Intervista all’ingegnere siciliano, Alfio Di Costa: “La Sicilia in noi”, il suo libro di recente uscita è una visione a tutto tondo della nostra terra sicula

Alfio Di Costa ci parla in questa intervista, della Sicilia come terra di nuove opportunità; l’opera di un'attualità disarmante. La Sicilia verace e reale!

“Sapete che io sono un ingegnere che ama la Sicilia peri suoi paesaggi, colori, profumi, mare, storia, tradizioni, cultura e grandi uomini e oggi vi chiedo: cosa sarebbe la letteratura italiana senza i nostri autori siciliani? La Sicilia è stata soprattutto patria per alcuni dei più famosi scrittori e letterati d’Italia nel mondo. La Sicilia una regione da amare, da vivere, da esplorare. Ricca di luce, sole, arte, paesaggi meravigliosi. Una regione da migliorare, da innovare, da fare risvegliare. Ricca di ombre, retaggi del passato, problemi ed imperfezioni. Un ‘isola che ha svolto nei secoli un ruolo cruciale per il mondo. Culla del mediterraneo, amata da tanti autori dell’antico e del recente passato, terra natìa di autori ed artisti famosi in tutto il mondo”. Con queste parole cosi’ ricche di significato si presenta ai lettori di Globus Magazine, Alfio Di Costa che ci parla in questa mia intervista della Sicilia come terra di nuove opportunità; l’opera di una attualità’ disarmante. La Sicilia verace e reale!

"La Sicilia in noi" è il titolo del tuo primo "figlio letterario"; un titolo che mi ha colpito particolarmente poiché esprime tutta la nostra sicilianità. Ce ne vuoi parlare?

Scorrendo le pagine della storia della civiltà dei mari e del mar Mediterraneo in particolare, ci si rende immediatamente conto del fatto che la Sicilia occupa le pagine più significative e più ricche del divenire dell’umanità. Quella che è l’isola più grande del “mare nostrum” è sempre stata, ed è, con prepotenza culturale e artistica, al centro di questo crocevia, divenendo, ieri come oggi, la fonte ispiratrice di poeti e narratori, che hanno immortalato la “grandeur” di una realtà spazio-temporale, troppo spesso disconosciuta o bistrattata. Quadri, talvolta, rimasti nel dimenticatoio anche di coloro ai quali, nel tempo e nello spazio, è stato affidato il compito del tramandare e del gestire questo incalcolabile patrimonio materiale e immateriale, fatto anche di modi essere e di fare, vera ricchezza di una civiltà ancora in grado di suggestionare e di emozionare. Se la storia è interpretazione, qualunque sia l’analisi ermeneutica fatta e da fare, non può, comunque, tralasciare i fatti, sui quali bisogna confrontarsi. Fatti e testimonianze di cultura, arte, letteratura, filosofia, architettura di ineguagliabile spessore. In questo senso variegato e profondo, la Sicilia risulta essere al centro di fenomeni storici che si sono determinati nelle varie fasi dell’età greco-romana, arabo-normanna, aragonese, prima di giungere alle soglie dell’età moderna e, poi, di quella contemporanea, con i Borbone delle Due Sicilie. È evidente che nessuno vuole essere un isolato cantore delle gesta del passato ma per costruire un futuro migliore e condizionare intimamente il tempo presente, quello che viviamo, talvolta anche con il tempo che scorre troppo velocemente, oggi più di prima impalpabile, bisogna avere una piena consapevolezza delle proprie radici. Il libro la “La Sicilia in Noi” è un libro intervista nato a 4 mani con l’Amico Antonio Fundarò. Io sono nato a Prato da genitori siciliani, di Nicosia, dove sono cresciuto e risiedo, ho fatto l’Università a Catania e professionalmente sono cresciuto a Palermo. Non c’è città, comune o località della mia Sicilia dove non sia stato e che non conosca e spesso mi sento “isola nell’isola”. Mio papà è stato un bravissimo artigiano, di quelli che sapevano creare, restaurare e realizzare splendidi lavori che durassero una vita. Mia mamma era una vera mater familias ed a Prato aveva i telai per la produzione dei tessuti e a Nicosia era la manager della famiglia, oggi si direbbe CEO. I miei genitori utilizzano noi figli per tornare in Sicilia, loro anche se stavano bene avevano la nostalgia dei nati altrove ed avendo il sogno di vederci tutti laureati e sostenendo che a Prato saremmo entrati mondo dell’imprenditoria mentre in Sicilia avremmo avuto meno distrazioni decidono di far ritorno nella loro terra natia. Io Amo la Sicilia e la vorrei al passo con i tempi. Una Sicilia molto diversa da quella che oggi è, con lo stesso PIL, con la stessa occupazione, con gli stessi servizi, infrastrutture e la stessa qualità della vita delle regioni del Nord Italia Sicilia. Una regione da amare, da vivere, da esplorare. Ricca di luce, sole, arte, paesaggi meravigliosi. Una regione da migliorare, da innovare, da far risvegliare. Ricca di ombre, retaggi del passato, problemi e imperfezioni. Attraverso il dialogo tra me ed Antonio Fundarò viene fuori un dibattito vivo e reale sulle capacità, sulle qualità, ma anche sulle problematicità di un’isola che ha svolto nei secoli un ruolo cruciale per il mondo. Culla del Mediterraneo, amata da tanti autori dell’antico e del recente passato, terra natìa di autori e artisti famosi in tutto il mondo. Penso che l’opera sia attuale e quanto mai sincera, intervallata da spezzoni di componimenti che l’hanno resa famosa e fantastica agli occhi del mondo esterno, mette in scena la vera Sicilia. Parlo dei pregi e dei difetti della nostra meravigliosa terra di Sicilia e di Noi siciliani.

Alfio, sei stato governatore del Rotary. Un commento su questa tua esperienza?

La mia è stata un esperienza meravigliosa che mi ha arricchito anche se il 2020/21 è stato il peggior anno per la pandemia che ci ha colpiti. Non eravamo preparati ad affrontare la pandemia ma abbiamo fatto del nostro meglio mettendoci al servizio delle nostre comunità e dei più deboli. Ho anche trascorso le feste di Natale con il Covid19 e ricoverato il 31 dicembre del 2020 con la polmonite bilaterale ho iniziato il nuovo anno con gli auguri dei miei familiari in video chiamata ed ho avuto l’affetto di tutto il mio Distretto. Il mio anno da Governatore del Distretto Rotary 2110 Sicilia e Malta è trascorso molto velocemente, le mie giornate iniziavano sempre molto presto al mattino e si concludevano sempre in tarda nottata e/o mattinata quasi senza interruzione. E stato un viaggio meraviglioso quello compiuto, da est a ovest, da sud a nord, per conoscere ogni singola realtà, piccola o grande che fosse, del mio Distretto, della mia Sicilia.  Sono così orgoglioso di far parte di questo distretto eccezionale. Durante questo anno ho visitato quasi tutti i club, (alcuni più di una volta tra visita ufficiale e celebrazioni!) e ho conosciuto tutti i meravigliosi rotariani del distretto 2110 Sicilia e Malta. Ho apprezzato sinceramente la capacità organizzativa, l’amore nelle cose che si fanno, la dedizione e la capacità di fare squadra e, lasciatemelo dire, di interpretare il mio senso dell’impegno, la mia idea di Rotary, l’amore per la nostra terra e, anche, per le sue molteplici contraddizioni. Ho goduto di innumerevoli opportunità fornite dai nostri Rotary club. Altoparlanti eccellenti tutti; eventi sociali che hanno riunito la Famiglia del Rotary; progetti umanitari di ogni tipo e dimensione; riunioni di gruppo; ed eventi per dare visibilità al Rotary e per incoraggiare i rotariani. Eventi di raccolta fondi e progetti per sostenere i vostri sforzi umanitari, si sono svolti in ogni club del distretto. Non è possibile catturare tutto ciò che è accaduto, né mettere insieme tutti i fotogrammi di questi viaggi. Ho compreso che c'è qualcosa per tutti nel Rotary: ad ognuno la sua opportunità. È stato un onore condividere insieme sfide che ci siamo trovati davanti. Ho imparato molto da ciascuno dei soci dei tantissimi club visitati e ho avuto il privilegio di aver l'opportunità di "guardare dentro" i club, l’opportunità di guardare ciò che li rende incredibili. Ho colto l'occasione per effettuare il cambiamento che ho sempre immaginato e dare energia ai club. Un Rotary vicino, con le sue professionalità e i suoi progetti ambiziosi, alle istituzioni e istituzioni sempre più vicine ai club che operano nel territorio, con un occhio attento ai cambiamenti che i service possono innescare. Nel mio anno In questi miei primi 100 giorni ho incontrato il Presidente della Regione Siciliana e quasi tutti gli Assessori, ho incontrato quasi 100 sindaci di città grandi, piccole e metropolitane, Vescovi, Presidenti di parchi archeologici, cinque presidenti di CDA di aeroporti siciliani, direttori generali e sanitari delle ASP e di importanti ospedali pubblici e privati, presidenti e sovrintendenti di importanti teatri, come il Massimo di Palermo ed il Bellini di Catania, Dirigenti scolastici, Parroci di frontiera e manager. Ho firmato importanti protocolli d’intesa con Assessorati Regionali, Università e Parchi. Ho realizzato una scuola in Tanzania ed un parco giochi e finanziato il progetto per la reintroduzione dei Grifoni nel parco delle Madonie che oggi è una realta. Ho costatato con mano come ciascuno dei rotariani del distretto 2110 abbia migliorato la vita di qualcuno, abbia dato agli altri un motivo per sperare e ad alcuni un motivo per credere in un futuro.

Tra le tue tante attività a Nicosia, hai fondato la delegazione dell'accademia italiana della cucina. Ci parli di questa esperienza?

Questa domanda mi fa tornare indietro agli inizi del terzo millennio, i primi anni 2000 quanto girando la Sicilia sia come Assistente del Governatore del rotary che come libero professionista ebbi il piacere di confrontarmi con splendide persone quali Nietta Bruno che era stata Delegata dell’Accademia Italiana della cucina di Enna e Francesca Mattioli in Marletta, moglie del Procuratore della Repubblica Giovanni Marletta, con il quale avevo instaurato un rapporto amichevole recandomi spesso a Piazza Armerina per il Rotary. Nietta e Francesca mi invitarono ad un evento nazionale dell’Accademia e mi fecero conoscere l’allora Presidente, Giuseppe Dell’Osso, uomo di fine intelligenza e cultura, che mi fece amare il mondo dell’Accademia e mi convinse a fondare la Delegazione di Nicosia con il ruolo di Delegato. Sono stato onorato di portare la filosofia dell’Accademia Italiana della cucina con la riproposizione della cucina tradizionale ed i suggerimenti che davano agli operatori del settore. Ricordo in anni molto belli dove con i mei consoci riproponevamo, andando nei vari ristoranti della zona le antiche tradizioni ed una volta organizzammo anche la stessa lista delle vivande della cena del “Gattopardo”. Quando il prof Dell’Osso prematuramente scomparve mi venne meno quella spinta che Lui mi aveva dato e volli passare la mano e piano piano mi allontanai dall’Accademia.

Il libro che hai amorevolmente scritto, è stato presentato di recente. Quali riflessioni sono state fatte da Antonio Fundarò e cosa può insegnare ai siciliani questo libro?

Si nasce siciliano anche quando ad accogliere il primo vagito non è la Sicilia. Perché, talvolta, per sentire scorrere la lava nelle tue vene, avvertire sulla tua pelle la fragranza delle zagare e vedere, sulle pupille dei tuoi occhi, rispecchiare l’azzurro del mare, non necessariamente devi vivere sul suolo che ha dato i natali a Verga, a Pirandello, a Sciascia, a Brancati o a Camilleri. Basta, semplicemente, farti baciare dal vento caldo che soffia da sud, anche quando, sono centinaia i chilometri che ti separano da questo caleidoscopio di coste meravigliose dove ad alternarsi sono i colori del mare, della sabbia dorata e dei monti che declinano lenti, talvolta rapidamente, sempre immergendosi in un blu intenso e deciso. Questa esperienza, sublimazione eterna d’un richiamo percepito solo da pochi, è quello che vorrei trasmettere da ingegnere ed innamorato della nostra terra. Il siciliano, isola dentro l’isola, con vince la contraddizione vivente e termina d’essere il concentrato di personalità indecifrabili perfino per se stesso. È necessario che il siciliano incominci, anche se in profondo ritardo, senza più scuse e senza più tentennamenti, a comprendere la sua terra perché, solo in siffatta maniera e condizione, può sperare di trovare una soluzione plausibile e urgente a quel secolare mistero che è la sua condizione. Una condizione che, frutto certo della mitezza, non cerca soluzione, a esempio, tra le mille deficienze, all’assenza di una adeguata viabilità isolana, ma giustificazioni, troppo spesso mortificanti. È così che si spiega il passaggio, per usare le parole dello stesso Bufalino, dall’essere «babbi, cioè miti» a ritenersi (forse) «sperti, cioè furbi», dalla pigrizia un po’ troppo legata e stereotipata all’insularità e alla meridionalità, alla frenesia e, congiuntamente, quasi per incanto, dalla voglia di fuggire da questi sentimenti così bislacchi alla urgenza di tornare nell’intimità delle abitudini. Mi piacerebbe che questo mio libro attraverso la mia esperienza permetta di apprezzare, più e meglio, questo paradisiaco lembo di terra del Mediterraneo. Mi piacerebbe che ogni siciliano avesse la consapevolezza della infinita Bellezza della nostra Sicilia e si impegnassero per avere un Sicilia “normale”, dove poter lavorare e vivere serenamente con gli stessi servizi e le stesse infrastrutture delle altre regioni italiane e dove poter veder crescere i propri figli e poter scegliere la loro strada senza essere obbligati a lasciare la nostra Sicilia.

Tre pregi e tre difetti di noi siciliani?

La nostra Sicilia è la Sicilia di chi ha ancora occhi e cuore per sognare e per progettare un futuro sostenibile capace di valorizzare l’immenso patrimonio di cui, questo brillante del Mediterraneo, dispone ancora. Forse a mio modo di vedere il peggior difetto è che la Sicilia è una Nazione ma il Siciliano non è mai stato un popolo che coniugato con l’indifferenza e la rassegnazione atavici mali di questa perla del Mediterraneo abbinato al credersi perfetti. Come scriveva Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo: “.. i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria; ogni intromissione di estranei sia per origine sia anche, se si tratti di Siciliani, per l’indipendenza di spirito, sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla…”.No Siciliani viviamo la nostra l’insularità e siamo il riflesso di un paesaggio variopinto e ancora molto agreste, che va dal candido purissimo e incontaminato bianco splendente delle saline di Trapani al nero della cenere di Vulcano e di Stromboli, dal verde delle Madonie e dei Nebrodi al rosso infuocato della lava dell’Etna che spesso intrappola noi siciliani solidificandosi attorno, non dando più la possibilità di scegliere oltre quel sogno che ti pervade e ti sconvolge. I nostri sogni, diventano, quasi per incanto, i sogni per la tua terra, per la tua Sicilia. Figli di una tale geografia, di una terra così variopinta ogni siciliano responsabilmente gravato dal futuro della sua terra, ha dentro, nel suo patrimonio genetico, unico nel suo genere, irripetibile, anche una propensione innata al vitalismo, a godere degli eventi piacevoli che la terra, con il crogiolo delle sue perenni metamorfosi, regala alla vita. È da questa speranza, che ci tiene stretta a sé, coccola (nella convinzione e nella certezza di poter cambiare il corso della storia di questo gioiello, che la felicità si prolunghi in eterno, anche oltre la rassegnazione letteraria di certa nomenclatura), nasce, si concretizza e s’impossessa delle menti audaci, un’altra caratteristica topica del siciliano, vale a dire l’incapacità di accettare la morte delle idee, dei progetti, delle speranze, degli ideali. Caratteristiche che modellano la personalità dei siciliani capaci di vincere le sfide e non più “vinti” dall’inesorabile destino a cui parrebbero incapaci a sottrarsi. Un pessimismo che permea, inesorabilmente, quanti preferiscono tacere alle ingiustizie, rassegnarsi alla criminalità e alla mafia. Il siciliano è un mosaico e nella sua inusuale poliedricità. Un mosaico, che si riconosce come unitario nel suo insieme ma che, se ammirato, in tutta la sua unicità e originalità, più da vicino, risulta essere stato costruito, con minuziosa attenzione, da centinaia, talvolta migliaia, di meravigliosi frammenti. Ed è, complessivamente e più globalmente parlando, questa frammentazione, favolosa a renderla. Il siciliano immensamente ricco agli occhi degli altri e sofferente, molto intransigente, quando parla di sé e fa i conti con se stesso, diventa più deciso e più concreto. Io condivido il pensiero di Augusto Schneegans che sciurveva: .. In Qui si vive e si muove davanti al nostro sguardo un popolo, la cui intima natura ci sembra da principio incomprensibile per essere molto eterogenea, mezzo orientale e mezzo antica, con tratti saracineschi e con reminiscenze normanne, col brigantaggio e con la mafia, natura inclinata del pari all’allegria e alla gravità truce. Ma se consideri più da vicino questo strano popolo, e se cerchi nella sua storia e nella natura del suo paese vulcanico la spiegazione di questo enimma, allora lo capirai e lo stimerai, perché egli ha un tratto gentile e cordiale, è dotato d’un fine intelletto, ed è fatto per la cultura come nessun altro popolo, neanche del tempo presente”.