Quando i Beatles non erano ancora i Beatles, ovvero la leggenda di Santino e i Rokketti. Santino Rocchetti e Mario Paparozzi oggi presentano lo spettacolo “Parole e Musica” per far conoscere la storia dello storico complesso che nel Cantagiro del ’67 incantò anche il pubblico della Catania Rock.
Ovunque vengono ospitati è per loro e per tutti un grande successo la rivisitazione oggi della storica band Rock – Rhythm and blues italiana degli anni sessanta, fondata a Civitavecchia nel ’58 e che prende nome dal cognome di due componenti, i fratelli Mario e Santino Rocchetti. Un gruppo già al passo con i tempi ma che purtroppo venne sottovalutato anche da molti “esperti del settore” musicale italiano di quel periodo.
Globus Magazine ha sentito il bassista Mario Paparozzi, basso e voice solista. Con lui, affabile comunicatore e musicista dei grandi ricordi, si ripercorre – anche attraverso le pagine del suo libro – la storia di una breve ma intensa carriera di uno dei gruppi italiani apprezzati da Harrison e McCartney.
…e proprio da quell’incontro storico al Blauer Peter di Amburgo – l’Orange Blossom Special del ’62 – che parte una bella storia di vera musica.
Una bobina ritrovata nel 2011 da una fan tedesca ha riportato alla luce questa registrazione dei Rokketti effettuata da George Harrison e Paul McCartney dei Beatles nel 1962, ad Amburgo.
Mario Paparozzi: Tutto rinasce nel Febbraio 2011.
Una signora tedesca, Ursula Kemper, chiede di entrare a far parte del gruppo “I Rokketti” su Facebook. Scrive che è una loro vecchia fan dal 1963, quando con i suoi amici li seguiva ogni volta che suonavamo nelle città della Renania del Nord.
Dopo un paio di mesi la signora Ursula comunica all’amministratore della pagina di avere ritrovato nella sua soffitta una vecchia bobina che ascoltava da ragazza, dove sarebbero registrate una dozzina di canzoni eseguite dai Rokketti.
Su accorata richiesta, promette di recapitare personalmente quel nastro e il registratore indispensabile per poterlo ascoltare, a settembre, quando sarà in Italia per le vacanze estive. L’ascolto di quel nastro si rivelò scioccante per gli ex ragazzi!
Una canzone dopo l’altra, mentre il ricordo si faceva sempre più nitido, si ritrovarono a quella notte di cinquant’anni prima.
Ursula Kemper “Mario è bello leggere come era allora la situazione. Dai! Una grande storia… coinvolgente per tutti i lettori! “
L’incontro con i Beatles: Nel 1962 ad Amburgo destano l’interesse di un gruppo inglese che si esibisce allo “Star Club“, che va ad ascoltarli, quando loro suonano al “Blauer Peter”. I due locali si trovano nel rione di St. Pauli, in una traversa della Reeperbahn, uno di fronte all’altro. Il primo è il più importante locale rock di Amburgo, il secondo è quello più frequentato dalla gente della notte in quanto aperto dalle 4,00 fino alle 10,00 del mattino. Qualche mese dopo i ragazzi di quel gruppo sarebbero diventati i Beatles.
Era tra la primavera e l’estate del ‘62. I Rokketti suonavano al Blauer Peter di Amburgo, il locale che dalle tre fino alle undici del mattino accoglieva tutto il meglio e tutto il peggio della vita notturna amburghese. A pochi metri di distanza c’era lo Star Club, dov’era di scena la band inglese che conobbero l’anno precedente, quando per un paio di mesi si trovarono a suonare gomito a gomito in due importanti locali della Reeperbahn: loro al Kaffeehaus Menke e gli inglesi al Top Ten.
Come vecchi amici che si rivedono dopo tanto tempo, in un clima di grande cordialità, strette di mani e presentazione dei nuovi arrivati – entrambi i gruppi avevano cambiato batterista – ritrovarsi nuovamente ad Amburgo fu veramente una piacevole sorpresa per ognuno di loro.
Amburgo, dicembre 1962 – Locandina Kaffee Menke
Una sera, durante la pausa al Blauer Peter, il chitarrista e il bassista della band inglese presenti nel locale con il resto del gruppo, chiesero a Mario Rocchetti di poter sistemare un registratore sul suo pianoforte, perché avrebbero voluto registrare qualcosa del loro successivo intervento. Dopo qualche mese Mario & Company rimasero folgorati dalla notizia del più grande fenomeno musicale che stava invadendo il mondo.
Quel chitarrista e quel bassista erano George Harrison e Paul McCartney.
“Nemmeno a Londra dove andavo spesso per scoprire nuovi talenti, ho mai sentito un gruppo così straordinario”. Disse Alberto Marozzi nel ’65, dopo aver ascoltato i Rokketti al Piper Club. Prima che il tempo faccia svanire nell’oblio la testimonianza di un paradosso, l’ascolto dei brani contenuti in quella vecchia bobina, tornata alla luce dopo più di mezzo secolo, potrebbe suggerire interessanti dibattiti di carattere storico-culturale sui Rokketti, del tipo, “La Musica Rock al tempo dei Beatles”: quando i Beatles non erano ancora i Beatles.
Roma, ottobre 1958. Dancing Florida – Mario Rocchetti e il suo Complesso:
Mario Rocchetti, Bruno Corbelli, Enzo Galli, Adalberto Venturini, Santino Rocchetti, Giuseppe Moscaroli.
C’era una volta... “Era il 10 ottobre 1960. Con un chitarrista di 14 anni (Santino Rocchetti), un sassofonista di 16 (Gianni Bonavera), un pianista (Giuseppe Moscaroli), un fisarmonicista – vibrafonista (Mario Rocchetti) ed io al contrabbasso, tutti di 19 anni, con l’unico maggiorenne, il batterista (Enzo Galli) di 21 anni, probabilmente siamo stati la più giovane “orchestra da varietà” che mai si sia esibita in Germania”.
Grazie al secondo posto conquistato nel campionato europeo di fisarmonica del 1957, a 17anni Mario Rocchetti – Montalto di Castro, VT – formò un complesso che chiamò con il proprio nome, con suo fratello Santino, di 11 anni, alla chitarra. Dopo un periodo di rodaggio nel viterbese, nel 1958 il salto di qualità al Florida di Roma, il locale vicinissimo al Teatro Sistina, dove l’attività andò avanti per circa un anno, fino alla scrittura per una tournée di due mesi in Germania del nord.
A novembre del ’59 i ragazzi partirono in treno alla volta di Braunschweig.
Erano tutti minorenni: 13, 15, 17 e 18 anni, tranne il batterista che aveva 21 anni. Arrivati a destinazione non ebbero nemmeno il tempo di montare gli strumenti, perché dopo aver presentato i documenti alla direzione del locale, venne detto loro che non avrebbero potuto suonare. Colpevoli di essere troppo giovani, sarebbero stati espulsi dalla Germania. Nel pieno di una crisi di pianto riuscirono a impietosire il proprietario che alla fine, rispettando le regole, li avrebbe fatti lavorare, ma a una condizione pressoché impossibile: fino al termine del contratto i due ragazzi con meno di sedici anni avrebbero dovuto lasciare il locale entro le ore 22:00.
“Privi di alternative poi fu veramente dura suonare tutte le sere, per le rimanenti sei ore, senza il chitarrista e senza il sassofonista. Ma la determinazione e soprattutto la paura di tornare a casa sconfitti e senza soldi, anziché l’espulsione, fecero guadagnare al complesso un altro prezioso mese di contratto“.
Da Braunschweig, sempre in treno, a Stoccolma: due mesi al Gröna Lund, il più grande parco dei divertimenti d’Europa.
Poi dalla Svezia di nuovo in Italia. Ancora al Florida di Roma, finché una sera il solito impresario tedesco non propose un contratto straordinario che, partendo da Francoforte, li avrebbe impegnati per sette mesi in alcune tra le più grandi città della Germania.
Dai Rocchetti all’europeo fonetico de “I Rokketti”.
Considerando la nuova trasferta più lunga e più impegnativa delle precedenti, si prepararono con maggiore scrupolo, ampliando il repertorio e spendendo fino all’ultima lira per nuove divise e nuovi strumenti. L’estate del ’60 era agli sgoccioli.
I ragazzi contavano le ore che li separavano dalla grande avventura. Il giorno prima della partenza, quando avevano già acquistato i biglietti del treno e spedito per ferrovia
gli strumenti a Francoforte, un maledetto telegramma li avvertì di non partire più. La tournée era stata annullata. I sogni. L’entusiasmo. Tutto finito!
Con il morale a terra, nascondendo ogni segno d’inquietudine ai propri familiari per non farli preoccupare, decisero di partire ugualmente. Avevano in tasca meno di duemila lire in cinque. Anche nella peggiore delle ipotesi, mai avrebbero potuto immaginare le difficoltà che li attendevano. Senza lavoro e senza soldi, dopo dieci giorni di insopportabili disagi, senza mangiare e a dormire sui marciapiedi della stazione centrale di Francoforte, esausti e avviliti, mentre stavano andando al consolato italiano per chiedere informazioni sul rimpatrio con foglio di via…
Il Kaffée Regina, il locale più importante della città attraversava un periodo di crisi. Gli artisti, non riuscendo a svolgere i propri numeri d’attrazione per l’incapacità dell’orchestra, da alcuni giorni non venivano pagati, e per tale motivo avevano dichiarato sciopero. Spronati da alcuni emigranti italiani a cui avevano raccontato la propria disavventura, Mario & company rischiarono di venire scaraventati giù dallo scalone d’ingresso del locale, quando si presentarono alla direzione del Regina come orchestra da varietà. Gli artisti in particolare, pur non avendoli mai sentiti suonare, anziché la sperata solidarietà professionale, mostrarono il proprio disappunto per essere stati buttati giù dal letto per una prova che consideravano inutile.
Furono addirittura accusati di presunzione per aver pensato di rimettere in piedi il locale. Purtroppo giocava a loro sfavore la troppo giovane età, difficile da nascondere. Inoltre, dopo giorni di vagabondaggio e privazioni, avevano più l’aspetto di straccioni usciti dai cassonetti dell’immondizia, che quello di seri e rassicuranti musicisti professionisti. Invocarono. Piansero senza dignità.
Li terrorizzava l’idea di tornare in Italia senza lavoro e senza una lira. Volevano fare quella prova! E se la situazione li faceva apparire arroganti, non gliene fregava niente. Ormai non avevano più niente da perdere! In un clima che più ostile sarebbe stato impossibile, vennero consegnati loro gli spartiti della fantasia che, fra cambi di ritmo, stop e ripartenze, rappresentava la sigla di apertura e chiusura degli spettacoli serali del Regina, di difficile lettura, a prima vista, anche per musicisti esperti.
Glielo fecero apposta! Per mandarli fuori dalle scatole prima possibile. Però… nessuno immaginava che tra quei ragazzini, sporchi e presuntuosi, c’era chi la musica se la mangiava, a “prima vista”. Fu un trionfo!
E fu soprattutto la grandezza del piccolo Mario Rocchetti a evitare un umiliante rientro in Patria. Quel pomeriggio, senza manager e senza impresari, iniziava per i Ragazzi di Piazza Padella la più grande avventura Francoforte, novembre 1960.
Mario Rocchetti e il suo Complesso (seconda formazione): Mario Rocchetti, Giuseppe Moscaroli, Gianni Bonavera, Mario Paparozzi, Enzo Galli, Santino Rocchetti.
Francoforte, fine ottobre 1960. Suonavano al Kaffée Regina, quando una sera alcuni militari USA provenienti dalla vicina base di Wiesbaden, spinsero sul palco un loro commilitone di colore che cantò una canzone, di un certo Ray Charles. Quel cantante che non conoscevano fu per loro come un faro nella notte.
All’inizio di gennaio 1961, poi, conobbero a Düsseldorf The Tielman Brothers, una rock-band indonesiana di straordinaria bravura che ispirò nuove rotte musicali. Le due circostanze determinarono un radicale cambiamento nel modo di suonare, tanto che un’idea assurda s’insinuò dentro di loro come un cancro inevitabile: uscire dal giro dei kabarett, terreno fertile per le orchestre italiane, per tentare di entrare nel giro dei Tanz Palast, i nuovi locali da ballo frequentati in prevalenza da un pubblico giovane.
Ma in quegli anni “complesso italiano” era sinonimo di “chitarra e mandolino”.
Senza manager o impresari musicali, né una casa discografica alle spalle, pensare di vincere lo scetticismo dei gestori, alimentato peraltro da consolidati luoghi comuni, e riuscire a conquistare il pubblico dei Tanz Palast, era come pretendere di risalire controcorrente le cascate del Niagara: impossibile! Consapevoli delle proprie capacità e senza rinnegare le origini, con coraggio e determinazione iniziarono il cambiamento. Per prima cosa venne apportata una leggera ma sostanziale modifica al nome del gruppo.
Per ragioni di fonetica, escludendo banali inglesismi com’era di moda, “Complesso di Mario Rocchetti” lo fecero diventare semplicemente I ROKKETTI, lasciando che mantenesse sia visivamente che nel suono l’indiscussa carta d’identità di “Complesso Italiano”. Santino Rocchetti (chitarrista di 13 anni) e Gianni Bonavera (sassofonista di 15 anni), appena rientrati con il loro complesso da una tournée di due mesi in Svezia, alla vigilia della partenza per la Germania (dove suoneranno ininterrottamente per oltre cinque anni), con il gruppo che prenderà il nome “I Rokketti”.
Oggi tutto ciò potrebbe sembrare patetico e anacronistico, ma allora li rendeva fieri esibire le proprie origini ed essere additati come esempio positivo di “italiani all’estero”. Loro che venivano da Piazza Padella, rischiando di perdere la residenza in Germania, se a causa del cambiamento non fossero arrivati nuovi contratti per sostenere i costi di soggiorno e tutto il resto, spesero fino all’ultimo marco per dotarsi di una strumentazione più potente, indispensabile alla svolta ormai decisa.
Per non rischiare di rimanere senza lavoro il batterista non se la sentì di cambiare genere e scelse la via più sicura: continuare a suonare all’italiana con un complesso tedesco. Al suo posto venne ingaggiato un ragazzo italiano, più giovane, che suonava da un paio di anni in Germania con un gruppo spagnolo.
Con il nuovo batterista, Rock e Rhythm & Blues diventarono il “primo” e il “secondo” della nuova dieta musicale giornaliera.
Dortmund, 1961 – I ROKKETTI: Giorgio Grandi, Mario Paparozzi, Santino Rocchetti, Gianni Bonavera, Mario Rocchetti.
Il 1961 era appena agli inizi. Sebbene giovanissimi, i Rokketti potevamo vantare un curriculum di tutto rispetto: tre anni da professionisti passati a suonare otto ore per notte, in locali di prestigio, da Roma a Stoccolma, fino a quelli delle più grandi città tedesche. Con tenacia e quel po’ di talento importato dall’Italia, suonando 365 giorni l’anno, diventarono uno dei gruppi più richiesti nei locali tedeschi. Era il tempo che nei tanz palast si affilavano le armi di una nuova era musicale, quando per pochi marchi giovani rock-band provenienti da ogni paese si alternavano su quelle pedane, esibendo
genialità allo stato puro, loro erano lì!
Dal 1961 alla fine del ’62 suonarono tre volte ad Amburgo. Per sei mesi. Ogni volta gomito a gomito con una band inglese. Dal punto di vista dello spettacolo e della musica in generale, Amburgo era una città fuori dalla norma. Unica nella trasgressione declinata in tutte le forme, era così ricca di locali da lasciare chiunque a bocca aperta. Tutti concentrati sulla Reeperbahn e nelle strade adiacenti, era frequentata da musicisti e gente dello spettacolo che la rendevano incomparabile in qualsiasi momento della giornata. Ma era durante la notte che musicisti, giovani o meno giovani, s’incontravano più spesso, passando da un locale all’altro, quando potevamo lasciare la pedana al gruppo di spalla. Quelle di sempre le motivazioni: conoscere, apprendere nuove tecniche sul campo e, quando ne valesse la pena, “rubare” tutto il possibile a quelli più bravi.
La Grande Esperienza! Nel 1962 lo Star Club, dove suonava la band di quei ragazzi inglesi, come ogni locale, apriva alle otto di sera e chiudeva alle quattro del mattino.
I Rokketti invece erano il complesso di punta del Blauer Peter – di fronte, sulla stessa via – che apriva alle quattro e chiudeva a mezzogiorno.
L’orario così bizzarro faceva del Blauer Peter il ritrovo quasi obbligato per il popolo della notte amburghese. Musicisti, ballerine e artisti di ogni genere lo prendevano d’assalto quando tutti gli altri locali erano ormai chiusi. Per tale disparità di orari gli incontri con i ragazzi della band inglese in quei due mesi aumentarono, sia quando Gianni, Santino e Mario passavano qualche ora allo Star Club prima di iniziare a lavorare, sia quando gli inglesi, finito di suonare, trascorrevano qualche ora al Blauer Peter prima di concludere la giornata. Fu durante una di quelle notti che il bassista e il chitarrista chiesero ai Rokketti di sistemare un magnetofono sul pianoforte per poterli registrare.
Amburgo, maggio-giugno 1962. Era un tardo pomeriggio, quella volta a Essen-Werden, nella Renania del Nord. I Rokketti si preparavano per andare a Bochum. Alle otto iniziava il lavoro. Con sorpresa e incredulità furono attratti dalla notizia in onda nel telegiornale della televisione tedesca: un servizio dall’Inghilterra dove si parlava del fenomeno che stava facendo impazzire la gioventù inglese. Venivano mostrate scene incredibili.
Vere e proprie manifestazioni di isterico entusiasmo collettivo per una giovane rock-band di Liverpool. Il servizio prevedeva che il fenomeno avrebbe finito per invadere l’Europa. Pensarono a una montatura della stampa inglese.
Quei ragazzi di Liverpool che li avevano tenuti inchiodati davanti al televisore erano I Beatles. Quelli che conobbero ad Amburgo. Quelli con cui si trovarono per diversi mesi a suonare gomito a gomito nel rione St.Pauli, in locali sempre vicinissimi tra loro. Quelli che una domenica pomeriggio del ‘62, prima di Natale, andarono a trovarli al Kaffee Menke e dopo aver chiesto di ascoltare per l’ennesima volta “Delicado”, ebbero sull’accordo finale quell’esagerata reazione d’entusiasmo che Santino & Company non avrebbero più dimenticato (brano strumentale tradizionale brasiliano degli anni ’50 – n.d.r.).
E fu l’ultima volta che le due band s’incontrarono, perché “Quelli” stavano per diventare il più grande fenomeno musicale di tutti i tempi: “quelli saranno giorni cruciali per la storia della musica e i “Ragazzi di Piazza Padella” non potranno nascondere la propria incredulità, quando, di lì a poco, “quei ragazzi inglesi” diventeranno… i Beatles!“
Ad agosto del ’65, dopo tre anni dall’ultimo viaggio in Italia, finalmente riuscirono a programmare una vacanza di due settimane da trascorrere a casa.
Fu in quel clima vacanziero che una sera, durante una suonatina al mare per gli amici di Montalto di Castro, un impresario teatrale di Roma presente nello stabilimento, entusiasta della loro musica, propose per l’indomani un’audizione al Piper Club. Vengono notati dal noto cantante Piero Focaccia, (in servizio militare nella zona), il quale informa il suo impresario, Sandro Gagliardini.
Il pomeriggio del 6 agosto, con un prologo non tanto simpatico, al numero civico 19 di via Tagliamento, a Roma, i Rokketti furono protagonisti di un surreale provino musicale.
Come prima volta in Italia s’aspettavano una migliore accoglienza da parte dei ragazzi chiamati dalla direzione del Piper per giudicarli. Invece per poco non ci scappò la lite! Erano totalmente sconosciuti. Dalle notizie trapelate circa le loro origini di Civitavecchia e Montalto di Castro, vennero apostrofati “burini” a voce alta e platealmente derisi per il nome del gruppo considerato ridicolo e declinato nelle forme più irriverenti. In un clima così stupidamente ostile, con l’entusiasmo di cinque condannati al patibolo, i Rokketti si apprestavano a salire sul palco del locale più prestigioso d’Italia.
Prima ancora di terminare il brano con cui iniziarono quella prova intrisa di nervosismo, si ritrovarono assediati dagli “esperti di musica” che impunemente, come bambini la prima volta in un negozio di giocattoli, colti da un’incontrollata esplosione d’entusiasmo li assediarono sul palco.
Roma, 6 agosto 1965. Contratto Piper Club (prima volta).
Stessa reazione l’ebbero Giancarlo Bornigia e Alberigo Crocetta, i proprietari, che digerito l’iniziale scetticismo, volevano farli debuttare al Piper Club quella sera stessa. Ma ciò non sarebbe stato possibile, perché il 15 agosto i burini dovevano essere di nuovo in Germania per un evento importante. Comunque, anche se sconosciuti e tutto il resto, al termine della prova firmarono due contratti con il Piper Club: uno, dal primo al 26 di settembre 1965, e l’altro per l’intero mese di gennaio 1966.
Quel pomeriggio del 6 agosto 1965 i Rokketti si presero una delle più belle sbronze di soddisfazione della loro storia!
Il debutto italiano al Piper Club, il primo settembre del ’65, fu straordinario! Talmente grande l’entusiasmo che suscitarono, da far perdere di vista la realtà. Quella realtà che per sei anni, pur nell’inesperienza giovanile, aveva contribuito a farli crescere, da soli, lontani dal proprio Paese.
Tornare finalmente a suonare in Italia non era più soltanto un sogno.
Suonammo la prima volta al Piper nel ’65, tutto il mese di settembre. Alla batteria c’era ancora Giorgio Grandi – primo a sinistra nella foto – per quattro anni il nostro batterista in Germania. Quando tornammo la seconda volta al Piper – tutto gennaio ’66 – alla batteria c’era Tassilo Burckard, tedesco, il nostro batterista in Italia fino allo scioglimento del gruppo, nel gennaio del ’69.
Nel 1966 la band civitavecchiese è a Milano per il deinitivo lancio della carriera. “La CBS Italiana aveva pianificato ogni cosa per il nostro lancio: servizi fotografici con le migliori agenzie, albergo e ristorante di prima categoria. Aveva dimenticato di pianificare con noi, soltanto la programmazione delle canzoni che avremmo dovuto incidere”. – “Quale sarebbe stato il destino dei Rokketti, se la CBS Italiana avesse usato per il loro lancio, “Black Time”, all’epoca una novità assoluta in tutti i sensi? E se, per il lato B, come proposto, avessimo inserito quel classico della grande musica strumentale latino-americana come “Delicado”, visto che quando lo suonavamo, ogni volta, lasciava esterrefatti chiunque l’ascoltasse?”
Cantagiro ’67. Dopo una parentesi sempre nel 1966 alla CBS (per la quale incidono, controvoglia, una cover della celebre La poupée qui fait non di Michel Polnareff, incisa anche da I Quelli con maggior successo), ritornano l’anno successivo alla casa che li ha lanciati, e partecipano al Cantagiro 1967 con un brano composto da loro e che meglio li rappresenta, Black time: un rhythm ‘n’ blues contro il razzismo che De Benedictis tenta anche di lanciare, cantato in inglese, all’estero.
Al Cantagiro di quella edizione non poté partecipare il fondatore del gruppo, Mario Rocchetti, perché chiamato al servizio militare. Non rientrerà più nella formazione e sarà sostituito, al pianoforte, da Gianni Flores. Per la stessa manifestazione verranno chiamati come rinforzo Gianfranco Cecere alla chitarra e Renzo Massarelli al sax baritono, tutti elementi di Civitavecchia.
Lanciato al Festival dei Complessi di Rieti nel 1967 il brano arrangiato e interpretato da I Rokketti, ha poi partecipato al Cantagiro dello stesso anno. La canzone originale fu scritta in inglese dagli stessi Rokketti, che a causa della censura Rai, che non l’avrebbe trasmessa, furono poi costretti a farne una versione in italiano.
L’Epilogo. Dopo il successo ottenuto al Cantagiro con Black Time, nel 1968 i Rokketti incidono ancora un brano in puro stile Rhythm and blues Ti rivedrò tra gli angeli (con il lato B Non ti fermare mai), una struggente canzone che mette in evidenza, oltre alla passione della Band per questo genere, le qualità vocali di Santino Rocchetti. Questa sarà l’ultima incisione de I Rokketti.
“Ci proposero di andare in USA sulla scia dei successi in Italia e registrare a Detroit, nella prestigiosa sede della Tala Motown, ma la CDB, la nostra casa discografica, mandò i Delfini … che non incisero niente …“.
Ma come se non fosse già abbastanza il prezzo pagato per i sacrifici e la nostalgia patita in tanti anni di lontananza dal proprio Paese, non avevano calcolato quanto ancora avrebbero dovuto pagare per pareggiare i conti con lo Stato Italiano.
Tra l’inizio di giugno 1967 e la fine del 1968, prima Mario Rocchetti, poi suo fratello Santino e infine Gianni Bonavera, furono chiamati a svolgere il servizio militare. Mario Paparozzi si salvò, perché quell’obbligo lo avevano già assolto i suoi due fratelli più grandi. Tassilo Burckard non ricevette la famigerata cartolina, perché era tedesco. Fu l’inizio della fine! Dopo undici anni di professionismo in Europa, di cui soltanto gli ultimi tre trascorsi in Italia, il 6 gennaio 1969 la favola dei Rokketti si concluse. La loro età media era di appena ventitre anni.
I ROKKETTI – Line up storica
Mario Rocchetti (fondatore) – fisarmonica, vibrafono, pianoforte, cantante.
Santino Rocchetti – chitarra solista, cantante.
Gianni Bonavera – sassofono, seconda chitarra, cantante.
Mario Paparozzi – basso, cantante.
Enzo Galli – batterista (dal 1958 al 1961, in Italia, Svezia e Germania)
Giorgio Grandi – batterista (dal 1961 al 1965, in Germania).
Tassilo Burckard – batterista (dal 1° gennaio1966, al 6 gennaio 1969, in Italia).
Tra le foto dei Rokketti questa è sicuramente quella che oggi ancora emoziona: “Marzo 2018. Eravamo a Montalto di Castro, presso la sede dell’Associazione Culturale C.A.S.A., in occasione della presentazione del libro che racconta la nostra storia, riuniti tutti insieme per l’ultima volta. Con un pensiero affettuoso rivolto a Mario Rocchetti che da un anno non c’è più“. Tassilo Burckard, Gianni Bonavera, Santino Rocchetti e Mario Paparozzi.