Intervista al prof. Mario Scamardo

“Geltrude” anima generosa dentro un cuore puro: la riconoscenza oltre ogni limite dell’amor terreno! Il professore siciliano Mario Scamardo ci parla del suo ultimo libro di recente pubblicazione.

Mario Scamardo, cominciamo questa intervista  con un salto nella memoria. Nella metà degli anni 70 hai dato vita al gruppo teatrale “Le maschere Jatine”. Raccontaci?

“L’introduzione al mio prossimo libro “IL FASCINO DELLE MUTAZIONI”, dal sottotitolo (La mafia è femmina) comincia così: Era la fine degli anni ’70 del secolo scorso, il periodo in cui i giovani rampolli di una mafia sempre più aggressiva e sanguinaria cercavano di mettersi in luce. Abbigliamento griffato, orologi di grandi marche, barbe curate e macchine di lusso. In commissione degli esami di maturità presso l’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura di San Cipirello e San Giuseppe Jato, una commissaria di Lettere mi fece leggere alcuni compiti di alcune allieve, ed in parecchi era descritto il sogno della loro vita, la loro più grande ambizione, quella di poter sposare uno di questi rampolli, facendone nomi e cognomi e di poter godere dei frutti delle loro malefatte. Qualche compito riportava anche i suggerimenti di  qualche mamma e la complicità delle stesse.  La domanda che ci ponemmo in una assemblea di docenti fu: Cosa ha fatto la scuola per educare gli allievi alla cultura dell’antimafia? La risposta fu quasi unanime: poco o nulla!
Uscii sconcertato da quella riunione, mi resi conto che lo Stato, a cominciare dalla scuola era stato assente. Un pomeriggio ne parlai con un insegnante delle elementari, amico da sempre, il maestro Filippo Cusenza, e la risposta fu:
Bisogna impegnare più ragazzi possibili dopo l’orario scolastico, affinché non vengano reclutati come manovalanza. Ci siamo recati alla Scuola Media e abbiamo incontrato i due insegnanti di musica, il prof.  Aurelio Bombagini ed il prof. Salvatore Bottino. In quattro abbiamo messo su una filodrammatica , una banda musicale, un gruppo folcloristico e un corpo di margiorettes, per farla breve, toglievamo dalla strada, impegnandoli, per cinque giorni la settimana, circa duecento ragazzi. Grazie ai direttori didattici, e ai presidi di Scuola Media che si sono alternati per tanti anni. Nessuno di questi ragazzi  è finito preda della malavita organizzata. Ancora oggi, la filodrammatica rappresenta opere teatrali e non dimentica il parroco del tempo, Don Pietro D’Aleo che ha messo a disposizione, senza indugio alcuno, degli ampi locali attigui alla chiesa.
Grazie Filippo, grazie Aurelio, grazie Salvatore, grazie Don Pietro, grazie ai ragazzi che ci hanno seguito, contribuendo a rendere migliore questa società”.

Il tuo amore per la Sicilia e le sue tradizioni è palese. Ti sempre battuto per far si che la nostra lingua siciliana potesse essere argomento di studio nelle scuole. Cosa si è fatto finora  per fare attuare questo scopo?

“Da buon siciliano sono innamorato della terra in cui sono nato ed ho vissuto. Il Siciliano non è un dialetto, ma quella lingua che ha partorito nel tempo i vari dialetti che si parlano in tutte le regioni d’Italia. La lingua siciliana è un patrimonio che non va perduto, una lingua capace di esprimere un concetto e, con le stesse parole, esprimere il suo contrario; una lingua in cui è totalmente assente il tempo futuro, la lingua di Ducezio, di Ermocrate, eroi dimenticati, la lingua di Ciullo d’Alcamo, dell’abate Meli, di Martoglio, delle maschere palermitane Nofriu e Virticchiu, dei pupari e degli opranti, la lingua fatta di gestualità in grado di farne capire a chiunque il significato. Poco o nulla si è fatto per conservarla, ed anche la scuola che avrebbe dovuto essere in testa, per non far perdere un così tale importante patrimonio,  ha incrociato le braccia, attendendo che la piena dei francesismi o dei termini anglosassoni, la cancellino del tutto”.

Nel tuo romanzo dal titolo “I semi del melograno nano” fai riferimenti anche storici; citi per esempio  i vicoli del cortile cascino. Raccontaci e elencaci anche altri riferimenti storici con i loro significati reconditi?

“Mentre si consumava il “Sacco di Palermo” ad opera di politici conniventi con la malavita organizzata,  facendo vivere gli stessi tra gli agi ed il lusso, tra i vicoli palermitani i bambini a piedi  nudi, macilenti e febbricitanti, guazzavano nei fanghi creati dalle fognature a cielo aperto. Il Cortile Cascino, il ghetto che era ubicato a due passi dai palazzi del potere, a un tiro dalle meraviglie della Cattedrale, a cento metri dal Palazzo di Giustizia, era il luogo dove i bambini vivevano le loro giornate guazzando nella mota e dove c’erano più topi che tegole sui tetti ed i loro giacigli infestati da scarafaggi, pidocchi, cimici e non mancavano i casi di infezione dovuti alla scabbia. Mai le autorità si interessarono a loro, nessuno mai si accorse che  “l’obbligo scolastico” era soltanto un titolo che scorreva talvolta sui giornali locali, e per non dimenticare quanto scrisse il sociologo Danilo Dolci, riporto una sua frase: “…e tutto questo accadeva sotto lo sguardo incurante e indifferente degli amministratori e dei cittadini benpensanti!” I palazzi bombardati del porto furono ricostruiti molto lentamente e le stamberghe lungo le rive del fiume Oreto, persero il loro aspetto dopo che il “miracolo economico”  attraversò il trentennio che ci portò alla fine degli anni  ’80 del secolo scorso”.

Nelle ultime pagine del tuo libro il melograno nano scrivi un resoconto del tuo pensiero di scrittore. Ci vuoi elencare quali sono secondo te i punti morali, sociali e psicologici per i quali vale sempre la pena seguire?

“Nessuno è tenutario delle Verità Rivelate, guai ad essere convinti di possederle! Spesso l’uomo si cimenta in lunghi discorsi, parla a iosa e si perde tra i meandri contorti del suo disquisire. Ascoltare è un’Arte, parlare lo è un po’ meno! Bisogna convincersi che senza ascolto non c’è sapere e non c’è crescita senza dialogo. L’uomo di oggi è colto dall’intolleranza, dalla fretta, dalla voglia di primeggiare, ostentando quell’arroganza che contiene al suo interno soltanto una grande insicurezza. L’Uomo di Nazareth insegnò: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te e non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”, predicò la tolleranza, l’amore universale. Una grande utopia? Si, ed è per ciò che la tolleranza insegna la pace universale. “Io posso non condividere quello che tu dici o pensi, ma ho l’obbligo di rispettarlo!” Ricordiamoci che il nostro avversario non è il nostro nemico ma la persona con cui dialoghiamo, ci confrontiamo e razionalizziamo, egli  è colui che ci permette di crescere. Diceva Voltaire: “Non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita affinché tu possa dirlo”.  Convinto come sono che l’orgoglio è la peggiore delle passioni umane, io sono orgoglioso soltanto della mia ignoranza”.

Il tuo ultimo romanzo si intitola GELTRUDE. L’hai dedicato a tua moglie che  si è prodigata per tutta la sua vita alla famiglia. Quali sono secondo te i valori  che la donne deve avere. Cosa insegneresti alle giovani donne?

“Rispettatevi, ma soprattutto fatevi rispettare! Le donne possiedono una cosa che gli uomini neppure se la sognano, esse sono dotate del senso pratico delle cose, ciò le rende speciali. La donna più brutta al mondo è sempre più armonica dell’uomo più bello, questo rende la donna padrona del mondo. Non è uno spacco nel vestito, un capo firmato, un gioiello particolare o un tatuaggio intrigante che rende una donna interessante, è  la luce che sprigionano i suoi occhi, il suo linguaggio pacato, il suo sapere ascoltare, il profumo della sua pelle, che la rendono indispensabile nella vita di ogni uomo ed in seno alla famiglia. A tutte le donne direi: amate voi stesse e non consentite ad alcuno di usarvi!  Tenete a distanza gli adulatori, essi hanno sempre un altro scopo!”.

Ci potresti anticipare per sommi capi la trama del tuo libro dal titolo “Geltrude”?

“La trama di GERTRUDE lasciamo che la scoprano i lettori. Posso anticipare ciò che Gertrude dice con la sua vita, col suo essere donna, col suo comportamento, con le sue scelte serie e ragionate, con la sue enorme riconoscenza per chi l’ha amata e non. Gertrude parla a tutte le donne e a tutti gli uomini e spiega con la sua condotta di vita cos’è l’amore”.

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