José Cura esprime solidarietà ai dipendenti del “Bellini” di Catania

 In occasione del concerto sinfonico-corale, dedica l’esecuzione del “Magnificat” alla memoria di Roberto Formica.

Venerdì 3 e sabato 4 aprile, in occasione delle festività pasquali, ritorna l’appuntamento con la stagione sinfonica al Teatro Massimo “Vincenzo Bellini”: protagonista assoluto e d’eccezione il Maestro José Cura, acclamato e poliedrico artista, affermatosi a pieno titolo sulle scene di tutto il mondo da oltre un ventennio. Un grande ospite a calcare il podio (a meno di una settimana dal concerto di Nicola Piovani, al Bellini con un programma interamente dedicato alla musica da film e ad alcune delle sue più belle colonne sonore).

Tenore molto amato per le sue intense interpretazioni operistiche, nonché compositore, regista e scenografo, José Cura si presenta a Catania di fronte a una calorosa platea di appassionati.
Un emozionante programma, in grado di far vibrare le corde più intime e spirituali, ha impreziosito la serata e l’atmosfera: Tangazo, Variazioni su Buenos Aires di Astor Piazzolla, il Magnificat (Annus Marianus 1988) di José Cura, per l’occasione in prima assoluta, e Sinfonia n. 2 in Mi minore per orchestra, op. 27 di Sergej Rachmaninov.

José Cura nasce a Rosario (Argentina), studia composizione e direzione d’orchestra, per poi trasferirsi a Buenos Aires. Nel coro affina l’abilità del canto, con la vocalità di tenore, con riflessi di baritono. All’inizio degli anni ’90 si trasferisce in Europa dove, grazie alla straordinaria presenza scenica, ottiene fama internazionale. Da anni continua ad emozionare con le sue memorabili interpretazioni, in veste di indiscusso showman e con un approccio singolare e non convenzionale. La personificazione della musica, in poche parole. Nei cartelloni dei maggiori teatri del mondo, si fregia di prestigiose collaborazioni a Londra e Vienna, potendo vantare numerose incisioni discografiche. Da un paio d’anni a questa parte è anche regista di pregio, nuovo ruolo che lo ha visto soggetto di consensi da parte di pubblico e critica.

La serata ha visto un intrigante inizio, con uno sguardo all’America latina e alla rivisitazione sperimentale e modernista del tango tradizionale operata da Astor Piazzolla, con una sonorità malinconica e vitale al tempo stesso. E’ toccato, quindi, al “Magnificat”, scritto dallo stesso José Cura, in occasione dell’Anno Mariano istituito da Papa Giovanni Paolo II, quando lo stesso Maestro aveva appena 25 anni. Contemporaneamente alla fine della composizione, nacque il suo primogenito. Rimasto a lungo nel cassetto insieme a uno “Stabat Mater” e a una “Messa per i defunti”, il “Magnificat” ha visto la luce per la prima volta su invito del Teatro Massimo “Bellini”, ventisette anni dopo la sua composizione.

Gli inediti di José Cura sono stati, infatti, ultimamente “riesumati” dall’artista, grazie all’interessamento e alla curiosità dei teatri di tutto il mondo. Insieme all’orchestra, al coro e ai tecnici del Teatro, la soprano Manuela Cucuccio ha incantato e commosso la platea con la sua splendida voce. In chiusura, il “sentimentalismo psicologico” di Sergej Rachmaninov ha incantato con la Seconda Sinfonia in Mi minore, ispirata dalla liturgia ortodossa, che, nei suoi quattro movimenti, coinvolge tra solenne e struggente lirismo, spiritualità e il ritmo incalzante della danza. Ma il concerto non è stato contrassegnato soltanto dalla grande intensità di note, degli strumenti e del cuore.

José Cura ha dedicato sincere splendide parole di solidarietà per il Teatro e per i suoi dipendenti. “In questi giorni ha dichiarato il Maestrocon i professori d’orchestra, con i membri del coro, con gli amministrativi e con i portieri, ho avuto l’opportunità di condividere la famiglia del Teatro, tra momenti di amicizia, cene, arrabbiature, prove, musica… e tristezza, preoccupazioni, non solo per i parecchi mesi di stipendi. Stipendi che vogliono dire famiglie con problemi, affitti e tasse non pagate: vita quotidiana. Tutti siamo disposti a investire in un futuro, ma se si tratta di un futuro certo. Se il futuro è nero e il presente è nero, la combinazione risulta devastante: per questo indossiamo al braccio questi nastri di colore viola (colore della penitenza e dell’attesa secondo il rituale cattolico n.d.r.). Anche voi dovete portare questi nastri, qui, nel cuore. Se voi non proteggete il Teatro, non lo protegge nessuno. Il Teatro vi appartiene!“.

Quindi, la dedica dell’esecuzione del “Magnificat” alla memoria di Roberto Formica, operaio del Teatro Stabile di Catania, colpito da un malore. Uno scrosciante applauso ha fatto seguito all’accorato appello di José Cura, grande Artista a tutto tondo e grande Uomo. Grazie Maestro!

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