Intervista allo scrittore Gianni Mazzei

Gianni Mazzei, il famoso scrittore di Trebisacce festeggia il suo 40° libro dal titolo: “L’ultimo treno di fine anno”. 

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Come scrivi esattamente e come scegli le storie dei tuoi libri?

“Innanzitutto, perché scrivo? Penso che l’arte e, a maggior ragione, la scrittura (sia il saggio,la poesia o la narrativa) sia” un pensiero mutato in immagine e espresso in armonia”, come m’insegnò in quarto ginnasio il mio professore don Luigi Branco (studiavo a Catanzaro, in seminario). 

Scrivo allora per dare chiarezza agli eventi, sia esterni che interiori, che attraversano la mia vita; e lo faccio, divertendomi , con impegno e nella sensazione, in quel momento, di creare qualcosa , qualcuno che vada oltre la mia contingenza.

Scrivo, se è un romanzo, appuntando nelle schede i possibili percorsi dei personaggi e le modalità del loro agire e concatenarsi degli eventi, che poi, alla fine, sono ben diversi da quelli ipotizzati. Se la storia è riuscita, va per conto suo, con una propria autonomia..

Sono le storie che cercano me o, quantomeno, c’è un felice incontro tra loro e la maturazione in me di alcune esigenze. Per il romanzo, sono personaggi, eventi del mio paese, Villapiana che ricordo dall’infanzia o che ascolto da amici, in quella piazza Dante che è un luogo naturale scenico ove io idealmente vedo agire persone e si animano eventi. L’unico romanzo che si discosta è “La sposa dal Libano”.

Per la poesia è il rapporto,misterioso, che vivo in me, della donna che coagula in sé il mistero dell’altrove, mistico e la sua carnalità travolgente.

Per il saggio è la cultura classica e interessi politici, artistici, religiosi e antropologici a muovermi. I titoli lo dicono chiaramente ”Socrate e il tenente Colombo”, “Marx ,il compagno borghese di Pericle”, “ il tallone di Edipo”, “il Principe legge il vangelo”, “il grande bluff dell’arte contemporanea”, “le lettere dal carcere di Gramsci” ecc.

 

Esiste un libro che ha avuto una grande influenza nella tua vita? C’è uno scrittore che consideri il tuo mentore?

“Molti e nessuno in particolare. È la cultura classica, il paese e il suo vissuto ad intricarmi. Se devo citare un autore, forse Borges, per l’atmosfera surreale del romanzo, e la curiosità di trovare aspetti inediti nei saggi.”

 

Parliamo del tuo ultimo capolavoro letterario dal titolo: “L’ultimo treno di fine anno” Cosa troveranno di intrigante i lettori in questo romanzo?

“È un romanzo,per certi aspetti ,di formazione, parlando di viaggio (di per se stesso ,il treno è una metafora della vita, basta pensare a Caproni e  alla sua poesia). Ma è anche un romanzo politico, che accenna a eventi tragici (i deportati del nazismo, l’attentato all’Italicus) e alla volontà del potere mondiale di omologare tutto e tenerci sotto controllo. L’amore non manca, quello tenero di giovani coppie e quello tenero di persone mature. La soluzione,poi, arriva al contatto rispettoso della natura: vi è presente una festa di un paese montano calabro, Alessandria del Carretto: la festa della “pita”, cioè dell’abete, in  primavera,nelle sequenze filmiche di De Seta, da me riscritte.”

Il  tuo libro  di poesie “Galatea” è stato scritto a due mani con una  tua amica e poetessa. Ci vuoi parlare di  questo  vostro progetto  letterario?

“È stata una felice esperienza con  la poetessa Paola Capocelli: è la modulazione moderna, in prosa e poesia, del mito di Galatea e Pigmalione , visto anche come rapporto tra il poeta e la sua parola che si anima e anche come rapporto di coppia, misterioso, carnale e mistico nello stesso tempo, tra uomo e donna.”

Tu sei di Trebisacce in provincia di Cosenza. Ci parli della sua città. Che cosa c’è di bello da vedere e che cibi buoni si preparano?

Abito a Trebisacce, ma il mio paese di origine è Villapinna che dista 10 km . lì è la mia mente cuore e anche interessi cultuale e artistici, politici (vi ho svolto anche il ruolo di sindaco) . Per cui vi parlo di Villapiana, una cittadina dell’Alto Jonio cosentino, posta nella piana di Sibari. È paese di mare, con otto km di spiaggia, con mare  stupendo e una pineta splendida, con un centro polivalente dotato di sala congresso, piscina e anfiteatro, con presenza turistica che giunge d’estate sulle trenta mila persone.

Il centro storico, molto bello , è situato in collina, con testimonianze importanti di castello, palazzi del rinascimento e del 600, chiese, conventi e , in marina torri di avvistamento( famosa torre saracena). È nelle propaggini del Pollino, giacché, proseguendo oltre Villapiana, si giunge a mille metri di altitudine e si incontra un paese di origini albanesi,Plataci, che ha ospitato fino al 1700, gli antenati  del politico e e filosofo Antonio  Gramsci, poi transitati  in Sardegna.

Per i cibi proprio della trazione culinaria villapianese (una cucina povera, ma fantasiosa che sa utilizzare gli scarti, gli avanzi e si basa sulla dieta mediterranea, intesa come prodotti delle stagioni, da consumare in convivialità e in rapporto ai vari momenti della giornata lavorativa), mi sono attenuto alla scheda dell’amico Federico De Marco, valente cultore del folklore villapianese: insieme stiamo portando avanti un progetto antropologico-linguistico  e folklorico, , un trittico : il  dialetto villapianese (già pubblicato), il  folklore e la storia di Villapiana. Per altro, Federico De Marco è anche un provetto esperto di video nonché un ottimo gelataio (lavora presso la gelateria Barbarossa di Villapiana_ Lido).”

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Sagn’ cu mulluìch’e baccalà – (Lasagne con mollica di pane e baccalà). È un tipo di pasta fatta in casa in modo semplice. La pasta è fatta con farina doppio zero, acqua e sale, si tira la sfoglia molto sottile e si taglia a modo di fettuccine.

La mollica si prepara a parte sbriciolando la parte interna di un pane raffermo. Per la sua rosolatura si procede mettendo a fuoco basso in un tegame pochissimo olio, si aggiunge subito la mollica con un pizzico di sale, si gira spesso fino a che il composto sia rosolato e croccante. Si aggiunge del peperoncino in polvere, dolce o piccante e, sempre sul fuoco, si continua a girare per qualche minuto ancora. È pronta così la mollica di pane rosolata, detta anche formaggio dei poveri.

Per il sugo si preparano dei pezzi di baccalà possibilmente del tipo con la spina. In una pentola media si aggiungono i vari odori, molta cipolla affettata, qualche gambo di sedano sminuzzato, alcuni pomodori tagliati a pezzettini, un ciuffetto di basilico. Si aggiunge l’olio che serve e il sale a piacere. Bisogna aggiungere anche dell’acqua per il sughetto che sarà molto leggero e servirà per insaporire la mollica di pane preparata precedentemente.

Cotta e scolata la pasta, si spolvera uniforme su di essa, abbondante mollica. Sulla mollica si versa, usando un mestolo, il brodo che basta ad inzuppare e condire la mollica.

In pentola rimane il baccalà che è in pratica la seconda portata da mangiare con il pane.

Minètra vìrd’ – (minestra verde)

Si utilizzano verdure di campo di qualunque tipo commestibile.

Sbollentate le verdure, si aggiungono costolette di maiale sotto sale, opportunamente dissalate, dei pezzettini di formaggio duro. Si aggiunge abbondante sedano, pochissimo olio, si aggiusta di sale e si mette in cottura in un’ adeguata pentola aggiungendo poca acqua che sarà il brodo.

Quando è tutto pronto si può versare la minestra sopra a del pane raffermo tagliato a tocchetti o a fette sottili e sistemate in una zuppiera oppure si mettono le porzioni nei piatti e si mangia con il pane a parte.

Nzalèt’ i stagiòn’ – (Insalata estiva)

L’insalata estiva è composta da lattuga del tipo “romana”, cipollotto fresco, finocchio, aceto a piacere, sale quanto basta. Niente olio!

Nzalèt’i vïrn – insalata invernale

L’insalata invernale prevede che gli ingredienti siano cotti tutti al fuoco, sotto la brace o arrostiti. Gli ingredienti sono il baccalà che va avvolto in stagnola con un filo d’olio e cotto sulla brace. Le patate vanno cotte coprendole di cenere e poi di brace. Questa stessa cottura è riservata per le cipolline, lampascioni, invece i pomodori gialli si arrostiscono sulla brace. A cottura avvenuta si ripuliscono gli ingredienti da bruciature eccessive e dalla cenere, si tagliano a pezzetti non troppo piccoli mettendoli in un contenitore adeguato. Si sminuzza qualche spicchio d’aglio, si aggiungono delle olive nere, si condisce con olio d’oliva e si aggiusta di sale.

I casatèll’ villapianes’ – (le casatelle villapianesi)

Le casatelle sono un dolce tipico del periodo pasquale. È una sorta di mezzaluna ripiena con ricotta bovina, cannella e uova. L’impasto esterno invece è quasi una sfoglia leggermente gommosa. I bordi vengono chiusi utilizzando una vecchia chiave o i rebbi di una forchetta. La parte esterna viene unta con del tuorlo d’uovo e la cottura dovrebbe avvenire nel forno a legna.

I zìt’ – (i fidanzati/sposi)

È un dolce che ha come ingredienti la farina, lo zucchero, dell’olio di oliva, del lievito e del liquore aromatico. Una volta creato l’impasto, si stende una sfoglia sottile tagliando delle striscioline con le quali si formeranno degli anelli incatenati a coppia. SI friggono in olio bollente e si servono guarniti con zucchero a velo. Era un dolce offerto nei fidanzamenti ufficiali o anche nei matrimoni.

Ringrazio la dottoressa Chiara Fici. Ringrazio “terra d’ulivi e dizione“ con cui attualmente pubblico e il suo direttore, dottor Elio Scarciglia. Questa intervista è il modo giusto per festeggiare il mio quarantesimo libro (il romanzo, appunto” l’ultimo treno di fine anno”) e la mia attività letteraria, distribuita quasi equamente, come pubblicazioni, tra poesia (16), saggi (12) e romanzi (12)

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