanno molto di che gongolare!
P.S.: a Madrid, nella classica kermesse di chiusura, si impone Degenkolb, mentre Valverde strappa la maglia verde a Rodriguez, grazie ad un perfetto gioco di squadra Movistar, con due uomini a tirare il collo al gruppo per quasi mille metri. Astana docet!