Intervista allo scrittore Michele Eugenio Di Carlo

Lo scrittore Michele Eugenio Di Carlo è il FONDATORE “RETE CULTURALE MERIDIONALISTA PER L’EQUITA’ TERRITORIALE”. Attualmente è uno dei promotori della rete meridionalista “CARTA DI VENOSA”. È professore di materie scientifiche e vive a Vieste sul Gargano.

Ha scritto quattro libri: “Contadini e braccianti nel Gargano dei briganti” (2015), “Il Gargano al crepuscolo del settecento”( 2018), “La secessione letteraria” ne “La questione meridionale” (2019), “Sud da Borbone a brigante” ( 2020).

Michele Eugenio Di Carlo, certamente si può affermare, che lei, professore ama la sua terra! E’ infatti il promotore di tante interessanti iniziative che coinvolgono i suoi concittadini. Ce ne parli?

“Ho fatto la mia parte anche come cittadino attivo, molto supportato in questo dal compianto assessore regionale alla cittadinanza attiva Guglielmo Minervini, presente a San Nicandro Garganico a un convegno nell’ottobre del 2009 quando iniziammo una battaglia per conoscere quali rischi i cittadini corressero a causa delle navi affondate al largo del mare Adriatico e non solo. Un convegno dal quale nacque un comitato civico che ho presieduto e che si è poi occupato con un certo successo di bloccare le estrazioni petrolifere al largo del Gargano e gli impianti eolici off-shore, di cui si sente riparlare solo in questi giorni. Allora convincendo i sindaci e le amministrazioni del Gargano a vietare quegli impianti in un’area a valenza turistica e ambientale importante a livello internazionale”.

Lei è fondatore del movimento MERIDIONALISTA per l’equità territoriale. Di cosa si tratta e che scopi ha?

“È un’associazione politico culturale che si ispira ai principi e ai valori della Costituzione e della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo. L’Equità è intesa non solo come effettiva uguaglianza dei diritti per tutti i cittadini, ma quale compito prioritario dello Stato, delle istituzioni e dell’intera comunità, secondo quanto detta la Costituzione, perché si realizzino le condizioni morali e materiali per offrire a tutti, uomini e donne, ovunque vivano, le stesse opportunità di sviluppare le proprie doti. Valori quindi irrinunciabili, specie in questa fase di globalizzazione finanziaria in cui aumentano le disuguaglianze interne agli Stati fino a generare profonde ingiustizie.  L’Equità intesa quindi come valore universale, che nel nostro contesto, il Mezzogiorno d’Italia, costituisce l’esempio del più duraturo divario al mondo fra aree di uno stesso Paese, causato da politiche sociali, economiche, finanziarie che sin dal 1861 lo hanno discriminato. Il fine è eliminarne il divario”.

Tante sono state le sue relazioni a favore del territorio e per stigmatizzare la vera storia del nostro sud. Secondo lei, professore, i giovani devo conoscere la storia del nostro Sud per farsi poi una loro idea?

“I giovani non sono più messi in condizione di conoscere la loro storia e questo non li mette di fronte alla propria identità culturale e fa loro assumere modelli culturali che provengono fittiziamente dall’esterno, veicolati da una produzione mediatica (stampa, tv) che li porta inevitabilmente verso pratiche consumistiche che poco hanno a che fare con la cultura del territorio. Solo la conoscenza della propria storia e della propria identità culturale permette di vivere degnamente il presente e di progettare un futuro migliore”.

Michele, secondo il suo parere, cosa è il vero CONCETTO DI MERIDIONALISMO?

“Il Meridionalismo è un concetto oggi troppo abusato, confuso con altro. Il Meridionalismo è un filone storico ben preciso: moderato liberale, partendo da Pasquale Villari, Sidney Sonnino, Leopoldo Franchetti, Giustino Fortunato; popolare, democratico, repubblicano, persino rivoluzionario da Gaetano Salvemini per poi proseguire con Ettore Ciccotti, Giuseppe Di Vagno, Antonio Gramsci, Guido Dorso, Luigi Sturzo e arrivare a Emilio Sereni, Pasquale Saraceno, Rossi Doria”.

Perché ha cominciato a  collaborare con il  famoso giornalista Marco Esposito?

“Non proprio un collaboratore… Marco è uno dei migliori giornalisti che si interessa di problematiche economiche tra i migliori in Italia che conosco. L’ho   incontrato durante dei   convegni ed incontri. Così è nata una solida amicizia. Lui ci ha fornito gli strumenti negli ultimi anni per ripartire seriamente con una battaglia neomeridionalista seria e concreta. Il suo testo “Zero a Sud” è stato utile a tutto il mondo meridionalista per svelare le nuove discriminazioni a cui il mezzogiorno é soggetto, ha fatto conoscere al grande pubblico i veri dati dei conti pubblici territoriali, ha indicato la via per richiedere con forza l’applicazione dei LEP, i livelli essenziali di prestazioni minime a cui tutti i cittadini italiani hanno diritto, anche quelli che abitano nel Mezzogiorno. Mentre con la richiesta di autonomia differenziata alcuni chiedono di creare ulteriori sacche di povertà e di arretratezza in intere aree già sottosviluppate”.

Attualmente è uno dei promotori della RETE MERIDIONALISTA CARTA DI VENOSA. Ci illustri il progetto.

“La piattaforma culturale meridionalista, nata dall’incontro tenutosi il 9 ottobre a Venosa, basa la propria azione intellettuale nell’ambito di un riferimento chiaro e preciso a quel meridionalismo democratico, popolare, per certi versi e per l’epoca rivoluzionario, che all’inizio del Novecento tentava risolutamente di superare, criticandole aspramente per essere rimaste sul piano delle congetture teorie, le analisi che, da metà anni Settanta, il napoletano Pasquale Villari della Destra storica aveva condotto nei riguardi delle politiche governative del primo quindicennio unitario, discriminanti per il Mezzogiorno, razziste e autoritarie nei confronti delle popolazioni meridionali. Il meridionalismo moderato liberale di Pasquale Villari, Sidney Sonnino, Leopoldo Franchetti, Giustino Fortunato, volto in campo sociale alla critica verso l’immobilismo con cui le nuove istituzioni unitarie avevano lasciato le masse popolari del Mezzogiorno in balia ad un sistema sociale semi-feudale gestito dal ceto agrario borghese latifondista, non andava oltre la richiesta utopica tutta racchiusa nel cosiddetto “mito del buongoverno” e non aveva quel respiro politico profondo capace di modificare i rapporti di forza tra il ceto industriale politico e i ceti deboli e sfruttati del Mezzogiorno.  Partiamo dalla considerazione che avviare qualsiasi percorso politico in funzione di una svolta nelle politiche economiche e finanziare, legate alla irrisolta questione meridionale e al superamento del divario tra nord e sud dell’Italia, necessita innanzitutto della definizione di un quadro chiaro e di un riferimento storico-culturale preciso che noi, appunto, individuiamo nel meridionalismo storico, democratico, popolare che ha visto in Gaetano Salvemini, ad inizio del Novecento, uno degli elementi più attivi nella rottura e nella critica radicale al meridionalismo moderato dei “rassegnati, irrisolto nella concezione dello Stato liberale conservatore, piegato alle visioni autoritarie, illiberali, antipopolari della monarchia sabauda. Infatti, intorno al nuovo giornale fondato da Salvemini nel 1911 si riunirono le migliori menti e valenti meridionalisti progressisti dell’epoca quali Ettore Ciccotti, Giovanni Carano Donvito, Umberto Zanotti Bianco, lo stesso Giustino Fortunato, oltre ai giovani Pietro Gobetti, Ernesto Rossi, Pietro Calamandrei. Un meridionalismo popolare e democratico, che avrà tra i suoi illustri esponenti Luigi Sturzo, Antonio Gramsci, Guido Dorso e che, perseguitato dal regime fascista, riemergerà dall’oscurità del carcere e dell’esilio nel secondo dopoguerra, cioè nella stagione più proficua del meridionalismo. E’ questo il meridionalismo al quale facciamo riferimento e che nella prima età repubblicana, oltre che produttore di idee  e di progetti, scende finalmente nel campo della pratica e dell’attuazione politica  grazie alla mobilitazione di intellettuali di varia provenienza, di tecnocrati, di economisti della Svimez, delle maggiori forze politiche popolari, della formazione di un blocco sociale ed economico, tutti uniti, concordi, impegnati e convinti che sviluppare e tutelare l’economia del Mezzogiorno serva a rilanciare lo sviluppo dell’intera Italia. Un progetto di risanamento e di coesione nazionale che non sarà portato a termine e che, dagli inizi degli anni Novanta, sarà del tutto abbandonato in nome di una inesistente questione settentrione, inventata dalla Lega Nord, ma di cui devono assumersi la piena responsabilità tutti i governi e i relativi partiti nazionali che si sono alternati al potere”.

Di recente è stato presentato la sua ultima fatica letteraria dal TITOLO: “SUD DA BORBONE A BRIGANTE”. Quali sono gli insegnamenti che possiamo fare nostri?

“Che la storia, soprattutto la nostra, va vista non solo per come l’hanno scritta i vincitori, ma anche per come l’hanno vissuto i nostri martoriali contadini e braccianti durante il processo unitario. Contadini e braccianti che poi furono costretti a emigrare a milioni e i cui eredi continuano incredibilmente a emigrare”.

Lei vive a VIESTE SUL GARGANO. Tante sicuramente sono le bellezze architettoniche e le prelibatezze che si possono gustare in questo territorio. Quali sono quelle di maggiore rilievo?

“Il Gargano e Vieste sono ormai mete ambite del turismo internazionale. Vieste è la regina del turismo pugliese con oltre duemila presenze dichiarate ed è ai primi posti a livello nazionale. Purtroppo lo spettacolare scenario ambientale in cinquant’ anni di imponente fruizione turistica è stato abbastanza deturpato, soprattutto per quando riguarda la costa nord, dove la presenza di villaggi turistici a ridosso delle bellissime spiagge ha pregiudicato le pregiate dune che erano parte importante dell’ambiente costiero. La cucina è quella tipica garganica e contadina, rivalutata dalla presenza sul posto di una delle migliori scuole alberghiere d’Italia. Vieste è anche una città greco-romana con importanti resti archeologici, ancora tutti da scoprire. Una Pompei ancora non svelata, in definitiva”.

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