Jihad. Guerra all’Occidente: Maurizio Molinari racconta il Medioriente

  • Il direttore della Stampa ha presentato ieri a Palazzo della Cultura il suo ultimo libro: Jihad. Guerra all’Occidente. Ne hanno discusso con l’autore il neo sindaco della città Metropolitana Enzo Bianco e il giornalista Nino Milazzo. A moderare l’incontro il giornalista Salvo Fallica. Un’analisi lucida e puntuale sulla questione mediorientale calandola nella sua realtà senza buonismi e retorica quella fatta da Molinari che conosce profondamente la realtà del Medio Oriente.

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Perché discutere di Medio Oriente? C’è una sorta di miopia in Occidente quando si parla di terrorismo: subito pronti a scendere in piazza o celebrare le vittime sui social quando le stragi insanguinano l’Europa ma quasi indifferenti quando le bombe esplodono nella vicina Istanbul, l’antica Costantinopoli.

Le stragi terroristiche, l’avanzata dell’Isis, le guerre intestine dell’Islam, riguardano tutto l’Occidente e la Sicilia, al centro del Mediterraneo, gioca un ruolo fondamentale.

Sono due i testi di Maurizio Molinari che analizzano la questione Mediorientale:Il Califfato del terrore. Perché lo stato islamico minaccia l’Occidente” e “Jihad. Guerra all’Occidente” – esordisce Nino Milazzo, grande firma siciliana -. L’analisi che compie Molinari analizza da vicino la questione mesopotamica e la creazione di una “dorsale islamica” che dallo Stretto di Gibilterra porta alle Filippine. Ma che ruolo ha avuto l’Occidente in tutto questo? Emerge il ruolo della Turchia – continua Milazzo – che da un lato dice di schierarsi contro l’Isis ma dall’altro teme i movimenti indipendentisti curdi che minano nel profondo la sua unità nazionale. Emerge la Russia di Putin e il ruolo sempre più forte che ha nelle politiche mediterranee. Emerge un’America sempre più isolazionistica. Ma emergono contemporaneamente anche tante domande: anche se Isis (o Daesh) venisse sconfitta cosa emergerebbe dopo? Una nuova Libia o un nuovo Egitto? quello che l’Occidente non capisce è che è impossibile “esportare” un concetto occidentale di democrazia nei paesi islamici” conclude Milazzo.

“Non possiamo parlare di terrorismo solo quando le bombe esplodono in Occidente e tacere quando le stragi insanguinano il M.O.- afferma Enzo Bianco -. Questo libro ci fa comprendere quanto sia pericoloso sottovalutare questa Jihad”.

jihadLa questione della guerra contro il Califfato è qualcosa di nuovo e dirompente per la storia eurocentrica.

Le carte geografiche che abbiamo nelle scuole, i  nostri atlanti, raffigurano un mondo che non esiste più. La Siria, il Libano, la Libia, l’Iraq hanno confini che non corrispondo più a quelli tracciati. É un mondo nuovo che non siamo ancora in grado di comprendere. Non è solo una guerra asimmetrica, sono anche nuovi i nemici che ci troviamo ad affrontare. Siamo di fronte al riemergere della “notte della storia”, a scontri tribali che risalgono a prima di Maometto e della nascita stessa dell’Islam” spiega Molinari.

Quella del direttore de La Stampa è una lezione di storia contemporanea lucida e spietata. Non addolcisce il racconto ma taglia la realtà come con un’accetta. Quello che conoscevamo, quello che eravamo abituati a pensare dell’Oriente, della Guerra, delle alleanze e degli scontri non sono più schemi attuabili.

L’attuale situazione del Medioriente richiama condizioni tribali desertiche, di violenze per noi occidentali non comprensibili.

La violenza di Isis rispecchia la violenza del deserto – afferma Molinari -. Una violenza spietata che nasce dalla necessità della difesa o della conquista dei pozzi d’acqua. E se osserviamo bene le conquiste, Daesh non cerca di prendere le grandi città ma insediamenti con acqua e spesso lungo le vie carovaniere. Nel deserto non è più ricco chi possiede più territori ma chi possiede i pozzi d’acqua, che vanno difesi con la vita“.

“La dimostrazione di forza serve a incutere terrore nel nemico che non oserà attaccare: in quest’ottica si possono leggere anche gli attacchi all’Occidente. Spaventare, terrorizzare i nemici per dimostrare la propria superiorità”.

Molinari pone anche attenzione agli scontri intestini dell’Islam.

Non esiste, infatti, un “Islam” unico, ma tanti gruppi ad iniziare da Sunniti e Shiiti, in lotta millenaria tra loro e anche tra shiiti stessi. Interpretazioni del Corano assimilate alle tradizioni tribali precoraniche che si scontrano e incontrano.

Questioni religiose e questioni tribali spesso si incontrano ma molto spesso si scontrano ed è questo uno dei motivi di maggiore instabilità: come combatti un nemico che fino al giorno prima era alleato o neutrale?”.

Dobbiamo innanzitutto capire che “a dispetto delle ideologie importate dall’Europa negli ultimi cento cinquant’anni, dal socialismo al panarabismo, dal fascismo alle “primavere” democratiche, arabi e musulmani restano in gran parte leali ai gruppi etnici, tribali, religiosi, settari e familiari perché la loro cultura è fortemente incentrata su tali radici, identità ed equilibri di forza” scrive Molinari nel suo libro.

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“La rivolta popolare tunisina scoppiata il 14 gennaio 2011 e che dà inizio alla “Primavera araba” viene letta – continua nel capitolo “clan tribali e faide nel deserto” – viene letta da al-Hadi al Timoumi, studioso della Tunisia contemporanea, come una riaffermazione delle divisioni tribali contro lo Stato Moderno”.

Alla domanda su come si possa affrontare un nemico come il terrorismo islamico risponde: “Per prima cosa con una maggiore collaborazione tra cittadini e forze di sicurezza. Se i terroristi puntano a mettere in crisi il nostro stile di vita la risposta non può venire solo da una maggiore efficacia delle forze di sicurezza ma da una maggiore collaborazione tra cittadini e queste. Non è possibile tuttavia paragonare gli attacchi terroristici del XX secolo con quelli di oggi. Il nemico è totalmente diverso. Tentare di leggere il XXI secolo con le lenti del Novecento significa andare incontro a terribili sconfitte”.

Quella mediorientale, oggi più che mai, dimostra il cambiamento epocale che stiamo vivendo, la Grande Storia che si muove, la geografia che muta e gli equilibri secolari che si sgretolano.

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